Era la figlia di Anne-Françoise-Marie Boisdeveix e Claude-Étienne Laridon Duplessis, ufficiale del tesoro. Aveva una sorella minore, Adèle, che fu per breve tempo fidanzata con Maximilien Robespierre. Ragazza civettuola ancora sognante, a volte morbosa, Lucile era affascinata dalla figura tragica di Maria Stuarda, regina di Scozia. Immaginò, molto profeticamente, che anche lei sarebbe morta giovane. Aveva un'ammirazione illimitata per il ministro delle finanze Jacques Necker e odiava la regina Maria Antonietta.[1]
All'età di tredici anni, mentre passeggiava ai Jardins du Luxembourg con la madre, incontrò per la prima volta Camille Desmoulins, che diventò il suo precettore e che avrà più avanti un ruolo di primo piano nella rivoluzione francese tra le file dei Cordiglieri. Desmoulins se ne invaghì presto, ma dovette subire vari rifiuti del padre della fanciulla, che rifiutava di concederne la mano a causa delle scarse disponibilità finanziarie del giovane. Infine Claude-Étienne Duplessis accettò, visti i discreti proventi dell'attività giornalistica del pretendente.[2]
Lucile sposò Desmoulins il 29 dicembre 1790 nella Chiesa di Saint-Sulpice a Parigi. L'unico figlio, Horace-Camille, nacque il 6 luglio 1792. Robespierre fece da padrino al bambino e rimane un amico intimo della famiglia fino all'arresto di Camille, avvenuto il 31 marzo 1794 assieme a quello, tra gli altri, del comune amico Danton.
Mentre il marito si trovava alla Conciergerie la donna non si dava pace. Iniziò una lettera da inviare a Robespierre in cui, in nome dell'antica amicizia, chiedeva la grazia per il proprio sposo. La missiva, tuttavia, non fu spedita, forse perché Lucile si rese conto dell'impossibilità, da parte dell'Incorruttibile, di agire, o in ogni caso perché disperava di una soluzione positiva.[3]
Il 4 aprile, inoltre, Alexandre de Laflotte, prigioniero al Luxembourg, denunciò un complotto volto a liberare i dantonisti con una sollevazione popolare. Lui stesso aveva finto di entrare a farne parte, prima di segnalarlo ai comitati di salute pubblica e di sicurezza generale.[4] Nell'affare, condotto dal generale Arthur Dillon, fu coinvolta anche Lucile: Dillon, nelle confidenze carpitegli da Laflotte, aveva dichiarato di aver girato alla donna una somma affinché riuscisse a condurre più persone possibile al tribunale rivoluzionario.[5]
Arrestata, dirà al tribunale di essere felice di morire per "essere mandata da mio marito". Durante la prigionia, confortò Marie Marguerite Françoise Hébert, la vedova di Jacques Hébert, l'editore de Le Père Duchesne. Lucile fu mandata alla ghigliottina con lei il 13 aprile 1794. Le descrizioni dei contemporanei riportano che ella salì coraggiosamente e con calma al patibolo.
Lucile avrebbe provocato il suo arresto correndo in strada e gridando «vive le roi!» (viva il re!). Questo ha fornito ispirazione per l'opera di MassenetThérèse.