Una colonia romana (latino: colonia) era una comunità autonoma, situata in un territorio conquistato da Roma in cui si erano stanziati dei cittadini romani e/o latini, legata da vincoli di eterna alleanza con la madrepatria. Con la definizione di colonia romana si intende sia le sole colonie di diritto romano, sia in senso più ampio, ogni tipo di colonia. La locuzione deduzione di una colonia (in latino: deductio) indica la fondazione di una colonia romana e l'invio di coloni romani da insediare in un'area conquistata (secondo l'espressione deducere coloniam). L'uso del termine, composto dal prefisso de- (che indica moto da luogo) e dalla radice del verbo latino ducere (condurre), si spiega con il fatto che nella colonia si stanziavano cittadini romani, ivi condotti dalla madrepatria.
Origine e sviluppo
L'istituzione della colonia romana si fa risalire ai tempi della sua fondazione e alle prime istituzioni volute da Romolo, e diversamente da quelle greche, comportava la compresenza di coloni romani e quella parte di uomini delle città conquistate che non veniva destinata alla schiavitù.[1]
Alcune colonie erano di nuove fondamenta, quando si intendeva stabilire un nuovo presidio a controllo del territorio. Ma più spesso il governo romano decideva di insediare le persone in una città appena conquistata. Inizialmente servivano da avamposto per controllare un territorio che sarebbe stato ulteriormente colonizzato: in questo senso, il ruolo di Aquileia nell'espansione romana verso il nord est fu importantissimo.
«Nello stesso anno [181 a.C.] fu dedotta nel territorio dei Galli la colonia di Aquileia. 3.000 fanti ricevettero 50 iugeri ciascuno, i centurioni 100, i cavalieri 140. I triumviri che fondarono la colonia furono Publio Scipione Nasica, Gaio Flaminio e Lucio Manlio Acidino.»
Nell'Età Repubblicana la colonizzazione è uno strumento di espansione e di controllo del territorio. La decisione e la forma di amministrazione viene stabilita dal Senato. Venivano eletti tre magistrati che dovevano sovrintendere al progetto; questi triumviri selezionavano i nuovi cittadini che si candidavano al trasferimento e li guidavano, come se fossero un esercito, nel luogo dove dovevano iniziare una nuova vita.
Verso la fine della Repubblica romana, dopo il 133 a.C., la natura della colonizzazione iniziò a cambiare: fino ad allora, le colonie erano state prevalentemente strumenti militari. I tribuni iniziarono, da quel momento, a proporre progetti di legge di riforma, il cui scopo era sostenere il proletariato urbano ed i veterani dell'esercito romano, destinati a spostarsi nel territorio in nuove colonie destinate a insediamenti agricoli. Tra queste Tarentum fu rifondata nel 122, e un anno dopo il tribuno Gaio Tiberio Gracco fondò la prima colonia fuori dall'Italia: Colonia Iunonia - una rifondazione di Cartagine. Nel 118 Narbo Martius (l'odierna Narbonne) fu la prima colonia della Gallia[2]. In questo modo, inoltre, si riduceva la pressione demografica dell'Urbe. Tre le colonie destinate ai veterani, un esempio è Pompei che fu reinsediata con i veterani di Silla nell'80 e da allora in poi fu conosciuta come Colonia Veneria Cornelia Pompeianorum e Faesulae.
Le nuove fondazioni, con gli stessi scopi proseguono in Età imperiale, ove però le colonie costituirono per le diverse realtà etniche conquistate vetrine della cultura romana ed esempi dello stile di vita romano[2].
Amministrazione
Esistevano diversi tipi di colonia. I più importanti erano le colonie romane e le colonie di diritto latino.
Colonia di diritto romano
Gli abitanti di una colonia romana erano cittadini di Roma (colonia civium Romanorum) e godevano quindi del riconoscimento di tutti i diritti legati a questa condizione. Erano inviati per controllare una zona di rilevanza strategico-militare. La procedura costitutiva prevedeva che una commissione (i tresviri coloniae deducendae) guidasse i coloni presso il luogo assegnato, assegnando ad ogni capofamiglia un lotto di terra. Al centro di quest'area sorgeva la città. I coloni erano poi esenti dal servizio militare, ma dovevano presidiare e difendere il territorio assegnato contro le minacce interne ed esterne.[3]
L'amministrazione della città era controllata direttamente da Roma. Erano per lo più fondate a contatto con l'ager Romanus o in prossimità delle coste, per la difesa del litorale. Queste ultime (7-8 al massimo: Ostia, Anzio, Terracina, Minturnae, Sinuessa, Sena Gallica e Castrum Novum) avevano però una consistenza demografica molto ridotta, composte al massimo da 300 familiae.[3]
Colonia di diritto latino
