L'area nella quale fu costruito, a sud della piramide di Amenenhat III,[3] doveva aggirarsi intorno ai 70000 m² su questi furono edificate 3.000 stanze in due piani,[1] uno dei quali sotterraneo, e dodici cortili.[1] Sembra che il suo scopo principale fosse di tipo religioso.
Storici antichi hanno descritto il Labirinto, quali Diodoro Siculo, Strabone ed Erodoto,[4] di cui purtroppo ci sono pervenuti solo pochi frammenti.[1]
A Karanis, oggi Kôm Aushin, è stata rinvenuto un tempio dedicato a Petesuchos Pnepheros presunto architetto del Labirinto secondo Plinio.[5]
Il Labirinto fu scoperto nel 1888 da Flinders Petrie[6] che lo esplorò prima e durante il 1911 e dove rinvenne i nomi di Amenemhet III e della figlia Sebeknofru.[4] Nel complesso sono stati ritrovati frammenti di due colossali statue del sovrano assiso, delle quali però rimangono solo i piedistalli.[7]
Queste enormi basamenti sono detti i Colossi di Biahmu, dal nome del sito e non devono essere confusi con i Colossi di Memnone.[1]
Del Tempio funerario sono rimasti solo poche rovine e frammenti di colonne in granito, [8] essendo stato utilizzato come cava di pietra fin dal tempo dei Romani. [9] Inoltre, i suoi blocchi sono stati riutilizzati fin dal 1888 per le costruzioni del Fayyum.[6] Scavi archeologici recenti stanno ricostruendo la complessa e complicata planimetria dell'edificio.[1]
Descrizione di Erodoto
Divenne famoso per la seguente descrizione fattane da Erodoto:
«Stabilirono, poi, anche di lasciare un monumento a ricordo del comune dominio e, quando l'ebbero deciso, costruirono il Labirinto, che si trova un po' sopra il lago Meri, press'a poco all'altezza di quella che è detta la «città dei coccodrilli». L'ho visto io stesso ed è superiore a quanto si possa dire: poiché se si facesse un calcolo di tutte le costruzioni dei Greci e delle loro opere d'arte, apparirebbero certo di minore impegno e di meno grave spesa che non questo labirinto; eppure, il tempio di Efeso e quello di Samo sono ben degni di essere ricordati. Già le piramidi erano al disopra di ogni possibile descrizione e ognuna di esse degna di essere confrontata con molte e grandi opere greche, ma il Labirinto vince il confronto anche con le piramidi. In esso, infatti, vi sono dodici cortili coperti, con le porte di fronte l'una all'altra; sei rivolte a nord, sei aperte verso sud; e i cortili sono contigui, e un muro unico li recinge all'esterno. Vi sono due ordini di stanze, parte sotterranee, parte sul livello del suolo sopra le prime: in numero di 3000; 1500 per ordine. Le stanze superiori le abbiamo viste noi stessi passando da una all'altra e ne parliamo per averle visitate, ma di quelle sotterranee abbiamo solo informazioni per sentito dire; poiché quelli degli Egiziani che vi sovraintendono non hanno voluto assolutamente farcele vedere, dicendo che ci sono le tombe dei re che fin dall'inizio costruirono questo labirinto e dei coccodrilli sacri. Così, delle sale che sono sotto terra diciamo solo quanto abbiamo sentito dire; ma le sale sopraelevate noi stessi abbiamo constatato che sono superiori a ogni umano lavoro. Infatti, il cammino per uscire dalle stanze che si attraversano, gli andirivieni che sono molto tortuosi per attraversare i cortili, ci davano motivo di straordinaria meraviglia, quando passavamo dal cortile alle sale e dalle sale nei portici; e poi dai portici in altre stanze e dalle stanze in altri cortili. Il tetto di tutte queste costruzioni è di pietra, come anche i muri; questi, poi, sono coperti di figure incise; ogni cortile è circondato da colonne di pietre bianche, connesse tra loro alla perfezione. Vicino all'angolo dove ha termine il Labirinto, s'eleva una piramide alta quaranta orge, sulla quale sono scolpiti degli animali di grandi dimensioni; la via che porta a essa è stata scavata sotto terra[10].»
