Apparteneva ad una famiglia di artisti: suo padre era Sybert Corneliszoon Moninckx, suoi fratelli erano Cornelis e Machtelt Moninckx[1], sua nipote era Maria Moninckx[2].
Fu istruito inizialmente dal padre nell'arte della pittura[1] e successivamente, per approfondire i suoi studi si recò in Italia dove rimase per tredici anni[3] dal 1625 al 1637[1].
In accordo con Houbraken, lavorò al servizio del Papa[3], ma si conoscono ben pochi dettagli riguardo alla sua vita nella capitale italiana[4].
Durante questo periodo, Moninckx si specializzò nel disegno di paesaggi, sia vedute di antichi monumenti e porti, che paesaggi di sua invenzione. Prima del suo viaggio in Italia, invece, dipinse principalmente soggetti di genere[4]. Eseguì anche dipinti allegorici e religiosi, nature morte e cacce[1]. Sviluppò, inoltre, uno stile proprio caratterizzato dalla sovrapposizione di strati sottili di colore con piccole zone di diverse tonalità[4].
Al suo ritorno nei Paesi Bassi nel 1637, lavorò a Rijswijk, presso la Huis ter Nieuwburg e nel 1639 divenne membro della Corporazione di San Luca all'Aia[1]. Continuò a dipingere paesaggi nello stile italianeggiante in cui si era specializzato a Roma, come testimoniato da una serie di piccoli dipinti ritraenti vedute di città italiane, tra cui Roma, Civitavecchia e Pisa, eseguiti tra il 1660 e il 1679[5].
Oltre a dipingere, la sua conoscenza dell'arte italiana gli permise di arrotondare le sue entrate stimando dipinti italiani[4].
Opere
Natura morta con vari uccelli, un nido, lepri, un canestro, insetti su un ripiano di pietra, olio su tela, 56,3 x 93,4 cm, firmato, 1658[6]
Figure classiche ferme su un sentiero, un pastore con pecore, il tempio di Vesta, Tivoli, olio su tela, 80 x 119,4 cm, firmato[7]
Due villici seduti a bere ed un terzo che sta a guardare, gesso, 18,7 x 26 cm[8]
(EN) "Pieter Moninckx", su The J.Paul Getty Museum - Artists, 2011. URL consultato il 18 gennaio 2011 (archiviato dall'url originale il 1º marzo 2013).
(NL) "Moninckx, Maria", su Digitaal Vrouwenlexicon van Nederland - Instituut voor Nederlandse Geschiedenis, 2011. URL consultato il 9 gennaio 2011.