Son et Lumière (Parigi); ORTF (Office de Radiodiffusion et Télévision Française); Bavaria Filmstudios (Monaco di Baviera); RAI (Radio Televisione Italiana)
Jean Renoir stesso presenta ciascuno dei quattro episodi comparendo accanto a un teatro di marionette, il cui sipario si alza e si abbassa ad ogni episodio.
Episodi
L'ultimo cenone
Un vecchio barbone, la notte di Natale, guarda attraverso i vetri di un lussuoso ristorante, lo spettacolo del cenone dei ricchi. Il direttore del locale, per allontanarlo e impedire che disturbi i clienti, gli offre un pacco di cibo e dello champagne. Egli va a raggiungere la sua compagna che lo aspetta sulla riva della Senna. Insieme mangiano, brindano, danzano e poi si addormentano sotto la neve che cade.
La lucidatrice
Una casalinga, Emilie, è ossessionata dalla pulizia del suo appartamento e tormenta i vari mariti con questa vera e propria mania: il primo, Gustave, muore scivolando sul pavimento troppo incerato e l'ultimo, Jules, in un accesso d'esasperazione, getta la lucidatrice dalla finestra. Emilie si butta nel vuoto seguendo il destino dell'amato elettrodomestico.
Quand l'amour meurt
Jeanne Moreau semplicemente canta la canzone Quand l'amour meurt di O. Crémieux, celebre agli inizi del Novecento.
Il re d'Yvetot
Duvallier è un comandante in pensione amante del gioco delle bocce. Vive in piccolo paese della Provenza e ha una moglie giovane, Isabelle. Costei si annoia e un giorno che la cagnetta ha ingoiato un grosso osso conosce il dottor Feraud, il veterinario, un uomo piacente di cui si innamora. Il comandante scoprirà grazie alle chiacchiere delle malelingue che la moglie lo tradisce ma preferirà accettare il ménage à trois anziché perdere le persone che ama.
Quand l'amour meurt (Quando l'amore muore)
(FR)
«Lorsque tout est fini Quand se meurt votre beau rêve Pourquoi pleurer les jours enfuis, Regretter les songes partis? Les baisers sont flétris Le roman vite s'achève Pourtant le cœur n'est pas guéri Quand tout est fini.»
(IT)
«Quando tutto è finito Quando muore il vostro bel sogno Perché piangere i giorni fuggiti Rimpiangere i sogni partiti I baci sono appassiti Il romanzo presto si conclude Ma il cuore non è guarito Quando tutto è finito.»
(Ritornello)
(FR)
«On fait serment, en sa folie, De s´adorer longtemps, longtemps
Il est charmant, elle est jolie C´est par un soir de gai printemps Mais un beau jour, pour rien, sans cause, L´amour se fane avec les fleurs Alors on reste là, tout chose Le cœur serré, les yeux remplis de pleurs.»
(IT)
«Si fanno promesse nella follia dell'amore Di adorarsi per lungo tempo, per sempre
Lui è affascinante, lei è graziosa. In una sera di gaia primavera Ma un bel giorno, per niente, senza motivo, L’amore appassisce con i fiori Allora si resta là Il cuore serrato, gli occhi pieni di lacrime.»
L'idea del film nacque nel 1968, a Venezia, dove Jean Renoir si era recato per presenziare a una retrospettiva dedicatagli nel corso del festival del cinema di quell'anno, e dalla collaborazione di Giulio Macchi che si adoperò affinché si costituisse una coproduzione italo-francese che consentisse al regista di realizzare il film. Pierre Long negoziò con la televisione italiana e tedesca e convinse l'ORTF ad associarvisi.[2]
«Questo film, come indica con precisione un titolo in cui ogni parola conta, è una messa in scena e sulla scena, una messa in gioco di Jean Renoir, narratore del teatro e della vita che si riflettono l’uno e nell’altra. Introducendo le sue favole, un Jean Renoir a grandezza naturale, che presenta la sua opera per pensarla meglio, ci parla attraverso un teatro in miniatura e si dà l’opportunità ad ogni storia che si presenta, di fare il conto e il bilancio di tutte quelle che ci ha già raccontato.»
(Michel Delahaye, Le Petit théâtre de Jean Renoir, in André Bazin, Jean Renoir, pp. 250-253.)
«Se si dovesse conservare un solo film, per dare alle generazioni future l'idea di ciò che è stata l'arte cinematografica del XX secolo, sceglierei Le Petit théâtre, perché in esso è contenuto tutto Renoir, e Renoir contiene tutto il cinema.»
(Éric Rohmer, Il teatrino di Jean Renoir, Cinéma 79, n.244, aprile 1979, contenuto in Il gusto della bellezza, p. 306.)
Collegamenti con l'opera precedente del regista
L'ultimo cenone: un altro omaggio ad Andersen che si collega al film muto La piccola fiammiferaia, di un Renoir al suo debutto. (Michel Delahaye)
La lucidatrice: proviene da un progetto anteriore mai realizzato È la rivoluzione, dove la rivoluzione doveva essere rappresentata attraverso le situazioni più concrete e quotidiane. (Michel Delahaye)
La cantante: l'episodio fa riferimento alla “Belle Epoque”, un'epoca che Renoir ha molto amato: l'aveva rievocata con nostalgia ad esempio in French Cancan.
Renoir in persona introduce l'episodio con queste parole:«Vi invito ad assistere con me ad un'evocazione di quella che si suole chiamare Belle Epoque. Non sono un ingenuo e so benissimo che la Belle Epoque non era poi tanto bella. Aveva le sue ingiustizie, le sue crudeltà. Ma io la amo perché ci fornisce elementi emozionanti per allestire uno spettacolo».
Il re d'Yvetot: il film ci riporta a Toni, a La scampagnata, a Picnic alla francese, a quei film che Renoir ha girato nello splendore della natura, all'aria aperta.
Le roi d'Yvetot è anche il titolo di una canzone scritta da Pierre Jean de Béranger nel 1813, molto popolare, che i tre protagonisti cantano insieme all'inizio della loro conoscenza.