Logo del franchiseCesare e alcune scimmie nel secondo film della serie reboot
Il pianeta delle scimmie (Planet of the Apes) è un media franchise composto da dieci film, due serie televisive e vari libri, fumetti e videogiochi. È basato sul romanzo Il pianeta delle scimmie (La Planète des Singes) di Pierre Boulle, pubblicato per la prima volta nel 1963, in cui gli esseri umani si scontrano per il controllo della terra con scimmie intelligenti (Simius sapiens). L'adattamento cinematografico del 1968, Il pianeta delle scimmie, è stato un successo per la critica e per il pubblico, iniziando una serie di seguiti, e opere derivate. Originariamente in mano a Arthur P. Jacobs, produttore dei primi film della serie, dal 1973 i diritti della serie sono andati alla 20th Century Fox.
Copertina della prima edizione americana del romanzo di Boulle, intitolato Planet of the Apes (Il pianeta delle scimmie in italiano)
La serie è iniziata con il romanzo La Planète des Singes dello scrittore francese Pierre Boulle del 1963. Boulle ha scritto il romanzo in sei mesi dopo che le "espressioni umane" dei gorilla nello zoo lo hanno ispirato a contemplare il rapporto tra uomo e scimmia. La Planète des Singes è stata fortemente influenzata dai racconti fantastici di viaggi del XVIII e XIX secolo, in particolare i satirici I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. Boulle fa un uso realistico della scienza nel libro, con vari riferimenti a teorie scientifiche. La principale è la teoria darwiniana dell'evoluzione che viene ripresa e capovolta su Soror, dove sono le scimmie ad aver raggiunto il maggior grado evolutivo. Un'altra teoria utilizzata è la teoria della relatività. Tuttavia, Boulle ha rifiutato l'etichetta di fantascienza per il suo lavoro, definendola "fantasia sociale".[1]
Il romanzo è una satira sociale e segue le vicende del giornalista francese Ulysse Mérou, che partecipa a un viaggio in un pianeta lontano dove gli uomini senza parole, ridotti come animali, vengono cacciati e schiavizzati da una società avanzata di scimmie. Alla fine Mérou scopre che gli esseri umani una volta dominavano il pianeta fino a che la loro compiacenza non permise alle scimmie più industriose di rovesciarlo. Il messaggio centrale del romanzo è che l'intelligenza umana non è una qualità fissa e può essere atrofizzata se presa per scontata.[1][2] Boulle considerava il romanzo una delle sue opere minori, anche se si è rivelato un successo. Xan Fielding lo ha tradotto in inglese. È stato pubblicato nel Regno Unito come Monkey Planet e negli Stati Uniti come Planet of the Apes.[3]
Serie originale
I primi cinque film (1968-1973)
Charlton Heston ha interpretato l'astronauta George Taylor in due film della serie originale
I primi cinque film della saga (1968-1973), prodotti da Arthur P. Jacobs e distribuiti dalla 20th Century Fox, sono basati sul romanzo originale di Boulle. I film narrano della scomparsa dell'umanità e dell'ascesa di scimmie intelligenti ed evolute e sono narrati dal punto di vista dell'astronauta George Taylor (Charlton Heston), dell'astronauta John Brent (James Franciscus) e delle scimmie Zira (Kim Hunter), Cornelius (Roddy McDowall) e il loro figlio Cesare. Il primo film venne co-sceneggiato da Rod Serling, creatore delle serie tv Ai confini della realtà e Mistero in galleria.
Le serie televisive (1974-1975)
Il primo ciclo di film fu seguito da due serie tv durante gli anni '70. Il pianeta delle scimmie, una serie in live-action, debuttò nel 1974 negli Stati Uniti. La serie era ambientata all'incirca 900 anni prima del film originale in un mondo dove le scimmie erano al comando ma gli umani riuscivano ancora a parlare. Nel 1975 andò in onda Ritorno al pianeta delle scimmie, una serie animata slegata dagli altri film della serie.
