Attorno al 1590 si ritirò nella sua città natale di Cuenca dove si dedicò alla difesa della sua principale opera teologica, il De concordia liberi arbitrii cum divinae gratiae donis, pubblicato a Lisbona nel 1588, in cui aveva esposto un'originale teoria soteriologica sul rapporto tra libero arbitrio e grazia divina. Questa teoria era scaturita dalle riflessioni circa le tesi sulla grazia da parte della Riforma protestante. In reazione alla dottrina luterana e in opposizione alla teoria agostiniana, Molina, rifacendosi parzialmente alle posizioni pelagiane, reinterpretò il rapporto tra libertà individuale e grazia divina sostenendo che quest'ultima era efficace unicamente in virtù dello sforzo della volontà umana e del consenso al bene; veniva anche indagata la relazione tra libertà individuale con la prescienza e la predestinazione.
L'accento posto sulla volontà umana ai fini dell'azione della grazia divina, scaturito dalla riflessione circa le teorie protestanti sulla grazia, fu considerato però eccessivo e suscitò l'accesa reazione dei teologi cattolici dell'Università di Salamanca e dei domenicani, che definirono eretiche queste teorie che invece vennero accolte e sostenute da tutti i maggiori teologi gesuiti.
Nel 1596papa Clemente VIII, tendenzialmente favorevole alla tesi di Molina, avocò a sé la questione molinista e nominò una commissione definita Congregazione de auxiliis, per dirimerla definitivamente; era difeso da Gregorio di Valencia, mentre i domenicani erano rappresentati da Tomas de Lemos. La morte del pontefice rimandò la sentenza al suo successore Paolo V che, sentiti i pareri di due eminenti teologi Francesco di Sales e Roberto Bellarmino, pose fine alla controversia senza decretare vincitori e vinti.
Notevole fu anche il contributo di Molina alla dottrina giuridica dell'epoca: nel suo De iustitia et iure (1593–1609) trattò dei rapporti tra stato e Chiesa e accennò ai problemi economici del suo tempo.
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Ludovici Molinae vitae morumque brevis adumbratio atque operum conspectus, nel tomo I dell'ed. De justitia et jure, Colonia, 1733.
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