Gli oriundi d'Italia sono i discendenti degli emigrati italiani che nel corso dei secoli sono espatriati all'estero senza fare più ritorno in Italia. Si stima che il loro numero nel mondo sia compreso tra i 60 e gli 80 milioni.[1]
Nel XIX secolo e nel XX secolo, quasi 30 milioni di italiani hanno lasciato l'Italia con destinazioni principali le Americhe, l'Australia e l'Europa occidentale.[2] Si stima che il numero dei loro discendenti, che sono chiamati "oriundi italiani", sia compreso tra i 60 e gli 80 milioni.[1][3] Sono diffusi in differenti nazioni del mondo: le comunità più numerose sono in Brasile, Argentina, e Stati Uniti d'America. Si consideri che un oriundo può avere anche solo un antenato lontano nato in Italia, quindi la maggioranza degli oriundi ha solo il cognome italiano (e spesso neanche quello) ma non la cittadinanza italiana. In molti Paesi, specialmente del Sud America, le stime sono molto approssimative poiché non esiste alcun tipo di censimento sulle proprie origini (come accade invece negli Stati Uniti o in Canada).
In Italia, nazione in cui il fenomeno dell'emigrazione verso l'estero (soprattutto a cavallo fra il XIX e il XX secolo) si è sviluppato in proporzioni ingenti, il recupero del rapporto con le comunità di origine italiana formatesi nel mondo gode di crescente attenzione. Cominciano a essere emanate norme, particolarmente in ambiti regionali, che prevedono assistenza non più e non solo per coloro che sono nati in Italia e che espatriarono, ma anche per i loro discendenti (appunto gli oriundi), affinché si possa consolidare il legame identitario culturale d'origine. Ne è un esempio la legge della regione Veneto n°2 del 9 gennaio 2003,[4] nella quale si dispongono diverse azioni in favore dell'emigrato, del coniuge superstite e dei discendenti fino alla terza generazione, al fine di «garantire il mantenimento della identità veneta e migliorare la conoscenza della cultura di origine».
Di oriundi si è trattato normativamente anche a proposito di emigrazione interna.[5] A tal proposito raggiunse una certa notorietà il caso della regione Trentino-Alto Adige, il cui vice commissario di governo istituì nel 1955[6] un corso di preparazione per la carica di segretario comunale riservato ai cittadini italiani oriundi della provincia di Bolzano. Causa un ricorso avverso il decreto, fu sollevata una questione di legittimità costituzionale della legge 9 agosto 1954, n. 748, del quale il decreto era l'applicazione; la Corte costituzionale dichiarò infondata la questione[7] consentendo di fatto la prima norma che qualificava giuridicamente l'oriundo e ne ammetteva un trattamento particolare.[8]
Gli oriundi italiani costituiscono una popolazione di proporzioni assai cospicue. Solo in Argentina, secondo una stima,[9] vi sarebbero decine di milioni di oriundi italiani[10] e non meno nutrite sono le comunità negli Stati Uniti d'America e in Brasile, altre principali destinazioni del citato flusso migratorio a cavallo del Novecento. In molti altri Paesi europei le comunità italiane sono diffusamente distribuite, ma almeno nell'area Schengen la caduta di molte barriere nazionalistiche rende assai meno stringente il problema dei rapporti con la madrepatria. I concetti di multietnicità e naturalizzazione nel calcio hanno interessato l'intero mondo, tanto che ai Mondiali 2014 - nelle rose delle 32 Nazionali partecipanti - si contavano 83 oriundi.[11]
Uno degli eventi più sentiti dagli oriundi italiani nelle Americhe è il Columbus Day (it. "Giorno di Colombo"), festa celebrata in molti Paesi per commemorare il giorno dell'arrivo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo il 12 ottobre 1492. Feste simili, celebrate come Día de las Culturas (it. "Giorno delle culture") in Costa Rica, Discovery Day (it. "Giorno della scoperta") nelle Bahamas, Día de la Hispanidad (it. "Giorno della Ispanità") in Spagna, e rinominato da poco (nel 2002) Día de la Resistencia Indígena (it. "Giorno della resistenza indigena") in Venezuela, la Giornata Nazionale di Cristoforo Colombo in Italia,[12] commemorano lo stesso evento. Il Columbus Day è stato celebrato per la prima volta da italiani a San Francisco nel 1869, seguendo le molte celebrazioni legate all'Italia che venivano organizzate a New York. Gli italoamericani sentono molto questa festività e sono particolarmente orgogliosi del fatto che sia stato Cristoforo Colombo, un navigatore italiano, il primo europeo a scoprire il continente americano.
