L'acido cloroacetico fu sintetizzato per la prima volta da Reinhold Hoffmann nel 1857.[1] Industrialmente se ne producono circa 420 000 tonnellate all'anno, usando due processi.[2] Il primo e più usato è la clorazione dall'acido acetico, usando anidride acetica come catalizzatore:
Inevitabilmente si formano come sottoprodotti anche gli acidi di- e tricloroacetici. La purificazione non è semplice; si usa in genere la cristallizzazione.
L'acido cloroacetico prodotto per questa via è molto puro, ma questo metodo è sempre meno usato a causa dell'alto costo del tricloroetilene.
Proprietà
L'acido cloroacetico forma cristalli incolori igroscopici di odore pungente, facilmente solubili in acqua e altri solventi organici tra i quali etanolo ed etere dietilico. In soluzione acquosa è un acido molto più forte dell'acido acetico. Ciò è dovuto all'azione dell'atomo di cloro molto elettronegativo che contribuisce a delocalizzare la carica negativa dell'anione, che risulta così stabilizzato.
Uso
L'acido cloroacetico è un importante prodotto industriale. Serve come materia prima per produrre principalmente carbossimetilcellulosa, amido modificato e acido tioglicolico, nonché pesticidi, coloranti e prodotti farmaceutici. Come usi minori, lo si usa in molte altre sintesi organiche per ottenere caffeina, barbiturati, acidi arilacetici, cumarina e vitamina B6.[2]
Indicazioni di sicurezza
L'acido cloroacetico è disponibile in commercio. Il composto è tossico per inalazione, per contatto con la pelle e per ingestione. Provoca gravi ustioni alla pelle e agli occhi. Non ci sono dati che indichino con certezza proprietà cancerogene. Viene considerato molto tossico per gli organismi acquatici.[3]
G. Koenig, E. Lohmar e N. Rupprich, Chloroacetic Acids, in Ullmann's Encyclopedia of Industrial Chemistry, Weinheim, Wiley-VCH, 2002, DOI:10.1002/14356007.a06_537.