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Fratello maggiore di Dino Viola, ex dirigente sportivo e presidente della Roma. Arruolato nel 1915 nella prima guerra mondiale come soldato nell'88º Rgt. Fanteria. Dopo il corso ufficiali, divenne Sottotenente e quindi promosso Tenente nel 75º Rgt. Fanteria, e passò per meriti di guerra in servizio permanente effettivo. Promosso Capitano nel 149º Rgt. Fanteria. Nella primavera 1918 fu comandante di una compagnia “Fiamme Nere” del VI Reparto d'Assalto (Arditi).[1]
Nel 1920 prese parte all'impresa di Fiume con D'Annunzio. Svolse quindi un ruolo importante dopo la guerra nell'ambito delle organizzazioni degli ex-combattenti. Fondatore, nel 1923, dell'Istituto del Nastro Azzurro, nel 1924 fu eletto deputato del Regno in Toscana nel Listone fascista,[4] e fu a capo del gruppo ex combattenti a Montecitorio. Fu nominato console generale della Milizia. Al congresso degli ex combattenti, svoltosi ad Assisi nel luglio 1924, dove fu eletto presidente, aveva promosso un documento a favore dell'indipendenza dell'associazione dal fascismo[5].
Fu appunto Viola, secondo la testimonianza di Emilio Lussu, a guidare la delegazione ricevuta a San Rossore dal re Vittorio Emanuele III, ma senza risultati[6], e il 2 marzo 1925 l'associazione fu commissariata da un triumvirato reggente. Entrato così in contrasto con Mussolini, nel dicembre 1926 tenne l'ultimo intervento alla Camera, e nel 1927 partì per il Cile, tornando in Italia solo nel 1944. Riprese la presidenza dell'associazione combattenti e reduci che tenne fino al 1958.[7] Nel 1945, fece parte della Consulta Nazionale fino al 1946.
Nel 1948 fu eletto in Abruzzo deputato alla Camera con la DC. Fu riconfermato nel 1953 con i monarchici fino al 1958. Il 16 maggio 1969 ottenne la concessione da Umberto di Savoia del titolo di Conte di Cà Tasson[8]. Nel 1972 aderì al Partito Liberale Italiano. Si fece carico di denunciare malversazioni commesse dalla Coldiretti presieduta da Paolo Bonomi. Morì il 25 febbraio 1986 a novantadue anni. Riposa per privilegio speciale[9] al Sacrario Militare del Monte Grappa.
«Comandante di una compagnia d'assalto, preparò accuratamente e diresse con perizia una ardita azione di sorpresa contro un munitissimo saliente nemico. Sprezzante di ogni difficoltà, alla testa dei suoi uomini, nei quali aveva saputo trasfondere il suo ardente entusiasmo, superati i reticolati, si slanciava con impeto irresistibile e con coraggio mirabile nella trincea, che rapidamente e con intenso lancio di bombe a mano sconvolse annientandole il presidio. Fatto segno di intensissimo fuoco di mitragliatrici e fucileria, e attaccato da forze superiori, dopo una lotta corpo a corpo, fu costretto a ritirarsi, riportando dei prigionieri; rimasto ferito non leggermente, si rammaricava solo di dovere abbandonare per qualche tempo il proprio reparto. Mirabile suscitatore di energie ed esempio costante di ardimento e di alto sentimento del dovere.» — Cà Tasson (Grappa), 18 maggio 1918
«Comandante di una compagnia di arditi, la condusse brillantemente all'attacco di importanti posizioni. Sotto l'intenso tiro di artiglieria e di mitragliatrici avversarie. Avute ingenti perdite nella compagnia, magnifico esempio di audacia e di ardimento, con un piccolo nucleo di uomini continuò nell'attacco e giunse per primo, con soli tre dipendenti, nella posizione da occupare. Caduti molti ufficiali di altri reparti sopraggiunti, assunse il comando di quelle truppe, e con esse e con i pochi superstiti della sua compagnia, respinse in una notte ben 11 contrattacchi nemici, sempre primo alla lotta. Rimasto solo, circondato dagli avversari e fatto prigioniero, dopo tre ore si liberò con fulmineo e violento corpo a corpo della scorta che lo accompagnava e rientrato nelle nostre linee con mirabile entusiasmo riprese immediatamente il comando di truppe, respingendo con fulgida tenacia nuovi e forti contrattacchi del nemico, incalzandolo per lungo tratto di terreno e infliggendogli gravissime perdite.» — Monte Grappa 16-17 settembre 1918
«Contribuiva con tenacia e ardimento ad una violenta lotta corpo a corpo, con la quale poterono essere strappati al nemico importanti trinceramenti. Ferito, non lasciava il suo posto se non quando veniva sostituito da un altro ufficiale. Già distintosi in precedenti combattimenti ed azioni ardite.» — Monfalcone, 18 maggio 1916
«Comandante di una compagnia, con perizia ed energia, sotto il violento fuoco delle artiglierie nemiche, raggiungeva col proprio reparto posizioni allora conquistate, ed opponeva tenacissima resistenza ai contrattacchi del nemico. Ferito gravemente ad una gamba, dopo una sommaria medicazione tornava fra le proprie truppe, rimanendo sul posto della mischia finché la forte perdita di sangue non gli immobilizzava l'arto. Mirabile esempio di alto sentimento del dovere.» — Monfalcone, 3-4 luglio 1916
«Comandante di una compagnia di arditi, con accuratezza, fede ed entusiasmo, preparò un'ardita azione di sorpresa contro un munitissimo saliente nemico. Sprezzante di ogni difficoltà, alla testa dei suoi uomini, nei quali aveva saputo trasfondere l'alto sentimento del dovere e il suo entusiasmo, superati i reticolati nemici si slanciava con impeto irresistibile e con coraggio mirabile nella trincea, che rapidamente e con intenso lancio di bombe a mano sconvolse ed annientò il presidio. Fatto segno di intensissimo fuoco di mitragliatrici e fucileria, e attaccato da forze superiori, dopo una lotta corpo a corpo, fu costretto a ritirarsi, riportando dei prigionieri; rimasto ferito non leggermente, si rammaricava solo di dovere abbandonare per qualche tempo il proprio reparto. Mirabile incitatore di energie ed esempio costante di ardimento e di alto sentimento del dovere.» — Casa Tasson, 18 maggio 1918
^ Antonio Bianchi, La Spezia e Lunigiana: società e politica dal 1861 al 1945, Milano, Franco Angeli s.r.l., 1999, p. 226, ISBN88-464-1254-0.
^"Mia figlia, stamani, ha ucciso due quaglie": così Vittorio Emanuele III rispose al presidente dell'Associazione Nazionale Combattenti Ettore Viola che - giunto alla tenuta di San Rossore nel luglio 1924 alla testa di una delegazione dell'associazione da lui presieduta - gli presentava un documento con dure accuse al fascismo e alle sue responsabilità nel delitto Matteotti: Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, 1933.
^Annuario della Nobiltà Italiana, XXXI edizione (Teglio, 2010), volume III, titolati umbertini
^A cima Grappa, nel sacrario, ci sono i resti degli Alpini, Fanti ed Arditi caduti nella Battaglia del solstizio. Gli unici soldati sepolti su quella sacra cima che non sono morti sul Grappa sono: il maresciallo d'ItaliaGaetano Giardino, la sua sposa Margherita dei Conti Jahn Rusconi (1877-1927) ed il generale Ettore Viola.
Bibliografia
Andrea Borella, Annuario della Nobiltà Italiana, XXVIII - XXXI edizione, Teglio, S.A.G.I., dicembre 2010 [2010].