Originario dell'Asia sudoccidentale, è stato introdotto in Europa attorno al 1000, sebbene sia diventato sempre più importante come alimento solo nel corso del XIX secolo. Di questa pianta si consumano le foglie spesse e verdi sia come ortaggio fresco sia per l'industria conserviera (in Italia per lo più surgelati).
Può essere consumato cotto o crudo e il gusto differisce notevolmente; l'alto contenuto di ossalato può essere ridotto mediante cottura a vapore.
Si pensa che gli spinaci abbiano avuto origine circa 2000 anni fa nell'antica Persia da dove furono introdotti in India e nell'antica Cina attraverso il Nepal nel 647 d.C. come "la verdura persiana"[3]. Nell'827 d.C., i Saraceni introdussero gli spinaci in Sicilia[4]. Le prime testimonianze scritte di spinaci nel Mediterraneo sono state registrate in tre opere del X secolo: un'opera medica di Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyyā al-Rāzī, e in due trattati di agricoltura, uno di Ibn Waḥshīyah e l'altro di Qusṭus al- RUMI.
Descrizione
Gli spinaci sono in coltivazione delle piante annue (biennali se completano il ciclo e vanno a seme), crescono fino a 30 cm. Le foglie sono alterne, semplici, da ovate a triangolari e di dimensioni molto variabili: 2–30 cm di lunghezza e 1–15 cm di larghezza, con foglie più grandi alla base della pianta e piccole più in alto sullo stelo fiorito. Produce rosette di foglie carnose, che possono essere stropicciate o lisce in fase vegetativa; successivamente, il gambo si allunga e forma steli di fiori durante la fase riproduttiva, con foglie strette e appuntite.
I fiori sono unisessuali, poco appariscenti, di colore giallo-verde, 3–4 mm (0,1-0,2 pollici) di diametro, e maturano in un grappolo di frutti piccoli di 5–10 mm. La pianta è dioica.
Produzione
Nel 2018, la produzione mondiale di spinaci fu di 26,3 milioni di tonnellate, la Cina rappresentava il 90% del totale.
Gli spinaci sono effettivamente ortaggi con un basso contenuto di ferro, ma è diffusa l'errata convinzione che ne contengano un quantitativo elevato.
L'origine di questa credenza, più volte smentita[5], avrebbe due possibili fonti anche se diversi autori non concordano e la fanno rientrare nei casi di leggende metropolitane.
La prima è legata ad un errore di battitura su un'etichetta: il chimico tedesco E. von Wolf nel 1870 fu incaricato di valutare la composizione nutrizionale di molti alimenti, compresi gli spinaci. Ottenne un valore di 2,7 mg per 100 g. Dà i suoi risultati al suo segretario per la trascrizione, ma quest'ultimo commette un errore di battitura e posiziona male la virgola, trasformando 2,7 in 27 mg, che attribuisce agli spinaci dieci volte il suo vero contenuto di ferro[6].
La seconda è una pubblicazione di un altro chimico tedesco, Gustav von Bunge, che nel 1890 trovò 35 mg di ferro per 100 g ma in spinaci essiccati ridotti a polvere[7]. La verità sul contenuto di ferro degli spinaci fu ristabilita da altri chimici tedeschi nel 1937, ma rimase confidenziale fino a quando T.J. Hamblin riportò questa "bufala" sul British Medical Journal nel 1981[8].
Nel 2010, in un articolo pubblicato sull'Internet Journal of Criminology, il criminologo britannico Mike Sutton mostrò che questo presunto errore nei decimali era esso stesso un mito. In effetti, non appare nella letteratura scientifica prima dell'articolo del 1981, e non sono stati i ricercatori tedeschi del XIX secolo a sopravvalutare il contenuto di ferro degli spinaci, ma un team dell'Università di Wisconsin nel 1934, che aveva corretto i suoi dati già nel 1936[9].
A parità di peso altri vegetali hanno un contenuto di ferro molto più alto: lenticchie (9 mg di ferro ogni 100 g), semi di girasole (8,9 mg), farina di soia (8,4 mg), ceci (6,7 mg/100 g).
Inoltre altre sostanze presenti negli spinaci, quali l'acido fitico e l'acido ossalico, formano col ferro dei composti di coordinazione e pertanto lo rendono meno biodisponibile.
^ T J Hamblin, Fake., in British Medical Journal (Clinical research ed.), vol. 283, n. 6307, 19 dicembre 1981, pp. 1671–1674, DOI:10.1136/bmj.283.6307.1671. URL consultato il 23 giugno 2020.