Con l'espressione leader dell'Unione Sovietica sono indicati coloro che nel corso della storia dell'URSS hanno detenuto de facto una posizione individuale di vertice, pur essendo il sistema sovietico improntato al principio della leadership collettiva.[1]
La successione di Stalin aprì una fase di dualismo tra il nuovo capo del governo, Georgij Malenkov, e il primo segretario del PCUS, Nikita Chruščёv, che si risolse a vantaggio di quest'ultimo, riconfermando il ruolo a capo del partito come posizione di principale potere nel Paese.[3]
A succedergli in tale ruolo, nel 1964, fu Leonid Brežnev, che tredici anni più tardi acquisì anche il ruolo di presidente del Presidium del Soviet Supremo. Da allora in poi tutti i successivi leader dell'URSS rivestirono il doppio ruolo di segretario del PCUS e presidente del Presidium.[4]
Nel periodo di profondi cambiamenti che si registrarono negli ultimi anni di esistenza dell'URSS, il leader Michail Gorbačëv, oltre a mantenere il ruolo di segretario del PCUS, passò da presidente del presidium a presidente del Soviet Supremo dopo l'abolizione della prima carica,[5] e fu in seguito eletto al nuovo ufficio di presidente dell'Unione Sovietica.[6]
(EN) Peter Frank, The Soviet Union, in Martin McCauley, Stephen Carter (a cura di), Leadership and Succession in the Soviet Union, Eastern Europe and China, Armonk, M. E. Sharpe, 1986, pp. 16-28, ISBN0-87332-347-5.
(RU) A. S. Orlov, V. A. Georgiev, N. G. Georgieva, T. A. Sivochina, Istorija Rossii: učebnik [Storia della Russia: manuale], 4ª edizione, Mosca, Prospekt, 2014, pp. 528, ISBN978-5-392-11554-9.