Secondo la tradizione, la diocesi ascolana risale al IV secolo e la sua fondazione è legata alla vita e alla memoria del santo protovescovoEmidio, martirizzato durante l'impero di Diocleziano e patrono della diocesi. Benché la Passio di questo santo sia tardiva (XI-XII secolo) e pone problemi di carattere storico e cronologico con evidenti anacronismi, il culto nei suoi confronti precede di molto la stesura della sua biografia, attestato nel Piceno e in Sabina già nell'VIII secolo.[3]
La serie episcopale si fa più continua e certa a partire dalla seconda metà del X secolo. Nell'XI secolo in due occasioni Ascoli accolse i papi Vittore II e Urbano II; quest'ultimo accordò nel 1091[4] al capitolo dei canonici della cattedrale il diritto di eleggere il vescovo ascolano, che era immediatamente soggetto alla Santa Sede. Il diritto di elezione fu revocato, a favore della Santa Sede, nel 1343.
Intorno all'anno 1000 i vescovi di Ascoli assunsero anche il potere civile e nel 1150 il vescovo Presbitero ottenne a Norimberga il titolo di principe d'Ascoli dall'imperatore Corrado III.
A partire dall'VIII secolo i benedettini fondarono numerosi monasteri nel territorio della diocesi ascolana. Molti di questi ottennero in seguito l'esenzione dalla giurisdizione episcopale, venendosi così a creare delle enclavi sottratte all'autorità vescovile. In particolare dall'abbazia di Farfa dipendevano diversi villaggi tra cui Offida, Montalto, Castignano e Cossignano. Questo, oltre a limitare l'estensione della diocesi ascolana, portò a inevitabili e annosi conflitti tra vescovi e abati. Nel corso del XIII secolo arrivarono in diocesi anche i francescani, i domenicani e gli agostiniani.
Il 15 gennaio 1458 fu istituito ad Ascoli il primo Monte di pietà della storia, per opera del beato Domenico da Leonessa.
Tre vescovi ascolani, Filos Roverella, Lattanzio Roverella e Pietro Camaiani, presero parte al concilio di Trento. Il Camaiani (1566-1579) fu il primo che si impegnò attivamente per l'attuazione dei decreti tridentini di riforma: indisse una visita pastorale alla diocesi (1567), organizzò un sinodo diocesano (1568) e fondò il seminario vescovile (1571).
Nel 1571 e nel 1586 la diocesi cedette porzioni del suo territorio, tra cui la giurisdizione sull'abbazia di Santa Maria in Montesanto, a vantaggio dell'erezione delle diocesi di Ripatransone e di Montalto. Contestualmente ritornò sotto l'immediata giurisdizione vescovile il territorio di Offida, sottratto agli abati di Farfa.
Durante l'episcopato di Sigismondo Donati, papa Paolo V concesse nel 1614 ai canonici della cattedrale ascolana la facoltà di liberare, nel giorno festivo di Sant'Emidio, un prigioniero, purché non reo di fatti gravissimi, quali l'eresia, la lesa maestà, la falsificazione delle monete e l'omicidio.[5]
Tra i successivi vescovi ascolani si ricordano Giovanni Andrea Archetti, che preferì l'esilio piuttosto che sottoscrivere l'atto di giuramento al governo repubblicano francese; Carlo Belgrado, che nel 1857 accolse ad Ascoli la visita di papa Pio IX; e Ambrogio Squintani, che riuscì ad ottenere dai Tedeschi e dalle Forze alleate, durante la seconda guerra mondiale, che Ascoli fosse dichiarata «città aperta», salvandola così da rovinosi bombardamenti.
^Sono escluse le parrocchie delle frazioni di Macchia da Sole e di Leofara, che appartengono alla diocesi di Teramo-Atri.
^Così riferisce l'autore della voce in Beweb - Beni ecclesiastici in web. Secondo Lanzoni tuttavia (p. 398), anche il diploma carolino che attesta il culto in honorem beatissimi Emidii martyris nell'anno 800 è un falso.
^Kehr, Italia pontificia, IV, p. 150. Tuttavia il diploma concesso da Urbano II è ritenuto spurio (minime fide dignum est).
^Cappelletti, Le Chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni, vol. VII, p. 778.
^(LA) Sacra Congregazione Concistoriale, Decreto Quo facilius, AAS 58 (1966), pp. 101-102.
