Di loro ci parla lo stesso Plutarco nella Vita di Romolo. Egli narrando dell'episodio della giovane fanciulla Tarpeia, al tempo del primo fondatore di Roma, Romolo, sosteneva vi fosse una seconda versione a quella ufficialmente accettata dalla storiografica dell'epoca, secondo la quale, per quanto inverosimile, Tarpeia avrebbe consegnato la rocca capitolina, non già ai Sabini bensì ai CeltiBoii, poiché si era innamorata del loro re. La stessa sarebbe stata, infine, gettata nel fiume Po ricoperta dalle loro armi.[1]
Nell'Italia cispadana, si sostituirono agli Etruschi della città di Felzna (nome latinizzato in Felsina), l'odierna Bologna. Non si conosce il nome dato dai Boi alla città conquistata, ma si presume che il nome latino Bononia tragga origine dal toponimo usato dai Boi.
La storia riportata da Polibio narra che i Boi arrivarono a Felsina chiamati da Ateste, ricco commerciante felsineo che voleva vendicarsi dei suoi concittadini che non gli avevano riconosciuto dei diritti sul patrimonio del giovane Lucumone, di cui era tutore. Sempre la leggenda narra che nemmeno i Boi diedero ragione ad Ateste, ma che i doni da lui portati ai Celti li conquistarono a tal punto che questi decisero di trasferirsi dove i doni erano prodotti.
Dagli scavi e dagli studi archeologici si può desumere che ad un certo tempo Felsina era circondata da villaggi abitati da Celti e che gli Etruschi avevano organizzato nell'Etruria padana una confederazione di città, simile a quella esistente nell'Etruria storica. Di questa confederazione avrebbero fatto parte anche le antiche città di Spina e Marzabotto, ma probabilmente in seguito alle tensioni con i Celti, con i Romani e con i Campani dell'Etruria campana a sud, gli Etruschi si ritirarono nell'Etruria storica, lasciando volontariamente Felsina ai Celti Boi. Questo dato potrebbe essere confermato dal cambio di denominazione toponimica, fatto assai raro e che si verifica solo in caso di sostituzione di popolo o conquista totale e mai in caso di fusioni fra popolazioni.[senza fonte] Il territorio dei Boi si estendeva, verso oriente, fino al fiume Montone, oltre il quale aveva inizio il territorio dei Galli Senoni.
Nel 189 a.C., per sfuggire all'oppressione romana, una parte dei Boi si rifugia oltre le Alpi presso gli Scordisci del Danubio[4]. Strabone racconta che riuscirono a respingere gli attacchi dei Cimbri (attorno al 113 a.C.), che poi proseguirono la loro marcia per la Pannonia, il Norico e poi la Gallia, dove si scontrarono con gli eserciti romani.[5]
Il ramo orientale dei Celti Boi
Il ramo più orientale dei Celti Boi lo troviamo in Pannonia, nella regione del lago Balaton, nel primo secolo a.C. Trovarono rifugio in Boemia[6] in seguito alla guerra condotta contro di loro dal re dei DaciBurebista attorno al 50 a.C. In seguito furono in parte annientati ed in parte assimilati dai Marcomanni di Maroboduo, questi ultimi migrati dalle terre del fiume Meno dopo il 9 a.C.