Alla fine dell'XI secolo nel territorio di Redondesco – anzi, in territorio Curtis et Castris Redolisco – avevano dei possedimenti i conti Ugoni-Longhi di Sabbioneta-DesenzanoUgo e Matilde, come risulta dal testamento della stessa contessa Matilde del 1107, col quale essa lasciava al monastero di San Tommaso in Acquanegra molti suoi beni, tra cui appunto omnes res sibi pertinentes nella corte e nel castello suddetti.
Redondesco compare di nuovo nel patrimonio disponibile dei conti di Sabbioneta, stavolta i coniugi Umberto e Berta, nel 1119, quando beni siti, fra gli altri luoghi, in Rodendisco furono donati ad un Ottone Piscine.[1]
In quanto sede di proprietà e diritti dei conti Ugoni e Longhi, Redondesco compare più volte nel processo dei conti di Montichiari del 1228: da Redondesco provengono anche numerosi testimoni chiamati a deporre sulle ragioni dei conti nelle loro terre sul Bresciano. Uno di essi ricorda che ha sempre udito dire che Sabbioneta, Commessaggio, Marcaria, Mosio, Redondesco, Asola, Castel Goffredo, Carpenedolo, Montichiari, sono terre del comitato e che quelli della casata del conte Ugone si chiamano conti di Montichiari; che uno di essi fece cavare gli occhi a due uomini di Redondesco, trovati a tagliare le viti in quella terra.[2]
Solo i discendenti dei conti Pizio e di Egidio, viventi a cavallo tra secolo XII e secolo XIII, cominciano a portare i titoli di conti di Marcaria o di Redondesco[3]: per quest'ultimo predicato, in particolare, la prima attestazione sembra riguardare il conte Oberto di Redondesco, figlio forse di Egidio, podestà di Parma nel 1225 e 1230, e di Ferrara nel 1233.[4]
Suo probabile fratello è il conte Viscardo o Guizzardo di Redondesco, podestà di Cremona nel 1230, di Padova nel 1244-1245, vicario imperiale per la Marca Trevigiana, dall'Oglio a Trento, nel 1244, bandito dal comune di Mantova per alcuni misfatti accaduti a Marcaria intorno al 1250, come è scritto su uno degli affreschi di Palazzo della Ragione.
Dopo questi due conti il predicato da Redondesco sembra sparire dalla documentazione: è possibile comunque osservare che esso è adoperato in stretta connessione con l'altro titolo di Marcaria – il primo conte detto da Marcaria è Gualfredo, forse cugino di Viscardo ed Oberto -, decisamente più usato; col tempo, quindi, potrebbe essere stato da esso soppiantato. L'ipotesi è che i predicati di Marcaria e di Redondesco – a cui bisogna aggiungere anche di Bizzolano, attestato solo per i discendenti di Vizolo, fratello di Egidio e Pizio -, data anche la reciproca vicinanza di questi luoghi, tutti giacenti sul tratto del fiume Oglio diviso tra i distretti bresciano e mantovano, vadano riferiti ad un unico ramo comitale, che presto assumerà l'unico cognomedi Marcaria.
Così, non molte sono le notizie circa il comportamento dei pochi conti detti di Redondesco, ed il modo in cui amministrarono questo territorio.[5]
^Secondo Fé d'Ostiani e Marchetti Longhi, il predicato di Redondesco sarebbe attestato per la prima volta con Ugo – da questi autori indicato come figlio del conte Azzo vivente nel 1138, da cui sarebbero derivati i conti di Mosio - verso la fine del XII secolo; tuttavia, non si trova alcuna prova che confermi queste asserzioni. Un conte Ugo è vivente in quegli anni, ma di lui non si conoscono né la paternità né il predicato preciso. Il predicato di Redondesco si sarebbe poi radicato nei discendenti non di Ugo, ma di Vizzolo, vivente nel 1138/1167: in particolare, i fratelli Pizio ed Egidio, che sarebbero anche detti di Marcaria: di questi predicati però di nuovo non si ha traccia nella documentazione. MARCHETTI LONGHI 1961, tav. IV, pagg. 154-155; per notizie sui conti di Redondesco dal 1129 al 1240 cfr. anche FÈ D'OSTIANI 1899, pagg. 10-25; 32-34; RAGAZZI 1961, pag. 23.
^RAGAZZI 1961, pag. 24, forse seguendo Taccoli, Memorie di Reggio, riporta che essendosi nel 1225 i Parmigiani schierati a fianco dei Reggiani nella guerra contro Mantova, il conte Uberto, podestà di Parma in quell'anno, per i vincoli che lo univano a Mantova, interpose la sua opera per favorire un trattato di pace tra i due contendenti, che fu firmato nell'aprile 1225, e che pose fine alla guerra tra le due città che durava almeno dal 1220.
M. Castagna – V. Predari, Stemmario mantovano, 3 voll., Montichiari, Zanetti editore, 1991-1993.
G. Piovanelli, I podestà bresciani nell'Italia medioevale, Montichiari, Zanetti editore, 1977
G. Piovanelli, Casate bresciane nella storia e nell'arte del Medio Evo, Montichiari, Zanetti editore, 1981
M. Vaini, Dal comune alla signoria. Mantova dal 1200 al 1328, Milano, Franco Angeli, 1986
A. Conti, Gli ascendenti dei Casaloldo. I conti di Sabbioneta e gli ultimi conti di Parma tra il Garda e il Po (secc. XI-XIII), in M. Vignoli, Casaloldo e la battaglia del 10 maggio 1509, Mantova, 2009
A. Bertuzzi, Storia di Casaloldo, Asola, 1978
S. A. Maffei, Gli annali di Mantova, ristampa anastatica Forni, Bologna, 1990