^Secondo Lanzoni (p. 398), Claudio, episcopus provinciae piceni che fu presente al concilio di Rimini del 359 (sulla testimonianza di san Girolamo), «fu attribuito senza alcun fondamento alla diocesi di Ascoli». Anche: Charles Pietri, Luce Pietri (ed.), Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), École française de Rome, vol. I, Roma, 1999, p. 448.
^Una lettera di Quintianus episcopus Asculani diretta a Pietro Fullo, vescovo monofisita di Antiochia, è contenuta in un Corpus di epistole ritenute spurie. Ad Petrum Fullonem epistolae spuriae, in «Collectio Avellana», a cura di Otto Guenther, vol. I, 1895, pp. 170-182.
^Secondo Lanzoni non fu vescovo di Asculum, ma di Aeclanum in Campania. La stessa indicazione è riportata nell'edizione critica degli atti del concilio costantinopolitano del 536, cui partecipò il vescovo Epifanio. Acta Conciliorum Oecumenicorum. Collectio Sabbaitica, a cura di Eduard Schwartz, vol. III, Berlino 1940, pp. 126 e seguenti. Anche: Pietri, Prosopographie de l'Italie chrétienne, vol. I, Roma, 1999, p. 651.
^Jean Mabillon, Annales Ordinis Sancti Benedicti, p. 224, nº 78.
^Mabillon, Annales Ordinis Sancti Benedicti, p. 239, nº 78. Il documento di Farfa che attesta l'esistenza di Justulfo non riporta tuttavia la diocesi di appartenenza del vescovo.
^abDie Konzilien der karolingischen Teilreiche 843-859, a cura di Wilfried Hartmann, Hannover, 1984, p. 25,16 (Picco episcopus ecclesie Scolanensis) e p. 338,6 (Walderamus presbiter vicem agens Teuderado episcopi Asculane).
^Kehr, Italia pontificia, IV, p. 149. Altri autori riportano la data dell'874, anno in cui tuttavia non fu celebrato alcun concilio a Roma.
^abcdSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens…, pp. 225-227.
^Schwartz documenta l'esistenza di questo vescovo dal 1008/1010 al 1019. Cappelletti aggiunge due diplomi del monastero di Farfa, che attesterebbero l'esistenza di Emmone anche nel 1003 e nel 1035; di questi due documenti Schwartz riferisce non aver trovato traccia nel regesto farfense.
^Il diploma di Corrado II a favore del vescovo Bernardo I è datato da Cappelletti al 1037, mentre Schwartz lo mette al 1033/1034.
^Questo vescovo è assegnato da Baronio, e dagli autori che ne dipendono, anche all'anno 1092; secondo Schwartz il diploma del 1092 è un falso e inoltre si riferisce all'omonimo vescovo Tusculanensis (non Asculanensis). Nella prima menzione (1071) Giovanni è indicato solo come episcopus picenus, senza riferimento alla diocesi di appartenenza.
^La sede di Ascoli era vacante nel mese di agosto 1203 (Cappelletti, VII, p. 728).
^abEubel, Hierarchia catholica, vol. II, pp. XIV-XV.
^Rafael Lazcano, Episcopologio agustiniano, Guadarrama (Madrid), Agustiniana, 2014, vol. I, p. 394.
^Esiste, secondo Eubel, un'altra lettera di conferma, datata 31 gennaio 1420.
^Il 21 maggio 1862 fu nominato patriarca titolare di Antiochia.
^AAS 2 (1910), p. 356. Il 25 luglio 1908 Pacifico Fiorani fu nominato vescovo ausiliare di Ascoli Piceno (Annuaire pontifical catholique 1917, ed. Albert Battandier, p. 221); quando questi, il 10 marzo 1910, fu trasferito alla diocesi di Corneto (Tarquinia) e Civitavecchia, la Santa Sede nominò per Ascoli un amministratore apostolico sede plena nella persona di Apollonio Maggio (AAS 2, 1910, pp. 330-331).
^Dal 3 giugno 2013 al 10 maggio 2014Luigi Conti, arcivescovo di Fermo, fu amministratore apostolico: dapprima sede plena, poi dal 27 settembre 2013sede vacante.
Cristiano Marchegiani, Il seminario tridentino: sistema e architettura. Storie e modelli nelle Marche pontificie, Pescara, Carsa edizioni, 2012 ("I saggi di Opus", 20), pp. 107–128, 330-332