La città era costituita da una acropoli (sono visibili i resti delle mura) sul colle di Corchinas e da quartieri artigianali e di abitazioni nelle zone pianeggianti.
Nella città doveva esistere, sul colle di Corchinas, un'area pubblica, forse il foro, dalla quale provengono alcune iscrizioni onorarie.[5] Sono visibili inoltre resti di un impianto termale in opera listata, probabilmente restaurato sotto Graziano, Valentiniano e Teodosio (379-383).
I resti della basilica
Bonifacio, vescovo di Sanaphar o Sanafer (identificata da alcuni studiosi con la diocesi di Cornus),[6] con altri 466 vescovi, tra i quali i sardi Lucifero di Kalaris, Martiniano di Forum Traiani, Vitale di Sulci e Felix di Turris, partecipò nel 484 al concilio di Cartagine che fu indetto da Unerico, Re dei Vandali, con l'intento di convertire i cattolici all'arianesimo.
In epoca tardo-antica, poco distante dalla città (frazione di Santa Caterina di Pittinuri) sorse il complesso cristiano di Columbaris, con un vasto cimitero che ha restituito diversi sarcofagi e un primo edificio a pianta basilicale a carattere funerario, preceduto da un battistero (III-IV secolo). Due altre basiliche sorsero nel V-VI secolo, con altre strutture. Il primo nucleo fu abbandonato dopo l'VIII secolo.
^Secondo il linguista Massimo Pittau (pagina del suo sito personale) Sanaphar costituirebbe l'originale toponimo sardo-nuragico, più tardi tradotto nel latinocornus (al plurale), con il significato di "prominenze"