Nato dal nobile Aurelio del capitano Andrea Mascagni e da Elisabetta di Carlo Burroni, entrambi appartenenti ad antiche famiglie di Chiusdino, in provincia di Siena; approfondì gli studi scientifici nell'ateneo senese, dove ebbe tra i suoi maestri Pietro Tabarrani (per l'anatomia) e si laureò in filosofia e medicina nel 1778.
Oltre alla predilezione per gli studi medici, ebbe interesse anche per le scienze naturali, come testimoniano alcuni studi giovanili sui Lagoni presso Siena e Volterra. L'ultimo anno di studi universitari fu nominato anche lettore supplente di Tabarrani e poi, dopo il compimento degli studi, lettore ordinario, dal 1780.
Nel 1798 divenne presidente dell'Accademia dei Fisiocritici di Siena. Durante l'occupazione francese della Toscana abbracciò la causa giacobina, ma questo gli comportò la detenzione per sette mesi nel periodo della Restaurazione quale sorvegliato politico.
Nonostante ciò il 22 ottobre 1801 il Re di Etruria ruppe con un motu proprio la detenzione del Mascagni nominandolo professore di anatomia, fisiologia e chimica all'Università di Pisa, obbligandolo anche a tenere due volte la settimana lezioni a Firenze, presso l'Arcispedale di Santa Maria Nuova, dove ebbe tra i suoi allievi Luigi Cittadini.[1] In questi anni studiò soprattutto i vasi linfatici, studi che lo resero celebre in tutta Europa, scrivendo nel 1787 un'opera su di essi (Vasorum lymphaticorum corporis humani historia et iconografia). In anatomia, un incostante linfonodo colecistico (linfonodo di Mascagni) porta il suo nome, e viene spesso chiamato da alcuni autori linfonodo di Calot poiché sito nel triangolo omonimo.
Morì durante un soggiorno alla sua tenuta di Castelletto, presso Chiusdino, il paese del senese di cui era originaria la sua famiglia e in cui trascorreva gran parte del suo tempo libero, il 19 ottobre 1815. La sua tomba purtroppo è andata perduta; nella piccola cappella cimiteriale del luogo, si conserva però la pietra tombale.
Nel 1784 aveva sposato una gentildonna senese, Margherita Staccioli, che gli sopravvisse, alla quale "a contemplazione del segnalato merito del consorte" fu dal granduca Ferdinando III assegnata una pensione.[3]
Alcuni decenni dopo la sua morte una statua che lo raffigura venne posta in una nicchia del cortile degli Uffizi, fra le statue dei grandi uomini della Toscana.
Lo troviamo inserito nell'archivio Accademici all'Accademia delle arti del disegno quale «Professore di Anatomia della Prima Classe delle Arti del Disegno 1813 (Statuti 1813 p. 52)».[4] A proposito della mostra di fine 1995 inizio 1996 al Santa Maria della Scala, La scienza illuminata - Paolo Mascagni nel suo tempo, a cura dell'Accademia delle scienze di Siena con la collaborazione dell'Università di Siena e del Comune,[5] è stato scritto che con Paolo Mascagni la «medicina fece un balzo in avanti. L'Università di Siena inaugurò una sua grande scuola di ricerca». Dallo stesso articolo veniamo a conoscenza della collaborazione e del metodo seguito da Paolo Mascagni nella collaborazione con i pittori. Le incisioni e i disegni della Grande anatomia si devono all'artista senese Antonio Serantoni e le tavole per Vasorum lymphaticorum corporis humani historia et ichonographia al bolognese Ciro Santi.[6]
L'amministrazione comunale di Chiusdino, ha intitolato al grande scienziato il piccolo borgo di case di Castelletto, che sorge intorno alla villa di campagna di lui, con il nome di Castelletto Mascagni e la via principale del capoluogo.
^G. Sarchiani, Elogio di Paolo Mascagni letto nella pubblica solenne adunanza della Reale Accademia de' Georgofili nel dì 18 settembre 1816, in "Atti dell'Imperiale e Reale Accademia Economico-Agraria dei Georgofili di Firenze", tomo I, trimestre I, p. 52.
^ Complesso museale del Santa Maria della Scala, Siena, Oct. 5, 1996-Jan. 1997, La scienza illuminata : Paolo Mascagni nel suo tempo (1755-1815), Siena, Nuova immagine, 1996.
^ Maurizio Bologni, L'uomo che navigava nei corpi. A siena esposti reperti anatomici e disegni di Paolo Mascagni, geniale scienziato del '700, in La Repubblica, Edizione Toscana, 8 ottobre 1996, p. VII.