Di origini ebraiche, il suo vero nome era Enoch Geršonovič Ieguda (in russoЕнох Гершонович Иегуда?), in gioventù aveva studiato a Nižnij Novgorod come farmacista, era stato amico dello scrittore Maksim Gor'kij, oltre che noto per la sua passione verso il gioco e le donne.
Entrato nella Čeka (che, dal 1922, assunse la denominazione di GPU), dopo la rivoluzione d'ottobre del 1917, divenne nel settembre 1923 il secondo vice di Feliks Ėdmundovič Dzeržinskij e alla morte di questi, nel luglio 1926, il vice del suo successore Vjačeslav Menžinskij, ben presto gravemente ammalato (Jagoda fu poi accusato di averlo ucciso per avvelenamento). In questo ruolo fu tra i principali organizzatori della "liquidazione" dei kulaki.
Subito dopo, su ordine di Stalin, fu a sua volta estromesso dall'incarico dal suo vice e successore Nikolaj Ivanovič Ežov, con l'accusa di non essere sufficientemente "zelante". Arrestato il 3 aprile 1937, fu condannato nel quarto ed ultimo dei processi moscoviti[2], nel marzo 1938, e subito fucilato.
A capo dell'NKVD
Il 10 luglio 1934, due mesi dopo la morte di Menžinskij, Stalin nominò Jagoda Commissario del Popolo per gli Affari Interni, carica che includeva il controllo dei servizi segreti e della polizia politica, l'OGPU. Jagoda lavorò a stretto contatto con Andrej Januar'evič Vyšinskij nell'organizzare il primo grande processo di Mosca dell'agosto 1936, nel quale furono condannati Grigorij Evseevič Zinov'ev e Lev Kamenev, che diede ufficialmente inizio al periodo delle cosiddette "Grandi Purghe". Neppure i vertici militari dell'Armata Rossa furono risparmiati e i suoi ranghi vennero sfoltiti dall'operato di Jagoda, precursore delle future epurazioni portate a compimento da Nikolaj Ivanovič Ežov. Più di un quarto di milione di persone furono arrestate nel periodo 1934–1935; il sistema dei Gulag venne ampiamente esteso, e gli "schiavi del lavoro" (detenuti costretti a lavorare per lo Stato) divennero una delle risorse principali dell'economia sovietica.
Però Stalin era abbastanza deluso da Jagoda. A metà del 1936 ricevette un dettagliato rapporto da Jagoda che evidenziava il crescente malcontento popolare nei confronti dei processi pubblici delle purghe, e la simpatia del popolo nei confronti degli accusati che professavano la propria innocenza. Il rapporto fece infuriare Stalin, interpretando la segnalazione di Jagoda come un avvertimento di fermare i processi e le epurazioni nell'esercito, in particolar modo quella verso il Maresciallo Tuchačevskij. Inoltre, Stalin non era del tutto soddisfatto dai servigi di Jagoda, principalmente a causa del suo fallimento nella fabbricazione di prove che potessero coinvolgere Kamenev e Zinov'ev nel complotto per assassinare Kirov.[3]
Il 25 settembre 1936, Stalin inviò un telegramma (co-firmato da Andrej Aleksandrovič Ždanov) ai membri del Politburo del Comitato centrale del PCUS:
«Noi consideriamo assolutamente necessario ed urgente che il compagno Ežov sia messo a capo del Commissariato del Popolo per gli Affari Interni. Jagoda si è inequivocabilmente dimostrato incapace di smascherare il centro trockista-zinovievista. La OGPU è quattro anni indietro nel suo lavoro. Tutti i dirigenti di partito e la maggior parte degli agenti dell'NKVD ne parlano.[4]»
(Iosif Stalin)
Il giorno dopo, Jagoda fu sostituito da Ežov a capo dell'NKVD, che diresse la fase più sanguinaria del "Grande Terrore" nel 1937–1938. Jagoda fu "degradato" a Commissario del Popolo dell'URSS per le poste e i telegrafi.
Arresto, processo, esecuzione
Nell'aprile 1937, Jagoda fu arrestato dietro ordine di Stalin. Fu Ežov ad annunciare l'arresto con l'accusa di contrabbando di diamanti, corruzione, di essere l'ideatore dell'affare Nazino[senza fonte] e di far parte del servizio della Germania fin dai tempi del suo ingresso nel partito nel 1917. Inoltre Ežov accusò Jagoda di avere cercato di ucciderlo spargendo polvere di mercurio nel suo ufficio. Altra accusa fu quella di aver avvelenato Maksim Gor'kij e suo figlio. Nei due appartamenti di Jagoda a Mosca e nella sua dacia, furono rinvenute circa 3.904 fotografie pornografiche, 11 filmini porno, 165 pipe pornografiche, 1 dildo, e le due pallottole che avevano ucciso Zinov'ev e Kamenev utilizzate nella loro esecuzione.[5] Ežov dichiarò che Jagoda aveva speso 4 milioni di rubli per decorare con sfarzo le sue tre case, e che possedeva un giardino con più di "2.000 orchidee e rose".[6]
Nel corso del "processo dei ventuno" svoltosi nel marzo 1938, Jagoda venne giudicato colpevole di tradimento e cospirazione anti-sovietica. Egli negò di essere una spia, ma ammise di essere colpevole delle altre imputazioni, di aver assassinato il suo predecessore Vjačeslav Rudol'fovič Menžinskij ed avvelenato Maksim Gor'kij, e di aver "favorito" l'assassinio di Sergej Kirov.[7]
Jagoda venne giustiziato sommariamente mediante fucilazione poco tempo dopo la conclusione del processo.[8] Anche sua moglie Ida Averbach fu giustiziata nel 1938.
^Il primo grande processo pubblico si svolse a Mosca, nella sala di Ottobre della Casa dei sindacati, dal 19 al 28 agosto 1936. Viene generalmente indicato, dal numero degli imputati, come "processo dei sedici".
^Il processo venne celebrato nella capitale dell'URSS dal 2 al 13 marzo 1938 ed è ricordato, dal numero degli imputati, come "processo dei ventuno". Vennero colpiti i maggiori esponenti dell'opposizione di destra del partito.