«Il tribunale dell’Inquisizione, degno parto della truce anima del Secondo Filippo di Spagna, che che ne dicano gli storiografi di esso, non potea sopravvivere al progresso della civiltà. Due secoli e più di vita erano stati più che mai sufficienti non già, ma superflui per una istituzione, che partorita in un tempo in cui la barbarie era in fiore, si credé atta al mantenimento ed alla illibatezza della cattolica fede; la quale pè suoi santi dettami, e pe’ precetti suoi allo spargimento dell’umano sangue avversa è; sendo religion d’amore, tutta pura, tutta bella, tutta verginale; non religione di carnefici, non religione di roghi. Dunque fra le molte demenze dell’umano spirito e piuttosto fra le umane pernizie porre l’inquisizione è mestiere.»
(Pietro Lanza principe di Scordia Considerazioni sulla storia di Sicilia dal 1532 al 1789, 1836)
La Sicilia dal XV fino a quasi tutto il XVII secolo faceva parte dell'Impero spagnolo sotto forma di Vice-Regno, al pari di Napoli e della Sardegna. Dopo un tentativo fallito di estendere dalla Spagna alla Sicilia il Tribunale dell'Inquisizione nel 1481, Il 6 ottobre 1487 Ferdinando II il Cattolico creò il Tribunale dell'Inquisizione[2] e fu inviato in Sicilia il primo inquisitore delegato, Frate Agostino La Pena, la cui nomina fu approvata da Papa Innocenzo VIII. In Sicilia operavano già gli inquisitori apostolici dell'Inquisizione della Santa Sede anche se con modalità meno rigorose rispetto a quelle dell'Inquisizione Spagnola.[3][4]
A differenza di Napoli, che rifiutò gli ordinamenti politici e militari spagnoli[5] dando vita a numerose rivolte popolari (tanto che l'Inquisizione spagnola non venne mai istituita a Napoli a dispetto del volere di Ferdinando II[6]) in Sicilia l'inquisizione approdò e fu gestita da inquisitori arrivati direttamente dalla Spagna. Il loro potere, di fatto, era superiore a quello dei viceré stessi[7] in materia di procedimenti legali e, ovviamente, superiore all'autorità dei preesistenti giudici e funzionari locali.[8] Assieme al sovvertimento della struttura istituzionale della loro terra, la minaccia di vedere in qualche modo controllate le attività mercantili, finanziarie e commerciali attraverso la censura delle loro vite attuabile dal Tribunale ecclesiastico, l'Inquisizione si rese subito invisa al popolo siciliano ancor prima che le attività persecutorie avessero materialmente luogo.[9]
L'inquisizione siciliana dipendeva direttamente da quella spagnola e operava in assoluta autonomia dalla Santa Sede romana. Paolo III, a differenza dei suoi predecessori Innocenzo VIII, Alessandro VI e Giulio II che non si opposero all'autonomia dell'Inquisizione siciliana dalla Santa Sede, fu ostile all'Istituzione del tribunale nel Regno e appoggiò i napoletani. A capo del tribunale siciliano era preposto un inquisitore generale spagnolo mentre gli altri componenti venivano nominati dal viceré. Ad esempio, a metà del XVII secolo era inquisitore generale di Sicilia lo spagnolo monsignor D. Diego Garsia Trasmiera.[10]
Nel tribunale i primi a operare come giudici furono i Padri Domenicani. Nel 1513 il compito fu affidato ai religiosi Regolari. Il declino del potere dell'Inquisizione in Sicilia cominciò molto lentamente a partire dal 1592 quando il viceré Duca d'Alba ottenne da Filippo II che tutti gli arruolati nella congregazione de' famigliari del Sant'Uffizio (nobili, cavalieri, generali e altri aristocratici siciliani) perdessero i privilegi economici e prerogative fino ad allora concessi, che gravavano pesantemente sull'amministrazione dello stato[11]. I commissari del sant'Uffizio e coloro che vi si affiliavano come famigliari erano inoltre dispensati dalle leggi restrittive sul porto d'armi e godevano di immunità dalla giustizia regia.[12] Con decreto regio del 6 marzo 1782, dopo oltre 500 anni dall'introduzione, Ferdinando III di Sicilia, disponeva l'abolizione dell'Inquisizione nell'isola.
