I trattati ineguali furono un insieme di convenzioni concluse da alcuni stati dell'Estremo Oriente (l'Impero Qing, il GiapponeTokugawa e la CoreaJoseon) con le potenze occidentali[1] tra il XIX secolo e i primi anni del XX. In tale periodo le nazioni asiatiche erano in gran parte incapaci di resistere alla pressione militare ed economica straniera, stante l'enorme divario tecnologico tra Occidente e Oriente. La nomea di "trattati ineguali" emerse negli anni venti in riferimento ai trattati di pace del XIX secolo da parte dei nazionalisti cinesi.
Il primo tentativo di pervenire a un accordo fu la Convenzione di Chuenpeh del 1841, tenutasi nella scia della prima guerra dell'oppio che era iniziata due anni prima.[2]Cina e Gran Bretagna firmarono i primi accordi "ineguali" con il Trattato di Nanchino del 1842.[3] Dopo la sconfitta della dinastia Qing, le intese con la Gran Bretagna aprirono vari porti cinesi al commercio con l'estero, con contestuale ammissione delle missionicristiane a risiedere nel paese. Non solo, ma l'amministrazione della giustizia sui residenti stranieri delle città portuali fu sottratta al sistema giudiziario cinese per essere affidata alle autorità consolari: questo principio è chiamato extraterritorialità.
Sebbene l'espressione trattato ineguale non sia entrata in uso prima dell'inizio del XX secolo, inevitabilmente i cinesi percepivano la disuguaglianza di simili patti, soprattutto a causa dell'assenza di qualsiasi reciprocità: le potenze straniere infatti non ricompensarono la Cina con analoghe concessioni. In molti casi, in seguito a umilianti sconfitte militari, la nazione asiatica fu proprio costretta a pagare cospicui risarcimenti per i danni di guerra, ad aprire i porti al commercio, a cedere o affittare territori (come Hong Kong), e ad effettuare varie altre concessioni di sovranità alle sfere di influenza straniera.
Quando il commodorostatunitenseMatthew Perry costrinse il Giappone ad aprire le rotte commerciali nel 1854, anche questa nazione fu indotta a siglare i Trattati Ansei, simili a quelli firmati dalla Cina. Lo stesso destino sarebbe presto toccato anche alla Corea. I primi trattati ineguali di questo paese non ebbero come controparte gli occidentali, ma il Giappone stesso, che aveva appreso la lezione tattica e forzato a sua volta i coreani ad aprire le porte al commercio estero nel 1876.[4]
La stagione dei trattati ineguali si concluse in momenti diversi per i vari paesi coinvolti. Il Giappone fu il primo a sciogliersi dai ceppi delle proprie intese, verso la metà degli anni 1890, allorché la sua affermazione nella prima guerra sino-giapponese convinse molti occidentali a considerarlo definitivamente entrato nel gruppo delle "nazioni civilizzate".
Infine, i trattati ineguali conclusi fra i paesi europei e la Corea furono in gran parte invalidati dall'annessione della penisola al Giappone nel 1910.
^Inclusi l'impero russo e quello giapponese del periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento.
^Caroline Courtauld, May Holdsworth e Simon Vickers. The Hong Kong Story. HK University Press, 1997. ISBN 0-19-590353-6
^Trea Wiltshire. Old Hong Kong (1º volume). Text Form Asia books Ltd. Central, Hong Kong, 1987 (ripubblicato in versione ridotta nel 2003). ISBN 962-7283-59-2
^Peter Wallace Preston. Pacific Asia in the Global System: An Introduction. Blackwell Publishing. 1998. ISBN 0-631-20238-2
^Raccolta dei trattati e delle convenzioni fra il Regno d'Italia ed i governi esteri, compilata per cura del MInistero per gli affari esteri, Pravia e Co., 1868-1870.