Remake
Prime ipotesi di un rilancio della saga
Il nuovo film della serie venne alla luce dopo un development hell molto intenso: le idee per un remake de Il pianeta delle scimmie risalgono agli anni '80, quando Adam Rifkin fu portato agli studios della 20th Century Fox col desiderio di realizzare un nuovo film sulle scimmie. Inizialmente, egli voleva creare un sequel che riprendesse direttamente dal finale del film originale, ignorando così i quattro sequel esistenti. Il suo film doveva chiamarsi Ritorno al pianeta delle scimmie e descriveva le scimmie in usanze e costumi greco-romani che combattevano contro una società di umani intelligenti, la stirpe dei protagonisti del classico del 1968, ispirandosi a film come Spartacus. Il progetto venne sospeso per via di contrasti creativi tra Rifkin e lo studio.[4] In seguito, Peter Jackson volle adattare un progetto simile nel quale la società delle scimmie era modellata secondo la cultura rinascimentale e Roddy McDowall, l'attore che aveva impersonato Cornelius e Cesare nei film originali, era aperto all'idea di avere una parte nei panni di una scimmia dall'aspetto ispirato a Leonardo da Vinci. Jackson, però, si dedicò alla creazione di Creature del cielo e solo del 1998 decise di riprendere il progetto, per poi mollarlo di nuovo quando la morte di McDowall gli tolse l'entusiasmo.[5]
Nel corso degli anni novanta, svariati registi proposero di realizzare un nuovo adattamento del romanzo di Pierre Boulle, scritto da Terry Hayes (che ha lavorato sui seguiti di Mad Max), il quale intitolò il suo progetto Il ritorno delle scimmie. Questi furono Oliver Stone, Sam Raimi, Chuck Russell e James Cameron i quali mollarono per dedicarsi ad altri progetti e per varie vicissitudini con la Fox.[6] Nel 1998 Sam Hamm mise a punto una sceneggiatura secondo la quale i personaggi del classico del 1968 venivano riproposti in chiave moderna all'interno di una trama abbastanza fedele al romanzo originale. "La prima metà del copione assomiglia poco al libro, ma un sacco di roba nella seconda metà proviene direttamente da esso, o direttamente ispirata da esso".[senza fonte]
Il copione di Sam Hamm racconta di un'astronave pilotata da un orango in tuta spaziale che precipita sulla Terra liberando un virus che infetta le donne facendo loro partorire neonati deformi. I due protagonisti, la dottoressa Susan Landis, che lavora per la CDC, e Alexander Troy, uno scienziato della JPL, riparano la nave e con essa ripercorrono la traiettoria raggiungendo il pianeta delle scimmie, sul quale incontrano Zira, una veterinaria, Cornelius, fidanzato segreto di lei e animalista controverso che ha organizzato una colonia nascosta nella Zona Proibita per la salvaguardia degli umani, e Zaius, lo spietato e celeberrimo leader del pianeta. La società delle scimmie è comandata dagli oranghi, i quali usano di nascosto della tecnologia avanzata appartenuta alla civiltà di uomini intelligenti che popolavano il pianeta in un'epoca antica (prima di estinguersi per via della stessa peste che affligge la Terra; i selvaggi che le scimmie trattano come animali sono la stirpe di coloro sopravvissuti alla peste che hanno generato un sistema immunitario per contrastare il virus, ma questo li rese primitivi) per catturare le trasmissioni dalla Terra imitandone la tecnologia e usanze culturali. Dopo svariate vicissitudini, Susan e Troy scoprono la cura con l'aiuto dei due scimpanzé e riescono a tornare sulla Terra dopo aver eliminato Zaius e la sua armata di gorilla. A causa della distorsione temporale per via del viaggio alla velocità della luce, giungono nel futuro quand'è troppo tardi e la Terra è ormai popolata da scimmie. Nella scena finale viene descritta la Statua della Libertà con l'orrenda faccia sorridente di una scimmia scolpita sul volto.[7][8]
Tim Burton, il regista di Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie, remake del 2001
