«Diceva: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa. Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».»
(Vangelo secondo Marco, 4,26-29 (CEI))
Interpretazione
Questa parabola può essere vista come correlata alla parabola del seminatore,[2] anche se non la segue immediatamente nel testo evangelico. Lo scrittore avventista George Knight suggerisce come essa serva come "correzione per ogni discepolo antico o moderno che si possa sentire scoraggiato dal lavoro infruttuoso" e che non ha compreso il vero significato della parabola del seminatore.[2] Anche quando il contadino dorme, il regno di Dio è in continua crescita. Esso cresce per indirizzo di Dio, non dell'uomo,[3] e segue dei tempi propri.[4]
Io ho piantato il seme, Apollo lo ha innaffiato, ma Dio lo ha fatto crescere.[5]
A differenza della parabola del seminatore, il seme qui sembra rappresentare il regno di Dio stesso.[6] Le differenze nell'interpretazione hanno portato all'enfatizzazione di diversi aspetti della parabola, come il seme, il seminatore o la terra.[7]
Note
^Mc 4,26-29, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.