Klaus Kinski nacque a Sopot, cittadina polacca allora facente parte della Città Libera di Danzica da padre polacco, Bruno Nakszynski, di professione medico, e da madre tedesca, Susanne Lutze. Aveva tre fratelli maggiori: Inge, Arne e Hans-Joachim. Si trasferì in seguito a Berlino con la madre, quando il padre era assente da casa per coltivare l'attività di cantante lirico. Nel 1943, all'età di 17 anni, si arruolò nella Wehrmacht, prestando servizio in un'unità di Fallschirmjäger. Nell'inverno del 1944, quando la sua unità fu trasferita nei Paesi Bassi occupati dai tedeschi, fu catturato dall'esercito britannico il suo secondo giorno di combattimento.
Nella sua autobiografia del 1988, affermò di aver deciso di disertare dalla Wehrmacht e di essere stato ricatturato dalle forze tedesche e condannato a morte da una corte marziale prima di fuggire e nascondersi nei boschi, incontrando successivamente una pattuglia britannica che gli sparò al braccio e lo catturò. Dopo essere stato curato per le sue ferite e interrogato, fu trasferito in un campo di prigionieri di guerra a Colchester, nell'Essex. La nave che lo trasportava in Gran Bretagna fu silurata da un sottomarino tedesco, ma arrivò sana e salva.
Qui iniziò la sua attività di recitazione negli spettacoli organizzati per i prigionieri: mentre era internato alla Berechurch Hall di Colchester, Kinski interpretò i suoi primi ruoli sul palcoscenico, prendendo parte a spettacoli di varietà volti a mantenere alto il morale tra i prigionieri. Nel maggio del 1945, alla fine della guerra in Europa, i prigionieri di guerra tedeschi erano ansiosi di tornare a casa. Kinski aveva sentito dire che i prigionieri malati sarebbero stati rimpatriati per primi, e cercò di qualificarsi stando all'aperto nudo di notte, bevendo urina e mangiando sigarette. Rimase comunque in buona salute, e fu rimpatriato in Germania nel 1946. Arrivato a Berlino, apprese che suo padre era morto durante la guerra e che sua madre era stata uccisa in un attacco aereo alleato sulla città.
Fece il suo esordio cinematografico nel secondo dopoguerra, quando ottenne un ruolo minore nella pellicola All'est si muore (1955) del regista László Benedek. Iniziò così una carriera come caratterista, interpretando soprattutto personaggi luciferini e violenti e partecipando a diverse pellicole internazionali, incluso un cammeo ne Il dottor Živago (1965) di David Lean. Nel 1965 partecipò, seppur sempre con un ruolo di contorno, a uno dei classici di Sergio Leone, Per qualche dollaro in più, in cui interpretò Wild, il gobbo della banda dell'Indio. Negli anni successivi l'attore continuò a lavorare in Italia, partecipando a numerosi spaghetti western, in cui interpretò generalmente il ruolo del cattivo. Tra le interpretazioni più significative di questo periodo, quelle di co-protagonista nel ruolo de "El Santo" in Quién sabe? (1966) di Damiano Damiani, del cacciatore di taglie Tigrero ne Il grande silenzio (1968) di Sergio Corbucci, il ruolo di protagonista in E Dio disse a Caino... (1970) di Antonio Margheriti e quello in La tamburina (1984).
Dagli anni settanta cominciò la collaborazione con il regista tedesco (ed ex coinquilino negli anni giovanili) Werner Herzog, che lo scelse come protagonista di cinque dei suoi film e lo portò a conquistare fama internazionale: Aguirre, furore di Dio (1972), Woyzeck (1979), Nosferatu, il principe della notte (1979), Fitzcarraldo (1982) e Cobra Verde (1987)[2]. Sono nella storia del cinema le discussioni, anche violente, che Kinski provocava frequentemente col regista sul set, che tuttavia non impedirono il prosieguo di questo sodalizio, basato su un'alta considerazione reciproca e sul desiderio di sperimentazione espressiva, fino alla morte dell'attore. Rimangono nella storia del cinema almeno due delle sue interpretazioni, quella di Aguirre, il folle conquistador che, spinto dalla sua sete di ricchezza alla ricerca della fantomatica città di El Dorado, troverà la morte in preda alla follia più oscura, e quella di Nosferatu nel rifacimento del capolavoro del 1922, Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau.
