Le corti d'amore, o cours d'amour, strettamente legate all'istituzione della cavalleria[1] e all'amor cortese, erano "giochi" di cortemedievali nel corso dei quali, in un'organizzazione ricalcata sull'istituzione giudiziaria, venivano discusse diritti e doveri inerenti a questioni d'amore. Nella fattispecie potevano chiamarsi tribunali d'amore[1], in quanto tale istituzione giudicante poggiava su un vero e proprio codice normativo e penale sui generis[2], con giudizio finale o "arresto", da dove venivano comminate possibili sanzioni e pene per i trasgressori. Tutto quello che infine costituisce e distingue il carattere della passione cavalleresca di quell'epoca, come scrive il Ferrario, lo troveremo espresso...
«... nelle Corti d'Amore, in que' tribunali più severi che terribili, in cui la bellezza esercitando un potere ch'era ad essa attribuito dalla cortesia e dall'opinione, profferiva sentenza sull'infedeltà od incostanza degli amanti, sui rigori o sui capricci delle loro belle, e con un'influenza tanto dolce quanto irresistibile, affinava ed annobiliva a vantaggio dell'incivilimento, de' costumi, dell'entusiasmo cavalleresco quell'impetuoso e tenero sentimento...»
Nel loro ambiente, sono ugualmente conosciuti per avere partecipato a queste corti, Isabella, contessa di Fiandra, e Ermengarda, viscontessa di Narbona (1134-1192).
Importante punto di riferimento che attesta la presenza delle corti d'amore è rappresentato dall'opera di Andrea Cappellano, il quale è stato dal 1181 al 1187 alla corte della contessa Maria di Champagne.
Gli argomenti e le dispute inerenti all'amore che si riscontrano nelle tenzoni e nei giuochi partiti, secondo Raynouard, non avrebbero potuto eo ipso determinare di conseguenza l'esistenza degli "eleganti tribunali d'amore". Fatto sta che spesso i componimenti dei trovatori venivano sottoposti al giudizio di terzi, in particolar modo a dame e cavalieri, scelti da questi poeti negli ultimi versi delle loro canzoni.[3]
Corti attestate
Corte d'amore in Provenza. Manoscritto del XIV secolo, Biblioteca nazionale di Parigi
«Si tenevano (in Provenza) corti d'amore aperte e plenarie a Signa (Signes) e Pierafuoco (Pierrefeu), o a Romanino (Romanin), o in altri luoghi, e là, facendo arresti ("giudizi") chiamati Lous Arrests d'Amoras.»
Ecco alcuni nomi di dame che presiedevano alle corti d'amore di Pierrefeu e di Signes:
Stefanetta, dama di Bruis, figlia del conte di Provenza;[5]
È verosimile che la stessa corte d'amore si riuniva sia nel castello di Pierrefeu, che in quello di Signes. Questi due villaggi sono molto vicini l'uno all'altro, e situati pressappoco a uguale distanza da Tolone e da Brignoles.
Evoluzione
Martial d'Auvergne, nei suoi "Arresti d'Amore" del XV secolo, sotto il regno di Carlo VI, riporta ancora i dibattiti di queste corti d'amore. Sembra sia l'ultima volta che una tale menzione venga rilevata.
Tuttavia l'esistenza stessa di queste corti poetiche viene oggi messa in discussione[6].
Funzionamento delle corti d'amore
Molto legato alla presenza dei trovatori, Arnaut Guilhem de Marsan, cosignore di Marsan (Landes), fu l'autore di un'opera, in lingua d'oc celebre (nel medioevo) Ensenhamen de l'escuder, una guida che spiegava come comportarsi da buon cavaliere. Egli era in rapporti stretti con Eleonora d'Aquitania, la quale era senza alcun dubbio sua mecenate.
Le sentenze
Costituiti in maggior parte da grandi dame, da qualche trovatore e da pochissimi cavalieri, questi tribunali come tutta la corte dovevano emettere una sentenza in materia amorosa e giudicare:
sia su una questione di diritto: "è possibile l'amore fra sposi?"
sia di litigi tra amante e amata.
Il solo codice vigente era quello dell'amor cortese che, in definitiva, si riduceva a una sola domanda: "la dama o il cavaliere, si sono comportati conformemente a questo codice?".
Così, Andrea Cappellano, nel suo libro sull'arte dell'amore (De amore) espone in un capitolo molto lungo "diverse sentenze sull'amore".
La più celebre resta il verdetto pronunciato del 1174 a Troyes da Maria di Francia e che giudica impossibile l'amore tra persone sposate[7]:
«La nostra sentenza, pubblicata dopo molti consigli e sostenuta dal parere di molte altre dame, deve essere accettata da voi come indubitabile e costantemente vera. Decretato nell'anno 1174, il primo maggio, nell'indizione settima.»
^Andrea Cappellano vuole che le Regole d'amore fossero trovate da un cavaliere bretone durante il regno di re Artù, e che d'allora furono adottate dalle corti d'amore composte di dame e cavalieri, il quale "ingiungeva a tutti gli amanti di assoggettarvisi". (Storia ed analisi..., op. cit., p.168)
«Questo trovatore fu l'amoroso di Fanetta o Stefanetta di Romanin, dama di detto luogo, della casata di Gantelmes, che aveva ai suoi tempi, corte d'amore aperte e plenarie nel suo castello di Romanin, presso la città di Saint-Rémy, in Provenza, zia di Lauretta d'Avignone, della casata di Sado, molto celebrata dal poeta Petrarca. (Storia ed analisi degli antichi romanzi di cavalleria..., op. cit., p.160)»
^(EN) K. M. Broadhurst, Henry II of England and Eleanor of Aquitaine. Patrons of Literature in french ?, n. 27, Viator, 1996. (non consulté)
(FR) Antony Méray, La vie au temps des cours d'amour: croyances, usages et moeurs intimes des XIe, XIIe & XIIIe siècles, 1876.
(FR) Stendhal, De l'amour, Paris, Michel Lévy frères, 1859.
(FR) Jacques Lafitte-Houssat, Troubadours et cours d'amour, 1979.
Giuseppe Mastrominico, Letteratura come diritto: dalle Corti d'amore d'età medievale al processo moderno, in Id., Diritto e Letteratura. Dissapori medievali e moderni, pp. 115-136, Editoriale scientifica, Napoli, 2017.