«In prossimità del primo sbocco del canale, procedendo per circa trenta o quaranta stadi, si allarga un tratto pianeggiante, di forma vagamente trapezoidale, in cui si trovano un villaggio e una grande reggia composta da numerosi ambienti, tanti quanti erano un tempo i nomoi; altrettanti sono i cortili circondati da colonne, l'uno dietro l'altro e tutti allineati in un'unica fila su uno solo dei muri, quasi si trattasse di un lungo muro che rechi dei cortili appoggiati sulla facciata. Le vie che portano fin lì vanno a terminarvi proprio di fronte. Davanti agli ingressi si aprono numerose e lunghe gallerie sotterranee, collegate fra loro da tortuosi passaggi; sicché senza guide per nessun visitatore è possibile entrare e uscire dallo stesso cortile. Ma la cosa straordinaria è che i tetti di ciascun ambiente sono fatti di un'unica pietra e che, alla stessa stregua, le gallerie sono ricoperte per tutta la loro ampiezza da lastre monolitiche di eccezionale grandezza, senza travature di legno o di altro materiale[11].»
Descrizione di Plinio il Vecchio
«Parliamo anche dei labirinti, l'opera forse più portentosa in cui l'uomo ha profuso i suoi beni - comunque non sono qualcosa di inesistente, come pure si potrebbe credere. Ne sopravvive tuttora in Egitto uno nel distretto di Eracleopoli: fu il primo ad essere costruito, come tramandano, 3600 anni fa, dal re Petesuco o Titoe - anche se Erodoto afferma che il complesso dell'edificio sarebbe stato opera di dodici faraoni, ultimo dei quali Psammetico. Varie sono le ragioni suggerite per spiegarne la costruzione. Demotele dice che sarebbe stato la reggia di Moteride, Licea il sepolcro di Meride; parecchi infine pensano - ed è l'opinione più diffusa - che fosse un tempio consacrato al Sole. Non c'è dubbio, comunque, che Dedalo prese questo come modello del labirinto che costruì a Creta, ma ne imitò soltanto la centesima parte che contiene giravolte e andirivieni inestricabili: non è come vediamo raffigurato nei pavimenti o nei giochi dei bambini in Campo Marzio, dove in breve spazio si sviluppa un itinerario di parecchie miglia, bensì vi sono aperte parecchie porte, che traggono in errore chi cerca di andare avanti e fanno tornare sempre agli stessi percorsi sbagliati. Questo di Creta fu il secondo labirinto dopo quello d'Egitto, il terzo fu a Lemno ed il quarto in Italia, tutti coperti da tetti di pietra levigata; quello egiziano poi - cosa che mi lascia sorpreso - ha il vestibolo e le colonne di pietra paria, mentre il resto è fatto di blocchi di sienite che nemmeno i secoli potrebbero disgregare, pur col concorso degli Eracleopolitani, che hanno guardato il monumento con occhio singolarmente ostile.
Non è possibile descriverne nei dettagli la dislocazione e le parti: è suddiviso in regioni ed in prefetture, chiamate distretti (nomoi) di cui ventuno nomi sono riferiti ad altrettanti vasti edifici: inoltre contiene i templi di tutti gli dèi egiziani; ancora Nemesi ha eretto all'interno dei quaranta tempietti parecchie piramidi, ciascuna alta quaranta cubiti con un'area di sei arourai alla base. E quando si è già stanchi di camminare, che si arriva a quell'inestricabile andirivieni di percorsi; ci sono anzi anche sale conviviali cui si accede superando dei pendii, e poi si percorrono portici in discesa con novanta gradini. All'interno stanno colonne di porfido, statue di divinità e di re e figure di mostri. Alcuni edifici sono organizzati in modo tale che, quando si aprono le porte, all'interno si leva un boato terribile e quando li si attraversa la maggior parte del percorso si svolge nelle tenebre. Altre imponenti costruzioni si trovano all'esterno delle mura del labirinto: si chiamano pteron. Infine ci sono alloggi a cui si arriva attraverso cunicoli scavati nella terra. Gli unici rifacimenti, di poco conto, li fece Cheremone, un eunuco del re Nectebi, cinquant'anni prima di Alessandro Magno; secondo un'ulteriore notizia della tradizione, egli avrebbe fatto armature di sostegno con travi di spina bollita nell'olio, intanto che si collocavano blocchi di pietre squadrate per le volte[12].»
Note
^abcdefMaurizio Damiano-Appia, Dizionario enciclopedico dell'antico Egitto e delle civiltà nubiane, pag. 164