Le aziende di trasporto pubblico italiane sono quelle società (sia pubbliche che private) che svolgono in Italia servizi di trasporto pubblico locale in base a specifici contratti di servizio.
Generalità
Le attuali aziende derivano perlopiù dalle società che gestivano le diligenze (impiegate per il trasporto postale e di persone alla fine del '700) e dalle imprese di omnibus, e successivamente di tranvie, diffuse nell'800 in tutta Europa.
La riforma del TPL, cenni storici
Lo strumento con cui lo Stato affidava servizi pubblici a soggetti terzi è la concessione governativa, disciplinata dalla legge 1822/1939[1].
La tendenza al decentramento nel settore dei servizi di trasporto pubblico ebbe un primo impulso grazie al decreto presidenziale 14 gennaio 1972, n. 5, con cui venne disposto il trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materie di tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale.
Con il successivo d.p.r. 24 luglio 1977, n. 616 furono attribuiti alle Regioni compiti di programmazione. Le condizioni generali del trasporto pubblico risultavano tuttavia scadenti, con scarsi investimenti, diminuzione della domanda, deficit di gestione sempre crescenti. Si assisteva, in quegli anni al continuo aumento dei disavanzi delle aziende pubbliche, risanati "a piè di lista" con conseguente aumento del debito pubblico[2].
Per ovviare a tale situazione venne approvata la legge 10 aprile 1981 n. 151, una riforma organica del settore che affermava il principio di sussidiarietà: le Regioni erano chiamate a delegare le proprie funzioni amministrative agli enti locali. Le modalità di gestione dei servizi di trasporto pubblico locale erano individuate nella gestione diretta, in economia, con assunzione diretta del servizio da parte dell’Ente pubblico, oppure tramite azienda speciale, e nella gestione indiretta, mediante concessione. Gli obiettivi strategici di tale riforma rimasero ancora una volta disattesi sia per la mancanza di strumenti economici da parte delle Regioni, sia per i ritardi nella predisposizione dei piani di trasporto e nella definizione dei parametri sui quali procedere al computo dei costi.
La maggior parte di esse è nata come società a capitale privato, ad opera di imprenditori locali che avevano riconvertito al trasporto di passeggeri la propria attività di trasporto, o grazie all'investimento di grandi multinazionali, soprattutto nel secondo dopoguerra e prevalentemente in ambito urbano.
Molte di aziende furono trasformate in enti pubblici mediante la cosiddetta "municipalizzazione", con una riforma che si prefisse di riorganizzare l'intero settore ma comportò una pesante situazione economica dovuta al risanamento "a piè di lista" con conseguente aumento del debito pubblico. Una successiva riorganizzazione del settore avviata nei primi anni duemila sulla scorta delle direttive europee sulla liberalizzazione dei servizi pubblico comportò nuovamente la trasformazione di quasi tutte le realtà del settore in società di diritto privato, ancorché controllata in misura più o meno estesa da enti locali.
Ad oggi la quasi totalità delle aziende di trasporto pubblico aderisce a due federazioni di categoria che rispecchiano in parte la diversa storia dei propri soci:
ANAV (Associazione Nazionale Autotrasporto Viaggiatori), nata nel 2000 dalla fusione fra le precedenti ANAC e ENAT, ha fra i propri iscritti le società storicamente a capitale privato, impegnate per lo più nei servizi interurbani ed extraurbani.[3]
ASSTRA (Associazione Trasporti), nata nel 2000 dalla fusione fra le precedenti Federtrasporti e FENIT, ha fra i propri iscritti le società precedentemente "pubbliche", impegnate per lo più nei servizi urbani, suburbani e ferroviari.[4][5]
Fusioni, raggruppamenti e consorzi
L'accresciuto potere di indirizzo in mano alle Regioni dato dalle riforme sopra citate e le dinamiche di graduale apertura alla concorrenza per il mercato[6] nel settore dei servizi pubblici, con la relativa emanazione di gare di affidamento, ha favorito fenomeni di aggregazione fra aziende e la creazione di consorzi temporanei per lo svolgimento di servizi su specifici bacini.
Qualche esempio:
In Abruzzo nel 2015 le aziende ARPA, GTM e Sangritana si sono fuse costituendo la TUA (Società Trasporto Unico Abruzzese).
