Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Epatite autoimmune
Immagine microscopica di plasmacellule e linfociti nello spazio di Disse in corso di epatite autoimmune
Viene colpito prevalentemente il sesso femminile (71%) generalmente prima dei 40 anni di età ed è presente in tutti i gruppi etnici. Poiché la sua prevalenza è stimata tra 0,5 e 1/100.000[2] è considerata malattia rara.
L'eziologia è sconosciuta, tuttavia l'ipotesi patogenetica più accreditata è che diversi fattori ambientali, virali (Morbillivirus, CMV, EBV, HCV) o farmacologici (minociclina, atorvastatina, trazodone) possano agire come fattori scatenanti in individui geneticamente predisposti con il meccanismo del cosiddetto mimetismo molecolare. Omologie, nella sequenza degli aminoacidi, tra proteine virali o farmacologiche e proteine degli epatociti sarebbero in grado di causare e mantenere una reazione immunitaria contro le strutture stesse dell'epatocita secondo un meccanismo autoimmunitario[4].
Sul piano genetico è significativa l'associazione con il complesso maggiore di istocompatibilità, la cui sovraespressione, in particolar modo degli alleli DRB1*0301 e DRB1*0401 nella etnia caucasica, provocherebbe alterazioni nelle proteine della membrana degli epatociti che stimolerebbero le cellule presentanti l'antigene iniziando una reazione autoimmunitaria cellulo-mediata; l'aumento dei linfociti T citotossici e la diminuzione di quelli soppressori, uniti all'aumentata produzione di IL-2, INF-γ e TNF-α, arrivano a provocare la morte per necrosi degli epatociti[4].
Anche l'immunità umorale è coinvolta, dal momento che le stesse cellule presentati l'antigene stimolano i linfociti B e le plasmacellule a produrre citochine e immuglobuline costituite da anticorpi aspecifici e autoanticorpi. Questi fattori immunitari, unitamente ai prodotti della necrosi epatocitaria, come in tutte le epatopatie croniche stimolano la formazione di fibrociti che modificano l'architettura stessa del tessuto epatico e iniziano il processo irreversibile della cirrosi epatica. Nell'epatite autoimmune questo processo è molto accelerato e si compie, senza trattamento, in 2-5 anni[4].
Classificazione
Generalmente si riconoscono due sottotipi maggiori e un terzo minore[5][6]:
Forma positiva agli anticorpi antimicrosomi epatici e renali (LKM), suddivisibile in tre sottotipi, presente tipicamente nelle giovani donne (95%), con prognosi più severa e con scarsa risposta agli steroidi;
Il criteri diagnostici non sono codificati, ma le diagnosi differenziale con le altre forme di Epatite cronica si basano su:
Precoce e costante aumento della concentrazione plasmatica di transaminasi (ALT, AST) di 5-10 volte e di immunoglobuline del 30%, soprattutto IgG policlonali, rispetto ai valori normali;.
Presenza di infiltratolinfo-plasmacellulare negli spazi portali con erosione della lamina limitante e sconfinamento periportale, cui segue rigenerazione epatocitaria in forma di "rosette";
Presenza di autoanticorpi specifici per il tipo di epatite;
Esclusione di altre patologie epatiche a eziologia nota.
^ F. Alvarez, PA. Berg; FB. Bianchi; L. Bianchi; AK. Burroughs; EL. Cancado; RW. Chapman; WG. Cooksley; AJ. Czaja; VJ. Desmet; PT. Donaldson, International Autoimmune Hepatitis Group Report: review of criteria for diagnosis of autoimmune hepatitis., in J Hepatol, vol. 31, n. 5, novembre 1999, pp. 929-38, PMID10580593.
^ DP. Bogdanos, P. Invernizzi; IR. Mackay; D. Vergani, Autoimmune liver serology: current diagnostic and clinical challenges., in World J Gastroenterol, vol. 14, n. 21, giugno 2008, pp. 3374-87, PMID18528935.