Lasciò come regista una sola opera: Kinski Paganini (1989), un film dedicato al celebre violinista Niccolò Paganini, ma avente al contempo anche intenzioni autobiografiche e realizzato con uno stile sperimentale, bizzarro e ultramoderno che ne fece nel tempo un vero cult movie. Dopo la morte di Kinski, Herzog produsse un lungo documentario dal titolo Kinski, il mio nemico più caro (1999), nel quale raccontò il loro sodalizio e descrisse la figura del suo amico utilizzando numerosi spezzoni di riprese fatte sui diversi set cinematografici e interviste con attori che recitarono con Kinski a teatro. L'attore tedesco morì di infarto a Lagunitas, in California, a 65 anni. Le sue ceneri furono sparse nell'oceano Pacifico.
Vita privata
Kinski fu sposato tre volte: dal 1952 al 1955 con Gislinde Kühbeck, dalla quale ebbe la figlia Pola; dal 1960 al 1971 con Brigitte Ruth Tocki, dalla quale ebbe la figlia Nastassja; dal 1971 al 1979 con Minhoi Geneviève Loanic, dalla quale ebbe il figlio Nikolai. Dal 1987 al 1990 ebbe una relazione con l'attrice italiana Debora Caprioglio, presentata sempre come sua moglie ma in realtà mai sposata. Per alimentare le voci di un loro matrimonio l'attrice fu accreditata come Debora Kinski nei film Kinski Paganini dello stesso Kinski e La maschera del demonio (1989) di Lamberto Bava, girato subito dopo.
Controversie
Nel gennaio 2013, a oltre 21 anni dalla scomparsa dell'attore, la figlia maggiore di Kinski, Pola Kinski, ha denunciato nel suo libro Kindermund (Parole di bambini) di essere stata abusata sessualmente dal padre dall'età di 5 anni fino ai 19.[3][4]
In un'intervista pubblicata dal tabloid tedesco Bild il 13 gennaio 2013,[5] la figlia minore di Kinski e sorellastra di Pola, Nastassja, disse che il padre l'avrebbe abbracciata in modo sessuale quando aveva 4-5 anni, ma che non ha mai avuto rapporti sessuali con lei. Nastassja ha espresso il suo sostegno a Pola e ha detto di aver sempre avuto paura del padre, che ha descritto come un tiranno imprevedibile.
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Doppiatori italiani
Nelle versioni in italiano dei suoi film, Klaus Kinski è stato doppiato da:
Sergio Graziani in Quien sabe?,Ognuno per sé, I bastardi, La legge dei gangsters, A doppia faccia, E Dio disse a Caino..., Nella stretta morsa del ragno, L'occhio del ragno, Black Killer, La mano che nutre la morte, Le amanti del mostro, Un genio, due compari, un pollo, L'importante è amare, Nosferatu, il principe della notte, Woyzeck
Giancarlo Maestri in Tiro a segno per uccidere, Il grande silenzio, 5 per l'inferno, Sono Sartana, il vostro becchino, Il dito nella piaga, Arcobaleno selvaggio
Virginio Gazzolo in L'uomo, l'orgoglio, la vendetta, Appuntamento col disonore, La vendetta è un piatto che si serve freddo, Il venditore di morte
Gianfranco Bellini in Due volte Giuda, Giù la testa... hombre!, Il mio nome è Shangai Joe
Michele Kalamera in Che botte ragazzi!, Erotico profondo, La tamburina
Dario Penne in Commando Leopard, Cobra Verde, Nosferatu a Venezia
Renato Izzo in Giorni di fuoco, ...se incontri Sartana prega per la tua morte
Cesare Barbetti in Il dottor Živago, La mano spietata della legge
Giacomo Piperno in Ad ogni costo, Prega il morto e ammazza il vivo
Nando Gazzolo in Justine, ovvero le disavventure della virtù, La belva
Luciano Melani in I Leopardi di Churchill, Il ritorno di Clint il solitario
Pino Colizzi in La notte dei falchi, I cacciatori del tempo
Stefano Loparco, La maschera nera di Klaus Kinski, su Fascination Cinema. URL consultato il 29 marzo 2014 (archiviato dall'url originale il 13 aprile 2014).