Verso la fine del 1999, lo sceneggiatore William Broyles Jr. accettò di scrivere un nuovo copione quando la Fox gli diede il controllo creativo totale. Il copione di Broyles descriveva Ashlar come il pianeta delle scimmie e catturò l'attenzione di Tim Burton, il quale accettò di dirigere il film nel 2000[11]. La Fox tagliò il budget per la realizzazione del copione di Broyles, quindi furono chiamati Lawrence Konner e Mark Rosenthal (gli sceneggiatori di Superman IV) per modificare la sceneggiatura. Danny Elfman compose la colonna sonora mentre il makeup fu affidato a Rick Baker, il quale aveva già lavorato con Burton in Ed Wood[12]. Le riprese iniziarono nell'ottobre del 2000 e terminarono nell'aprile del 2001[13]. La direzione del film fu molto difficile per Burton, che era costantemente messo alle strette con la Fox che restringeva i tempi per filmare le scene e da Konner e Rosenthal, i quali continuavano a riscrivere e modificare il copione durante le riprese.[14]
Nel 2011 uscì un nuovo film della saga, L'alba del pianeta delle scimmie, diretto da Rupert Wyatt, prequel e reboot della serie originale. Il film è interpretato da James Franco e narra la ribellione delle scimmie, guidata dallo scimpanzé, geneticamente modificato, Cesare (Andy Serkis). Rappresenta la prima pellicola di una nuova serie di film.[16] Il seguito, Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie, uscì l'11 luglio 2014 negli Stati Uniti e il 30 luglio in Italia; è diretto da Matt Reeves e interpretato nuovamente da Andy Serkis. Nel gennaio 2014 Reeves venne confermato anche per il sequel del film, di cui scriverà la sceneggiatura insieme a Mark Bomback. Peter Chernin, Rick Jaffa e Amanda Silver figurano come produttori.[17] Il film intitolato The War - Il pianeta delle scimmie uscì nel luglio 2017.[18]
In seguito alla prima trasmissione televisiva della serie di film, nel 1974 la Mego produsse una linea di action figure, su licenza della 20th Century Fox, ispirata alla saga originale de Il pianeta delle scimmie. La linea comprendeva i personaggi di Cornelius, Zira, Dr. Zaius, una scimmia soldato e un "Astronauta", più un paio di set e un cavallo telecomandato.[75]
Il personaggio dell'Astronauta doveva inizialmente raffigurare il personaggio del film Taylor, interpretato da Charlton Heston, ma l'attore rifiutò di fornire i diritti alla Mego per lo sfruttamento della propria immagine, così la testa della figura venne rimodellata e al personaggio venne dato il generico nome di Astronauta.[76]
Phil Chidester, The Simian That Screamed No!: Rise of the Planet of the Apes and the Speculative as Public Memory, in Visual Communication Quarterly, vol. 22, n. 1, 1º gennaio 2015, pp. 3–14.
Jason Davis, Aping Race, Racing Apes, in John Huss (a cura di), Planet of the Apes and Philosophy: Great Apes Think Alike, Open Court Publishing, 2013, ISBN0-8126-9822-3. URL consultato il 7 febbraio 2017.
Sheryl N. Hamilton, 'Human no like smart ape': figuring the ape as legal person in Rise of the Planet of the Apes, in Law and Humanities, vol. 10, n. 2, Routledge, novembre 2016, pp. 300–321.
Anahid Kassabian, Ubiquitous Listening: Affect, Attention, and Distributed Subjectivity, University of California Press, 2013, ISBN0-520-27515-2.
Jonathan Kirshner, Subverting the Cold War in the 1960s: Dr. Strangelove, The Manchurian Candidate, and The Planet of the Apes, in Film & History: An Interdisciplinary Journal of Film and Television Studies, vol. 31, n. 2, 2001, pp. 40–44.
Oliver Lindner, The Remade Prequel: Rise of the Planet of the Apes (2011), in Remakes and Remaking: Concepts – Media − Practices, Transcript Verlag, 2015, pp. 23–39, ISBN3-8394-2894-7.
Bruce Southard, The Language of Science Fiction Fan Magazines, in American Speech, vol. 57, n. 1, Duke University Press, 1º marzo 1982, pp. 19–31, ISSN 0003-1283 (WC · ACNP).
Gordon C. Webb, 30 Years Later: Rod Serling's Planet of the Apes, in Creative Screenwriting, luglio–August 1998. URL consultato il 10 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 13 dicembre 2017).