Scopi del Tribunale
Lo scopo del tribunale era mettere a tacere uomini di "tenace concetto" ossia recidivi peccatori della morale, eretici o comunque agitatori, sobillatori e diffusori di idee e stili di vita, credenze e superstizioni, contrari alla conservazione della fede cattolica. A differenza dei tribunali romani, non vennero svolti quasi mai processi in cui venivano dibattute teorie teologiche. Malgrado alcuni scontri col potere laico, anche in Sicilia il Tribunale ecclesiastico viene considerato da alcuni storici come una struttura ufficiale di governo.[13]
Le condanne
Gli scritti di Gerolamo Matranga
Il padre teatino Gerolamo Matranga (1605-1679) Chierico Regolare Palermitano qualificatore, fu per circa 40 anni censore del Sant'Uffizio e partecipò alle decisioni del Tribunale[14] tenendo dei resoconti scritti di carattere ufficiale dove dà testimonianza involontaria delle persecuzioni, torture e violenze del Sant'Uffizio a Palermo.
I reati per i quali si veniva processati erano ovviamente l'eresia (eresie luterane, ebraismo) ma anche la bestemmia, la stregoneria, l'adulterio, l'usura. Su 32 inquisiti nell'anno 1658, 13 sono bestemmiatori ereticali, 9 ingannatori (maghi, indovini) e 5 bigami e un sacerdote per detenzione di libri magici.
Descrive l'auto-da-fè ossia la pubblica esecuzione della sentenza.[15]
Le prigioni di palazzo Steri a Palermo
Nelle prigioni del Palazzo Chiaramonte-Steri a Palermo, dove per quasi tre secoli gli inquisitori interrogarono, torturarono e uccisero uomini e donne, tra ebrei o semplici sospetti di comportamenti giudaizzanti, frati, suore, innovatori, libertari, nemici dell'ortodossia politica e semplici poveracci, rimangono preziosi graffiti dei carcerati, testimonianza unica delle sofferenze patite.[16]
Il sistema carcerario e inquisitoriale di Monreale antica
Monreale, la cui urbanizzazione comincia nel Duecento attorno al medievale duomo (1176), fatto erigere dal re Guglielmo II d'Altavilla, ultimo re normanno di Sicilia, è stata sede inquisitoria di primo piano, riguardante tutto quanto l'esteso territorio che afferiva a questo antico Stato feudale retto dal suo Arcivescovo-Abate.
La distruzione degli atti e le Relaciones de causas
Leonardo Sciascia nel suo saggioMorte dell'Inquisitore esegue un'indagine diretta delle fonti e riferisce della difficoltà di reperire informazioni sull'attività del tribunale dell'Inquisizione in Sicilia soprattutto a causa di incendi involontari e volontari come quello che distrusse l'archivio del Sant'Offizio palermitano, ordinato dal viceré di SiciliaDomenico Caracciolo circa un anno dopo la chiusura del tribunale.[17] Della stessa opinione il Dollo.[14]
Lo studio e la ricostruzione dei processi (4.500 in tutto) e delle vicende hanno trovato nuovo fondamentale impulso grazie al ritrovamento e alla digitalizzazione delle relaciones de causas, sunti dei processi che i tribunali periferici dell'Inquisizione spagnola dovevano inviare al Consejo de la Suprema y General Inquisición di Madrid.[18][19]
I numeri
Secondo P. Tamburini nel solo anno 1546 (settimo inquisitore generale il cardinale Loaise) i quindici tribunali attivi condannarono 120 persone al rogo, 60 in effigie e 600 a penitenze minori.[6] Secondo altri storici di fine Settecento, dal 1487, anno di istituzione del Tribunale in Sicilia, al 1732 furono inviati al braccio secolare e bruciati o condannati ad altra pena di morte 201 persone, 279 rilasciati perché morti o contumaci.[20]
La Sicilia fu la regione italiana nella quale più donne vennero condotte al rogo per ordine della Santa Inquisizione. Il primo processo inquisitorio tenutosi nell'isola ebbe luogo ad Avola. Come Benedetto di Baronato ci tramanda, la prima donna inquisita, che rispondeva al nome di Maria Luisa Mangano, venne accusata formalmente di adulterio dal tribunale. Un'ora dopo l'accusa venne condotta al cospetto del Pilato, il quale diede ordine immediato di tortura con lo scopo di ottenere una confessione. Il susseguente processo durò meno di un'ora. I testimoni ci tramandano che più di 1500 donne siciliane subirono la stessa sorte.[senza fonte] Altro episodio celebre di donna condannata al rogo è quello di Francesca Buccheri la Cirneca, criptogiudea di Militello in Val di Noto uccisa agli inizi del '500.
