Giuseppe Letizia era nelle campagne corleonesi ad accudire il proprio gregge. All'età di 12 anni assistette all'omicidio del sindacalista Placido Rizzotto, ucciso il 10 marzo 1948 da Luciano Liggio, luogotenente di Michele Navarra, capomafia di Corleone. Il giorno seguente fu trovato delirante dal padre che lo condusse nell'ospedale Dei Bianchi, diretto proprio dallo stesso Navarra. Lì il ragazzo, in preda ad una febbre alta, raccontò di un contadino che era stato assassinato nella notte.
Curato con un'iniezione, morì ufficialmente per tossicosi, sebbene si ritenga che al ragazzo sia stato somministrato del veleno, tesi che fu segnalata dai giornali dell'epoca. Il 13 marzo 1948L'Unità pubblicò in prima pagina un articolo sulla vicenda:
«C'è motivo di pensare, e molti in paese sono a pensarla così che il bambino sia stato involontariamente testimone dell'uccisione di Rizzotto e che le minacce e le intimidazioni lo abbiano talmente sconvolto da provocargli uno shock e come conseguenza di esso la morte»
«Un bimbo morente ha denunciato gli assassini che uccisero Placido Rizzotto nel feudo Malvello»
Il medico che diagnosticò la morte di Giuseppe Letizia per tossicosi, il dott. Ignazio Dell'Aira, qualche giorno dopo la morte del ragazzo chiuse il suo studio ed emigrò in Australia.[2][3][4]
Giuseppe Crapisi, Giuseppe Letizia - vittima di mafia dimenticata, su Dialogos, Circolo ARCI - Presidio Libera di Corleone, 15 marzo 2008. URL consultato l'11 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 28 maggio 2011).
Giuseppe Letizia, su I percorsi della memoria, ARCI Sicilia. URL consultato l'11 marzo 2009.
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