La costruzione del palazzo cominciò alla fine degli anni Venti ed inaugurò, insieme al coevo Palazzo INCIS, una nuova e cospicua sequenza di realizzazioni pubbliche nell'area meridionale della città, la cui espansione era già iniziata nel XIX secolo con l'apertura di Porta Napoli e l'allungamento del cardo cittadino;[2] sempre all'Ottocento e al rinnovamento urbano successivo all'Unità d'Italia, è da riferirsi la realizzazione del cosiddetto Emiciclo che si staglia alla sinistra del palazzo, opera di Carlo Waldis del 1888.[3]
Il palazzo era destinato ad ospitare l'Opera nazionale balilla, originariamente ipotizzata — dal noto architetto Paolo Vietti Violi — adiacente al complesso polisportivo in costruzione nei pressi del Forte spagnolo.[4] Nel 1928, tuttavia, il sito scelto dal Vietti Violi fu bocciato dall'ispettore di zona[5] ed il nuovo progetto, collocato a lato del viale di Collemaggio, affidato agli ingegneri Luigi Cardilli e Vincenzo Di Nanna dell'ufficio tecnico comunale.[6] I lavori iniziarono l'anno seguente e si conclusero nel giugno del 1932.[2]
L'edificio occupa la porzione occidentale di un lotto quadrangolare, parallelo al viale di Collemaggio. Si presenta come un volume a ferro di cavallo di due livelli adagiato su un basamento rettangolare con una leggera chiusura ad esedra nella parte retrostante verso il giardino, probabile richiamo al vicino Emiciclo. La facciata è suddivisa in tre settori, di cui il centrale aggettante verso la strada, ciascuno dei quali con tre bucature disposte su ciascuno dei tre livelli, ed è caratterizzata da possenti cornicioni e da timpani neorinascimentali. All'interno, il palazzo è caratterizzato da una preziosa pavimentazione costituita da antichi granigliati decorati e gettati in opera.[7]
Lo stile segue le indicazioni dell'architetto Enrico Del Debbio — che curò la realizzazioni di tutte le strutture dell'Opera nazionale balilla — soprattutto per ciò che riguarda l'organizzazione funzionale degli spazi interni, presentandosi esternamente con uno stile decisamente classicista e monumentalista.[5] Lo stesso Cardilli, nella relazione di progetto, dichiara di aver selezionato tra alcune proposte quella più di «stile romano modernizzato».[5]
Note
^Originariamente, Palazzo dell'OND o Casa del Balilla.
^ab Simonetta Ciranna, L’architettura del potere: il rafforzamento del Corso Vittorio Emanuele II e Federico II tra XIX e XX secolo, in Città e Storia, IV, n. 1, Roma, gennaio-giugno 2011, p. 215.
^ab Emiciclo Rinasce, La storia, su emiciclorinasce.it. URL consultato il 14 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2019).
^ Marina Docci, Maria Grazia Turco (a cura di), L'Architettura dell"altra" modernità. Atti del XXVI Congresso di Storia dell'Architettura, Roma, Gangemi, 2010, p. 453, ISBN9788849219012.
^abc Marina Docci, Maria Grazia Turco (a cura di), L'Architettura dell"altra" modernità. Atti del XXVI Congresso di Storia dell'Architettura, Roma, Gangemi, 2010, p. 456, ISBN9788849219012.
^ Simonetta Ciranna, L’architettura del potere: il rafforzamento del Corso Vittorio Emanuele II e Federico II tra XIX e XX secolo, in Città e Storia, IV, n. 1, Roma, gennaio-giugno 2011, p. 218.