L'origine del toponimo è incerta; tra le etimologie più popolari c'è quella che vorrebbe Vangadizza derivare da vanga, in quanto sia i territori governati, sia le vaste proprietà dell'abbazia erano terreni in gran parte paludosi e dunque dovevano essere lavorati duramente con la vanga prima di diventare produttivi.[1]
Storia
Piazza della Vangadizza a Badia Polesine.
La nascita dell'abbazia della Vangadizza viene generalmente connessa alle cospicue donazioni del marcheseAlmerico di Mantova e di sua moglie Franca, l'ultima delle quali (e l'unica di sicura datazione) fu una disposizione del 6 dicembre 954, fatta dalla signora Franca, ormai vedova; in questa disposizione la basilica di Santa Maria, che si trova presso l'Adige in località "Vedre", risulta appena ricostruita, mentre non si sa molto altro della precedente e più modesta chiesa. Altre donazioni le fa Ugo di Toscana, con l'avallo dei re d'ItaliaBerengario II e Adalberto: nella donazione del 30 maggio 961[2] si parla per la prima volta di un abate e in quella del 29 maggio 993 si parla di un monasterobenedettino in costruzione[1].
A partire dal 23 settembre 1213 l'abbazia della Vangadizza iniziò a seguire l'ordine camaldolese, con la denominazione ufficiale latina di Abbatia Sanctae Mariae de Vangaditia, Ordinis Camaldulensis, nullius Dioecesis, Provinciae Ravennatensis (abbazia di Santa Maria della Vangadizza, Ordine Camaldolese, immediatamente soggetta alla Santa Sede, Provincia ecclesiastica di Ravenna). La regola camaldolese prevedeva un distacco contemplativo dalle vicende umane e non prevedeva la cura pastorale; se, da un lato, ciò sviluppò le attività culturali con la creazione di una biblioteca fornitissima e di una scuola per lo studio di filosofia, teologia, canto sacro, arti e scienze, dall'altro lato portò ad un progressivo allontanamento del monastero dalla realtà del territorio, provocando malumori nelle parrocchie e culminando in dissidi interni alla fine del XIV secolo.[1]
I sepolcri di Alberto Azzo e della moglie CunegondaBadia Polesine, lapide presso l'Abbazia Vangadizza.
All'inizio del XV secolo l'abbazia della Vangadizza perse il potere temporale e la gestione fu affidata in commendam, ossia a personale ecclesiastico esterno. Tra gli abati commendatari si ricorda il cardinale Ludovico Scarampi Mezzarota, in carica nel 1448[3] e, nella prima metà del Settecento, il cardinale Angelo Maria Querini, vescovo di Brescia. Nel 1747 fu fondato un seminario. L'abbazia della Vangadizza venne soppressa l'11 aprile 1789 dalla Repubblica di Venezia, che il 27 marzo 1790 ne incamerò i beni. Il 7 settembre 1792 essa fu soppressa canonicamente come diocesi e le dodici parrocchie polesane furono aggregate alla diocesi di Adria, mentre la parrocchia di Rubano fu aggregata alla diocesi di Padova. Il 25 aprile 1810 la basilica di Santa Maria della Vangadizza, di stile romanico-gotico, venne chiusa e iniziarono i lavori di demolizione, che si interruppero quando erano quasi completati, gli edifici passarono in proprietà alla famiglia francese d'Espignac. Del fabbricato si sono salvati solo una cappellaabsidale e il campanile pendente.[1]
Gli altari ed altre parti sono state trasferiti nella chiesa di San Michele Arcangelo di Canda.[4] Il campanile ospita 3 campane molto antiche, ferme da moltissimi anni e ancora inceppate a slancio su telaio ligneo e mezza ruota.
^Probabile errore di stampa nel Gabrielli, p. 439, dato che Ugo di Toscana nel 961 aveva solo 11 anni.
^Sansepolcro, Archivio Storico Diocesano, Pergamene, 2A, numero 129.
^Canda - Chiese e luoghi di culto, su ilpolesine.com, IlPolesine. URL consultato il 16 ottobre 2019 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2019).