Massacro di Granada
Il massacro di Granada avvenne il 30 dicembre 1066 (9 Tevet 4827) quando una folla di musulmani assaltò il palazzo reale di Granada, allora governata dai musulmani di al-Andalus, assassinando Joseph ibn Naghrela,[1] il visir ebreo del sultano ziride Badis ibn Habus, e massacrando gran parte della popolazione ebraica della città.[2][3]
Storia
Il 30 dicembre 1066 (9 Tevet 4827), una folla di musulmani inferociti, diede l'assalto al palazzo reale dove si era rifugiato Joseph e lo uccise mediante crocifissione. Nel conseguente massacro della popolazione ebraica, molti degli ebrei di Granada vennero assassinati. Nel 1906 la Jewish Encyclopedia affermava che "Più di 1500 famiglie ebree, e oltre 4000 persone, caddero in un solo giorno".[4] L'edizione del 1971 non precisa invece il numero dei morti.[5]
L'episodio fu caratterizzato da un pogrom. Walter Laqueur scrisse: "Gli ebrei non potevano di regola ottenere una carica pubblica (come al solito ci sono le eccezioni), e ci sono stati pogrom occasionali, come ad esempio quello di Granada del 1066."[6]
Secondo lo storico Bernard Lewis, il massacro viene "di solito attribuito ad una reazione della popolazione musulmana contro un potente visir, che ostentava la sua appartenenza ebraica".[7] Lewis scrisse:
«Particolarmente istruttivo a questo riguardo è un antico poema antisemita di Abu Ishaq, scritto a Granada nel 1066. Questa poesia, che si dice sia stata uno strumento che provocò la rivolta antiebraica dello stesso anno, contiene le seguenti riflessioni:
- Ucciderli non è considerata una violazione della fede, violazione sarebbe lasciarli andare avanti.
- Hanno violato la nostra alleanza con loro, come si può essere condannati per andare contro i trasgressori?
- Come può esistere un qualsiasi patto quando noi siamo insignificanti e loro primeggiano?
- Ora siamo umili, nei loro confronti, come se fossimo dalla parte del torto e loro avessero ragione![8]»
Lewis continua: "Diatribe come quelle narrate da Abu Ishaq e massacri come quello di Granada del 1066, sono rari nella storia dell'Islam".[8]
Note
- ^ Sua moglie riuscì a fuggire a Lucena, portando con sé il figlio Azariah, dove venne aiutata dalla comunità locale. Azariah morì poi in giovanissima età.
- ^ Lucien Gubbay, Sunlight and Shadow: The Jewish Experience of Islam, New York, Other Press, 1999, p. 80, ISBN 1-892746-69-7.
- ^ Norman Roth, Jews, Visigoths, and Muslims in Medieval Spain: Cooperation and Conflict, Netherlands, E. J. Brill, 1994, p. 110, ISBN 90-04-09971-9.
- ^ Granada by Richard Gottheil, Meyer Kayserling, Jewish Encyclopedia. 1906 ed.
- ^ Jewish Encyclopedia, edizione del 1971
- ^ Walter Laqueur, The changing face of antisemitism: from ancient times to the present day, New York, Oxford University Press, 2006, p. 68, ISBN 978-0-19-530429-9, LCCN 2005030491, OCLC 62127914.
- ^ Bernard Lewis, The Jews of Islam, Princeton, New Jersey, Princeton University Press, 1987 [1984], p. 54, ISBN 978-0-691-00807-3, LCCN 8442575, OCLC 17588445.
- ^ a b Bernard Lewis, The Jews of Islam, Princeton, Princeton University Press, 1987 [1984], pp. 44–45, ISBN 978-0-691-00807-3, LCCN 8442575, OCLC 17588445.
Bibliografia
- Munk, Notice sur Abou'l Walid, pp. 94 et seq.;
- Dozy, R. Geschichte der Mauren in Spanien, German ed., ii. 300 et seq.;
- Grätz, Geschichte vi. 55 et seq., 415 et seq.;
- Ersch & Gruber, Encyclopedia section ii., part 31, p. 86.;
- Medieval Sourcebook: Abraham Ibn Daud: On Samuel Ha-Nagid, Vizier of Granada, 11 Cent, su fordham.edu. URL consultato il 31 gennaio 2013 (archiviato dall'url originale il 4 dicembre 2010).
- Nagdela (Nagrela), Abu Husain Joseph Ibn by Richard Gottheil, Meyer Kayserling, Jewish Encyclopedia. 1906 ed.
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