Figlio dell'architetto Plinio Marconi,[1] autore fra l'altro del piano di ricostruzione di Verona dopo la seconda guerra mondiale, appartenente a una famiglia ricca di architetti, muratori, restauratori, artigiani e musicisti,[1] dopo essersi laureato in Architettura a Roma nel 1958, Paolo Marconi nel 1964 ottenne la libera docenza in Storia dell'arte e Storia e stili dell'architettura.[2] Nel 1966/67 divenne professore incaricato di Letteratura artistica nella Facoltà di Architettura di Roma.[2] Nel 1966 vinse il concorso nazionale per architetto principale della Soprintendenza ai Monumenti di Roma, dove per quattro anni progettò e diresse svariati lavori di restauro: fra questi, il Tempietto di San Giovanni in Oleo del Borromini, il Chiostro di Santa Maria della Pace di Bramante, la Chiesa dei Santi Luca e Martina di Pietro da Cortona, e le Chiese gemelle di piazza del Popolo.[2]
Dopo essere diventato professore incaricato di Storia dell'architettura a Roma, e poi professore ordinario di Storia dell'architettura nel 1970 prima a Palermo e poi a Roma, fu nominato professore ordinario della neo costituita cattedra di restauro architettonico, posizione in cui poté utilizzare la sua esperienza come restauratore nella Soprintendenza.[2]
Oltre a ciò, Marconi fu docente di teoria e tecnica del restauro presso la Scuola Archeologica di Atene e direttore dei corsi di perfezionamento di restauro architettonico e recupero edilizio, urbano e ambientale e del master di recupero della bellezza dei centri storici presso la facoltà di architettura dell'Università Roma Tre.[2]
Marconi fu infine membro di diverse accademie, fra cui l'Accademia di San Luca, dove fu membro benemerito (1972), e la Academia Nacional De Ciencia di Buenos Aires (1973).[2][3]
Dal punto di vista teorico, la sua posizione sul restauro architettonico fu controversa.[1] Marconi sosteneva la ricostruzione "dov'era e com'era" dei monumenti distrutti da eventi bellici, disastri naturali o demolizioni, andando cosi' contro la teoria del falso storico propugnata dallo storico dell'arte Cesare Brandi, che domino' il campo del restauro nell'Italia del ventesimo secolo, e che proibiva espressamente questo tipo di pratica.[1] Egli invece citava a supporto la volontà popolare in casi come quello della ricostruzione del ponte di Santa Trinita (fatto saltare dai tedeschi in ritirata a Firenze nel 1944), del duomo di Venzone (distrutto dal terremoto del Friuli del 1976) e della chiesa medioevale di San Giorgio in Velabro a Roma, (devastata da una bomba della mafia nel 1993).[1]
Riconoscimenti
Medaille d'argent de la restauration dell'Academie d'Architecture di Parigi, 1991