Va precisato che queste stime si riferiscono agli oriundi, e quindi non tengono conto degli italiani residenti all'estero, che sono invece censiti dall'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE)[27].
L'elenco che segue comprende anche Ermanno Aebi, il quale, pur non essendo un oriundo stricto sensu, in quanto nato e residente a Milano da padre svizzero e madre italiana, è comunemente considerato il primo oriundo della storia della Nazionale maggiore.
Nel rugby a 15 la maggior parte è di origine argentina, ma vi sono anche neozelandesi, francesi, sudafricani e australiani. L'elenco che segue contiene solo gli oriundi stricto sensu, ovvero coloro che, pur nati all'estero e titolari di un'altra cittadinanza, hanno diritto a quella italiana per diritto di ascendenza (ovvero, che abbiano un ascendente italiano nel proprio albero genealogico). Non sono quindi ivi compresi coloro che hanno acquisito la cittadinanza italiana per cause varie quali naturalizzazione o matrimonio né coloro che sono idonei a giocare per la Nazionale italiana secondo la normativa dell'International Rugby Board, che permette a qualsiasi giocatore - non preventivamente schierato a livello maggiore per la sua federazione di origine - di poter essere utilizzato a livello internazionale dalla federazione in qualsiasi dei suoi club abbia militato per almeno tre stagioni. In quest'ultimo caso si parla di "equiparati".[30][31]
Ancora più massiccio che nel calcio è stato il ricorso a giocatori oriundi nell'hockey su ghiaccio italiano. E molto numerosi sono i giocatori oriundi (perlopiù canadesi e statunitensi) ad avere indossato la maglia azzurra.
A titolo di esempio, si può citare il roster dell'Italia ai Giochi di Nagano 1998:
In totale, dunque, 15 giocatori su 23 avevano il doppio passaporto. Col tempo il ricorso agli oriundi è stato limitato dalla FISG, restando comunque forte: ancora ai Giochi di Torino 2006, gli oriundi erano 11 (9 canadesi, 2 statunitensi), ai Mondiali dello stesso anno 6.
Nella seguente lista si elencano gli oriundi che hanno vestito la maglia azzurra in competizioni ufficiali. Vengono indicate le edizioni dei Campionati del Mondo[32] e dei Giochi Olimpici Invernali a cui hanno preso parte.
La nazionale di calcio a 5 dell'Italia è storicamente soggetta a casi di naturalizzazione o dell'utilizzo di giocatori oriundi, soprattutto sudamericani. Ha fatto scandalo la rosa della nazionale che nel 2008 partecipò ai Mondiali in Brasile, in quanto era interamente formata da calcettisti nati in Brasile; la cosa mandò su tutte le furie la FIFA. In tale occasione l'Italia perse la semifinale contro la Spagna a causa di una contestata autorete di Adriano Foglia a tempo scaduto; qualora fosse riuscita ad accedere alla finale contro il Brasile si sarebbero affrontate, in Brasile, due rose composte interamente da brasiliani.
^La sentenza in pratica non ravvisava nella norma una sperequazione fra cittadini, in eventuale contrasto con l'art. 3 della Costituzione, bensì proprio una perquazione sostanziale, e quindi la facoltà del legislatore di emanare disposizioni che, pur in apparente contrasto con il dettato egualitario della Carta, agiscano invece applicandolo attraverso un principio di equità sostanziale per casi specifici.
«Se estima que en la actualidad, el 90% de la población argentina tiene alguna ascendencia europea y que al menos 25 millones están relacionados con algún inmigrante de Italia.»
^(ES) Santander Laya-Garrido, Alfonso, Los Italianos forjadores de la nacionalidad y del desarrollo economico en Venezuela, Editorial Vadell. Valencia, 1978.
^Vengono prese in considerazione solo le edizioni in cui la nazionale italiana ha partecipato ai mondiali di Gruppo A o equivalenti. Mancano quindi le edizioni dei campionati di Gruppo B (o I divisione, dopo il 2001) o inferiori.