L'edificio è inserito dal 1996 nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.[2] Dopo quasi 50 anni di abbandono in epoca novecentesca che hanno accelerato il degrado dell'edificio, dal 2018 l'intero sito è oggetto di un progetto di restauro conservativo, opera di mecenatismo, supportato da un'opera culturale di valorizzazione.
Villa Forni Cerato, è stata probabilmente progettata da Palladio per un proprietario certo ricco, ma non nobile: Girolamo Forni, agiato mercante di legnami (fornitore di numerosi cantieri palladiani, come ad esempio palazzo Chiericati, Villa la Rotonda, Palazzo Porto), amico di artisti come il Vittoria e pittore egli stesso, collezionista di antichità e membro dell'Accademia Olimpica di Vicenza. È possibile che l'asciutto minimalismo di questo calibrato edificio sia in armonia con lo status socialeborghese del proprietario.[1]
Proprio l'astratto linguaggio di villa Forni ha ingenerato dubbi sull'effettiva paternità palladiana, così come la planimetria estremamente semplice, priva delle consuete relazioni fra le dimensioni delle stanze, o la presenza di qualche disarmonia proporzionale fra le parti dell'edificio. Plurimi sono i riferimenti architettonici a modelli reiterati in architetture palladiane. Ne fa testo il chiaro disegno della serliana, con le colonne ricondotte a nitidi pilastri stereometrici in funzione della limitata larghezza della loggia o il fregio ridotto a una semplice fascia sotto il cornicione.
Bassorilievi in facciata principale, due camini al piano nobile, testa femminile scolpita a chiave di volta della serliana e i decori che un tempo decoravano il timpano prima di essere alienati, sono opere attribuite ad Alessandro Vittoria. Persi purtroppo i busti originariamente all'interno della villa - come attestato dal testamento del committente datato 1610 - sempre attribuiti allo scultore trentino, del proprietario Girolamo Forni e di Pietro Bembo.
I vicini rustici e la colombaia sono diroccati e saranno oggetto del progetto di restauro. Dei fasti originari si conservano gli affreschi della loggia raffiguranti rovine romane, bucoliche vedute paesaggistiche ed elementi naturali riconducibili all'orografia e alla vegetazione circostante.