L'io narrante ricorda un periodo di vacanza estiva trascorso in un albergo del Tirolo. L'afa è insopportabile, il cielo è plumbeo e il protagonista spera nell'arrivo della pioggia. Vicino a lui una giovane donna, in vacanza con i genitori, sembra manifestare la stessa speranza; il protagonista sente attrazione per questa fanciulla. La pioggia tarda a venire e il narratore si addormenta su una sedia a sdraio nella veranda. Si sveglia a notte fonda; la pioggia non è ancora arrivata e l'uomo ritorna nella sua stanza. Qui trova la fanciulla. Il protagonista bacia appassionatamente la fanciulla, ma interrompe i contatti con lei quando si rende conto che la giovane, la quale ha gli occhi chiusi e si comporta con una strana apatia, è affetta da sonnambulismo. Scoppia un temporale; un tuono sveglia la fanciulla la quale fugge via dalla stanza, spaventata. L'indomani il protagonista vede nuovamente la giovane donna mentre fa colazione assieme ai genitori; il protagonista la scruta con attenzione «alla ricerca di un moto di eccitazione o di vergogna»[1]; ma dal comportamento della ragazza è evidente come non le sia rimasta memoria dell'episodio avvenuto durante la notte, tranne forse una leggera sensazione di inquietudine che il narratore crede di percepire.
«Come tanti altri scrittori tedeschi Zweig si è sentito prigioniero del pronome personale, murato in quella specie di Empire State Building che per Freud è l'Io, con le sue terrazze, i suoi piani intermedi, le sue cantine e i suoi ascensori che salgono e scendono incessantemente dal Superego all'Es. [...] Sebbene sia un sensibile pittore di paesaggi, nei suoi racconti gli esterni non hanno alcuna autonomia. Per lui anche la natura è in definitiva un interno, una proiezione cinematografica che si svolge in una sala del grattacielo. Al punto che in un racconto famoso, «La donna e il paesaggio», il cielo si esibisce, durante un uragano estivo, in una furibonda copula con la terra, la penetra, la stupra e infine riprende la sua lontananza siderale appena torna a risplendere il sole.»
Il racconto è apparso la prima volta nel 1922 sul giornale Neue Freie Presse; fu pubblicato in volume poche settimane più tardi, nella raccolta di novelle Amok: Novellen einer Leidenschaft. Una edizione in lingua italiana, con la traduzione di Barbara Griffini, nella raccolta Notte fantastica curata da Cinzia Romani fu edita nel 1993 da Frassinelli. Una nuova traduzione, ad opera di Ada Vigliani, è stata pubblicata nella raccolta Notte fantastica edita nel 2012 da Adelphi.
Stefan Zweig, «Die Frau und die Landschaft». In: Amok: Novellen einer Leidenschaft, Leipzig: Insel-Verlag, 1922
«La donna e il paesaggio». In: Stefan Zweig, Notte fantastica; traduzione di Barbara Griffini; a cura di Cinzia Romani, Como: Frassinelli, 1992, ISBN 88-7684-229-2
Stefan Zweig, Notte fantastica; traduzione di Ada Vigliani. Contiene: «La donna e il paesaggio»; «Notte fantastica»; «Il vicolo al chiaro di luna»; «Leporella». Collana Piccola biblioteca Adelphi n. 636 Milano: Adelphi, 2012, ISBN 978-88-459-2723-2
Note
^«La donna e il paesaggio», traduzione di Ada Vigliani, Adelphi, 2012