In Molise le aziende di trasporto extraurbano SATI e Larivera si erano fuse nella temporanea ATM, la quale ha poi integrato Molise Trasporti. Nel 2014, la SATI è tornata ad essere autonoma.
In Piemonte si sono costituiti dei consorzi per la gestione dei servizi di competenza provinciale, questi consorzi raggruppano tutte le aziende (pubbliche e private) che erano già concessionarie del servizio. In particolare nella Città metropolitana di Torino (ex Provincia di Torino) è attivo il consorzio Extra.To che gestisce tutte le linee extraurbane di competenza della Città metropolitana, mentre nella Provincia di Cuneo è nato il Consorzio Granda Bus che gestisce le linee extraurbane provinciali e il trasporto urbano di Cuneo.
In Puglia è attivo dal 2003 il Cotrap (Consorzio Trasporti Aziende Pugliesi), che unisce 72 aziende della regione.
In Toscana erano attive due aggregazioni denominate CTT Nord e Tiemme Toscana Mobilità, nel quadro di una politica condotta dalla Regione che mira dichiaratamente anch'essa ad un'azienda unica, selezionata tramite gara[15], come in Emilia-Romagna. Frattanto dal 2005, in seguito alle gare indette per l'affidamento del servizio di trasporto pubblico locale, sono stati individuati 14 lotti assegnati a 11 società consortili a responsabilità limitata e a 3 soggetti unici. Dal 1º novembre 2021 la totalità del servizio di trasporto pubblico regionale è passato alla nuova società Autolinee Toscane.
Nell'indicazione dei servizi svolti da ciascuna azienda, per quanto riguarda le autolinee si fa riferimento alla normativa nazionale (decreto ministeriale 18 aprile 1977 e successive modifiche ed integrazioni con il decreto ministeriale 14 gennaio 1983, decreti ministeriali 13 giugno 1983, 29 giugno 1986, 21 luglio 1989, 18 settembre 1991 e 24 luglio 2002) che distingue, a seconda delle caratteristiche tecniche, gli autobus e i minibus destinati al servizio pubblico di linea nelle seguenti tipologie, in base al tipo di trasporto effettuato:
"urbano" (con sedili e spazi destinati ai passeggeri in piedi) - Fino all'entrata in vigore del decreto ministeriale 1º giugno 2001 la colorazione obbligatoria per i veicoli impegnati in tali servizi era il giallo arancio (due toni di verde fino al 1972).
"suburbano" (con sedili, spazi destinati ai passeggeri in piedi e posti a sedere non inferiori a una determinata percentuale) - Fino all'entrata in vigore del decreto ministeriale 1º giugno 2001 la colorazione obbligatoria per i veicoli impegnati in tali servizi era il giallo arancio
"interurbano" ed "extraurbano" (con sedili e passeggeri in piedi su brevi percorsi con fermate ravvicinate e possibilità di trasportare nel corridoio di circolazione e posti a sedere non inferiori a una determinata percentuale) - Fino all'entrata in vigore del decreto ministeriale 1º giugno 2001 la colorazione obbligatoria per i veicoli impegnati in tali servizi era l'azzurro per i servizi a concessione regionale (interurbani) e il rosso per quelli a concessione statale (extraurbani)
"granturismo" (senza spazi per il trasporto di passeggeri in piedi) - Fino all'entrata in vigore del decreto ministeriale 1º giugno 2001 la colorazione obbligatoria per i veicoli impegnati in tali servizi era a due fasce celeste e grigio chiaro.
Elenco delle principali aziende
Il presente elenco riporta unicamente le aziende attive, escludendo dunque quelle che nel tempo si sono succedute. Fra i servizi sono indicati solo quelli di trasporto pubblico persone in base a contratti di servizio, con l'esclusione dunque del noleggio con conducente o l'offerta di altri servizi di mobilità (biciclette a noleggio, sosta a pagamento, eccetera).
^Legge 28 settembre 1939, n. 1822 “Disciplina degli autoservizi di linea (autolinee) per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli in regime di concessione all’industria privata”
^S. Cassese, ‘’Oltre lo Stato’’, Roma, Bari, 2006; A. Boitani, C. Cambini, ‘’Il trasporto pubblico locale in Italia’’, in ‘’Mercato, concorrenza e regole’’, 2002, pp. 45 e seguenti.