^Giovanni Cucinotta, Ieri e oggi Sicilia: storia, cultura, problemi, Pellegrini Editore, 1996 ISBN 88-8101-027-5, 9788881010271.
^Pietro Tamburini, Storia generale dell'Inquisizione, 1866, Originale disponibile presso la Biblioteca Pubblica di New York.
^Simona Giurato, La Sicilia di Ferdinando il Cattolico: tradizioni politiche e conflitto tra Quattrocento e Cinquecento (1468-1523), Rubbettino Editore srl, 2003 ISBN 88-498-0724-4, 9788849807240.
^Di Pietro Lanza Scordia, principe di Pietro Lanza Scordia, Considerazioni sulla storia di Sicilia dal 1532 al 1789: daservir d'aggiunte e di chiose al botta, pubblicato da A. Muratori, 1836, Originale disponibile presso la Harvard University.
^abPietro Tamburini, Storia generale dell'Inquisizione, 1866, Originale disponibile presso la Biblioteca Pubblica di New York.
^Francesco Renda, L'Inquisizione in Sicilia. I fatti. Le persone, Palermo, Sellerio, 1997.
^F. Renda, L'inquisizione in Sicilia, Palermo, 1997, pp 27-33.
^Riccardo Rosolino, Il peso dell'incertezza. Inquisizione, credito e fiducia nella Sicilia moderna, in "Le Carte e la Storia, Rivista di storia delle istituzioni" 2/2021, pp. 35-48, doi: 10.1411/102908.
^Livio Antonielli, Claudio Donati, Corpi armati e ordine pubblico in Italia (XVI-XIX secolo), Seminario di studi, Castello Visconti di San Vito, Somma Lombardo, 10-11 novembre 2000 Edito da Rubbettino Editore srl, 2003 ISBN 88-498-0638-8, 9788849806380.
^abCorrado Dollo (con inediti di G. Moleto, M. Malpighi, J. Caramuel), Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola, pubblicato da Guida Editori, 1984.
^Gerolamo Matranga, Racconto dell'atto pubblico di fede celebrato in Palermo, stampato da Nicola Bua, Stampatore del Tribunale della Santa Inquisizione, 1658.
Pasquale Hamel, Il sogno di un illuminista, Palermo, La Zisa, 1995
Antonio Di Grado, Vittorio Sciuti Russi - Il "tenace concetto": Leonardo Sciascia, Diego La Matina e l'Inquisizione in Sicilia Atti del Convegno di studi: Racalmuto, 20 e 21 novembre 1994. Pubblicato da S. Sciascia, 1996 Originale disponibile presso la University of Michigan
Mario Siragusa, Radici economiche e sociali della Santa Inquisizione sulle Alte Madonie (secc. XVI-XVII), Leonforte (EN), Lancillotto e Ginevra Editore, 1999