Residente a Roma sin dall'età di due anni, si iscrisse all'Università pagandosi gli studi dando lezioni private e pubblicando poesie e recensioni. Si laureò in lettere nel 1938, con il prof. Natalino Sapegno[1].
Alla fine del 1939, le necessità economiche lo spinsero ad emigrare a Simi, nel Dodecaneso, dove fu segnalato come antifascista e trasferito, prima a Lero e poi a Rodi, dove fu, per breve tempo, incarcerato[1]. Nel giugno del '43 fu richiamato alle armi come ufficiale dell'esercito e, dopo l'armistizio di Cassibile, i tedeschi lo internarono in campo di concentramento[3] e poi lo rinchiusero nel carcere di Calato (Rodi). Uscito dal carcere, riuscì a mettersi in contatto con i commando inglesi[1] e fuggì in Turchia con la moglie Bianca Ripepi[2].
Rientrato infine a Rodi dopo la liberazione, fece parte del locale CLN e fondò e diresse il giornale in lingua italiana, dandogli uno spiccato indirizzo di sinistra, sinché gli inglesi non lo presero sotto il loro controllo[1].
Finita la guerra, rientrò in Italia, si iscrisse al Partito Comunista Italiano e alla CGIL, di cui fu segretario regionale e componente del Comitato nazionale[3]. Segretario della Federazione comunista di Sassari, nel 1949 fu eletto consigliere regionale per la prima legislatura e successivamente riconfermato per altre quattro fino al 1968, quando si dimise per presentarsi al Senato. Ricoprì gli incarichi di questore e di vicepresidente del Consiglio regionale sardo[2].
Eletto senatore nella V legislatura del Parlamento italiano, nelle liste congiunte PCI-PSIUP, si iscrisse al gruppo parlamentare comunista. Prese parte all'inchiesta della Commissione parlamentare sul banditismo e, in particolare, ad ogni dibattito sui problemi più rilevanti della Sardegna[3].
Fu professore di storia moderna nella facoltà di scienze politiche dell'Università di Cagliari, e preside per qualche anno. Fondò e diresse la rivista "Archivio sardo del movimento operaio contadino e antonomastico", laboratorio delle successive generazioni di storici sardi[2]. Dopo l'esperienza parlamentare si dedicò principalmente alla redazione di una serie di volumi di storia moderna e contemporanea della Sardegna. È sepolto nel piccolo cimitero dell'isola di Tavolara[4]
Nel 2015, il suo nome e quello della sua consorte Bianca è stato iscritto tra i Giusti tra le nazioni allo Yad Vashem per aver salvato dalla deportazione la bambina ebrea Lina Kantor Amato, a Rodi, nel 1944, falsificandone i documenti e facendola passare per loro figlia[5].
Girolamo Sotgiu, Questione sarda e movimento operaio, 1964;
Girolamo Sotgiu, Alle origini della Questione sarda. Note di storia del Risorgimento, 1967;
Girolamo Sotgiu, Alcune conseguenze politiche dell'attacco francese nel 1792-93, 1970;
Girolamo Sotgiu, Lotte sociali e politiche nella Sardegna contemporanea (1848-1922), 1974;
Girolamo Sotgiu, Movimento operaio e autonomismo. La questione sarda da Lussu a Togliatti, 1977;
Girolamo Sotgiu, Lotte contadine nella Sardegna del secondo dopoguerra, in Campagna e movimento contadino nel Mezzogiorno d'Italia dal dopoguerra ad oggi, 1979;
Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna sabauda 1720-1847, 1984;
Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna dopo l'Unità, 1986;
Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna dalla grande guerra al fascismo, 1990;
Girolamo Sotgiu, Storia della Sardegna durante il fascismo, 1995;
Girolamo Sotgiu, L'insurrezione di Cagliari del 28 aprile 1794, 1995;
Girolamo Sotgiu, La Sardegna negli anni della repubblica. Storia critica dell'autonomia, 1996;
Bianca Sotgiu Ripepi, Da Rodi a Tavolara, Cagliari, 2002;