Erano invece 17 le colonie latine nel 291 a.C., destinate a vigilare i punti fondamentali della federazione romana e legate tutte a Roma da trattati. Erano quindi formate anche da ex cittadini che spesso le preferivano alle colonie romane, pur sapendo che, seppur mantenevano i diritti civili, la lontananza da Roma ne avrebbe reso difficile il loro utilizzo. L'appartenere ad una colonia latina spesso consentiva di migliorare il proprio status sociale, grazie al fatto di ricevere importanti porzioni di terra, entrando a far parte di un importante centro cittadino di recente fondazione. Si trattava di centri più popolosi rispetto alle colonie romane, formati da non meno di 2.500 fino a un massimo di 20.000 famiglie.[4] La caratteristica di queste colonie era che, di fronte alla richiesta anche di un singolo colono di essere reintegrato nel precedente stato giuridico di cittadino romano, bastava trasferirsi nell'Urbe e far richiesta di fronte ad un censore, per divenire o tornare ad essere un cittadino romano. Potevano, pertanto, da questo momento in poi dare il proprio voto nelle varie assemblee, anche se solo in un collegio a sorte per volta.[4]
Si trattava di nuove entità statali, con magistrati locali, autonomia amministrativa e, in alcuni casi, con l'emissione di monete, ma comunque con l'obbligo di fornire, in caso di guerra, l'aiuto richiesto da Roma secondo la formula togatorum. Gli abitanti delle colonie latine non erano cives Romani optimo iure, ma possedevano lo ius connubii e lo ius commercii secondo i diritti del Nomen Latinum. Le colonie venivano dedotte secondo il diritto latino sia come forma di controllo della diffusione della cittadinanza romana (in quanto considerata superiore a tutte le altre), sia per motivi pragmatici: non essendo direttamente governate da Roma come le colonie di diritto romano, ma avendo magistrati propri, potevano meglio e più velocemente prendere decisioni per difendersi da pericoli imminenti. Tra queste ricordiamo quelle fondate dopo la sconfitta definitiva degli Equi, a Carsioli molto probabilmente nel 304 a.C., da cui era nata la tribùAniensis[5], e ad Alba Fucens nel 303 a.C.[5]
Le colonie erano rette dai duoviri, da un senato locale e da un'assemblea popolare. In età imperiale alcune città si arrogarono il titolo di colonia pur non possedendolo, perché questo titolo era diventato un privilegio di pochi municipia.
Benché non vi sia una certa data di fondazione per la colonia di Fanum Fortunae, l'erezione del Tempio della Fortuna (attorno al quale fu edificata la città) è stata ipotizzata intorno al 390 a.C. (dopo una vittoriosa battaglia sul Metauro in cui il dittatoreFurio Camillo sconfisse le forze galliche di Brenno dopo il Sacco di Roma), al 284 (dopo una vittoriosa battaglia presso Marotta che portò alla fuga definitiva dei Senoni dall'Ager Gallicus) o al 207 a.C. (in seguito alla Battaglia del Metauro)[7]. Intorno al 9 d.C. fu rinominata da Augusto Colonia Julia Fanestris.
Sappiamo che Augusto riordinò il nuovo sistema amministrativo provinciale anche grazie alla creazione di ventotto colonie[55][56] e numerosi municipi che favorirono la romanizzazione dell'intero bacino del Mediterraneo.
^Marcella Chelotti, Rilettura di CIL, IX 801 (Luceria), in Caldelli–Gregori Epigrafia e Ordine Senatorio, 30 anni dopo, Edizioni Quasar, Roma 2014, p. 663
^Edith M.Wightman, Roman Trier and the Treveri, London 1970, p. 40 e 42; Franz Schön, Augusta Treverorum, in Der Neue Pauly (DNP), Stuttgart 1997, ISBN 3-476-01472-X, p.286.
^abcdP.Oliva, Pannonia and the onset of crisis in the roman empire, Praga 1962, p.340.
^abcLàszlò Borhy, Brigetio accampamento dei legionari e municipium sul Danubio, in Traiano ai confini dell'Impero, a cura di Grigore Arbore Popescu (1998), p.88. P.Oliva, Pannonia and the onset of crisis in the roman empire, Praga 1962, p.340.
^abcdC.B.Wells e altri, The escavations at Dura-Europos, "Final report V", The Parchments and Papyri, New Haven 1959, papiro 28, p.146.
(IT) J. Carcopino, Giulio Cesare, traduzione di Anna Rosso Cattabiani, Rusconi Libri, 1981, ISBN88-18-18195-5.
(IT) Marta Conventi, Città romane di fondazione, «L'ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2004, ISBN8882652858.
(IT) Tim Cornell & John Matthews, Atlante del mondo romano, traduzione di Gaspare Bona, Novara, De Agostini, 1984, ISBN9788840235189.
(IT) Giovanni Geraci & Arnaldo Marcone, Storia romana. Editio maior, Firenze, Le Monnier, 2017, ISBN9788800746991.
(IT) Giuseppe Ignazio Luzzatto & Guido Achille Mansuelli, Roma e le province, in Storia di Roma, vol. 17: tomo primo, Organizzazione, economia, società; tomo secondo, Topografia, urbanizzazione, cultura, Bologna, Cappelli, Istituto di Studi romani, 1985.
(EN) Nick Constable, Historical Atlas of Ancient Rome, New York, Thalamus Publishing, 2003, ISBN9780816053315.
(EN) Lawrence Keppie, The making of the roman army, Oklahoma, 1998, ISBN9780415151504.
(EN) András Mócsy, Pannonia and Upper Moesia: History of the Middle Danube Provinces of the Roman Empire, Londra, Routledge & Kegan Paul Books, 1974, ISBN9780710077141.