Si distingue dall'amore erotico (eros), la cui caratteristica principale è l'intenso desiderio dell'amante, e dall'agape, amore altuistico e disinteressato, particolarmente in voga tra gli autori cristiani, e che non presuppone necessariamente un rapporto d'amicizia.[5]
Il termine, dal significato equivalente anche nella forma dell'aggettivo sostantivato philos (φίλος,[6] «amico»),[1] si ritrova in italiano all'interno di parole composte nel suffisso -filo-,[7] o -filia,[2] che indicano propensione amorosa verso qualcosa, ad esempio nell'espressione «filo-sofo» o «filo-sofia» («amore per la sapienza»).[8]
Quest'ultimo in particolare se ne occupa nei libri ottavo e nono dell'Etica Nicomachea. Esistono per Aristotele tre forme di philia:[10]
Philia basata sull'interesse reciproco, quando l'amore cioè risulta condizionato da un'utilità o una convenienza provvisoria.[10]
Philia basata sul piacere reciproco, caratterizzato a sua volta da instabilità a lungo termine.[10]
Philia basata sul bene reciproco, in cui si apprezza l'altro per le sue doti effettive:[10] è questo il rapporto d'amicizia più nobile e autentico, che comprende e supera gli altri due, perché consiste di una benevolenza fine a se stessa.[9]
«Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici. [...] Quelli che così vogliono il bene degli altri si chiamano benevoli, anche se non vengono da quegli altri ricambiati. La benevolenza, infatti, è amicizia solo quando è reciproca. Bisogna dunque, per essere amici, essere benevoli gli uni verso gli altri e non nascondere di volere il bene l'uno dell'altro.»
(Aristotele, Etica Nicomachea, libro VIII, capitolo II, trad. it. di C. Natali, Bari, Laterza, 2005)