Nazir di Agra nacque nel 1740 a Delhi,[2] che abbandonò, insieme a sua madre e sua nonna, per trasferirsi ad Akbarabad nel 1758.[3]
Suo padre era Mohammad Farooq e sua madre era la figlia di Nawab Sultan Khan, il governatore del Forte rosso di Agra.[2][3]
Durante la sua carriera letteraria furono pubblicati seicento dei suoi ghazal, anche se è più conosciuto ed apprezzato per i suoi nazm, deve la sua popolarità a loro ed è considerato il "padre dei nazm".[2][3] Sono circa seimila i versi di Nazir sopravvissuti conservati e pubblicati attualmente.[3]
Nonostante fosse un poeta versatile, non fu mai legato a nessuna corte reale.[2]
Si tenne lontano dai maggiori centri della poesia urdu, dagli scrittori aristocratici e accademici, invece visse in mezzo alla gente comune, in mezzo agli umili e probabilmente per questo motivo il suo genio non è stato riconosciuto durante la sua vita,[2]ma espresse dei versi sinceri, immediati, talvolta rudi, crudi, intrisi di un caldo senso di umanità e di acuti elementi meditativi.[1]
Anche se Nazir non si può considerare un rivoluzionario da un punto di vista sociale, dimostrò di tenere in grande considerazione i valori dell'uguaglianza, delle sofferenze dei poveri, delle ingiustizie.[1]
Questi argomenti risultarono il comune denominatore di molti poemetti di Nazir, e soprattutto ne Il canto dell'uomo (Âdmînâma), nel quale viene descritta la società contemporanea, dal pubblico delle fiere e delle feste popolari, alle meretrici compassionate nella loro condizione morale, agli omosessuali, ai fumatori di hashish.[1]
Un altro tema fondamentale nelle opere di Nazir fu la tristezza per la caducità della vita umana, presente nei poemetti Il poema del commerciante di cereali (Bangiâra-nâma) e ne Il poema del cigno (Hans-nâma), dove sono evidenziate l'inevitabilità della morte e la precarietà delle ricchezze terrestri.[1]
Scrisse nazms riguardanti feste religiose e sociali, come Diwali, Holi, Eid, Shab-e-baraat, sui frutti, sugli animali e uccelli, sulle stagioni, sulle bellezze della natura, sui diversi aspetti della vita umana, come la povertà, le malattie e persino su oggetti inanimati, come la farina, le lenticchie, il cetriolo.[3]
Venne acclamato in seguito, grazie alla rivalutazione della critica letteraria,[1] come il poeta del popolo, a differenza di Mirza Ghalib che ha scritto su e per l'élite,[4] Nazir Akbarabadi ha scritto di eventi e personaggi ordinari, della difficile situazione della gente comune nel loro linguaggio quotidiano,[3] versi che hanno toccato il cuore sia dei musulmani sia degli indù.[4]
Il suo tesoro poetico è ancora disponibile e le sue poesie, come Cronaca di un nomade (Banjaranâma), Cronaca dell'uomo (Aadmi-nâma), sono tra le più lette a scuola e dagli ammiratori della poesia urdu.[2]