Olena Teliha nacque con il nome Elena Ivanovna Šovgeneva (in russoЕлена Ивановна Шовгенева?) nel villaggio di Il'ïns'ke, nei pressi di Mosca in Russia dove i suoi genitori solevano trascorrere le vacanze. Vi sono diversi villaggi con quel nome nei dintorni e non è noto quale esattamente fosse il luogo di nascita di Olena[1]. Il padre era ingegnere civile mentre la madre proveniva da una famiglia di religiosi ortodossi russi.
Nel 1918 la famiglia si trasferì a Kiev dove il padre divenne ministro della neocostituita Repubblica Popolare Ucraina[2]. A Kiev vissero per tutto il periodo della guerra di indipendenza ucraina, quando i bolscevichi presero il potere il padre si trasferì in Cecoslovacchia seguito nel 1923 dal resto della famiglia[1]. Negli anni della Repubblica Popolare Ucraina Olena sviluppò un forte interesse per la lingua e la letteratura ucraina. A Praga frequentò l'istituto pedagogico ucraino[3] dove studiò storia e filologia. Incontrò un gruppo di giovani poeti ucraini e iniziò a comporre poesie.
Nel 1941, Olena e il marito Mychajlo Teliha tornarono a Kiev[4], dove lei proseguì la sua attività come attivista culturale e letteraria guidando l'unione degli scrittori ucraini e pubblicando un settimanale culturale e artistico nazionalista[4] chiamato "Litavry". Molte delle sue attività erano malviste dalle autorità naziste. Nonostante l'arresto dei suoi colleghi del quotidiano Ukrayins'ke Slovo ("mondo ucraino") dal quale dipendeva il suo settimanale, ignorò i rischi e proseguì la sua attività. Rifiutò la fuga dichiarando che mai più sarebbe andata in esilio[2].
Venne infine arrestata dalla Gestapo e uccisa, all'età di 35 anni a Babij Jar, Kiev[1] insieme al marito[4]. Nella cella in cui fu reclusa scrisse sul muro le sue ultime parole: "Qui fu sepolta e da qui andò alla sua morte Olena Teliha".