Il toponimo italiano Monte Rosa e quello francese Mont Rose non derivano dalle tinte rosa che colorano il massiccio all'alba e al tramonto (come accade anche per le Dolomiti per l'enrosadira), come si potrebbe pensare, ma piuttosto dal latinorosia, attraverso il termine del dialetto valdostanorouése o rouja, che significa "ghiacciaio"[5]. Anche nei dialetti di origini tedesche, come il Wallisertitsch, lo Schwyzerdütsch e il Greschòneytitsch, il toponimo Gletscher indica alla stessa maniera un ghiacciaio. In tedesco, è conosciuto anche come Gornerhorn.
Anticamente era noto anche come Mons Silvius[6], in latino, Mon Boso o Monboso (in un libro di Leonardo da Vinci), Monte Bosa (in una mappa del 1740), Monte Boso (come testimonia l'umanista Flavio Biondo da Forlì) o Monte Biosa. La punta più alta era conosciuta come Höchste Spitze (parola tedesca che significa Punta più alta). Il 28 gennaio 1863 il Consiglio Federale Svizzero impone ai cittadini della confederazione la denominazione di Punta Dufour. In Italia la vetta più alta rimane come tradizione venerata come Cima Rosa.
La cima più alta del gruppo, cioè il Monte Rosa vero e proprio, con i suoi 4.634 metri, visibile tra tutti i paesi circondanti soltanto dall'abitato di Macugnaga, in Italia, è intitolata dal 1863 dal governo svizzero Punta Dufour, in omaggio al generale svizzero e locale cartografo Guillaume-Henri Dufour (1787 - 1875). Sulla Punta Gnifetti è ubicato invece il rifugio alpino più alto d'Europa, la Capanna Regina Margherita (a quota 4.554 metri), sede anche di una stazione meteorologica e centro di ricerche sugli effetti dell'alta quota sul corpo umano. Il massiccio è ampiamente visibile da una parte relativamente estesa della Pianura Padana. Le valli meridionali del Monte Rosa (Anzasca, Sesia, Valle del Lys e Ayas) sono caratterizzate dalla presenza di manifestazioni idrotermali a quarzo e solfuri auriferi che diedero origine a un'attività estrattiva protrattasi per settecento anni a partire dal XIII secolo. L'oro era presente nei giacimenti filoniani polimetallici di pirite in un tenore pari ad alcuni grammi per tonnellata.[7]
Gli alti valichi del massiccio furono transitati già nell'antichità. Si pensa che i Walser nel XIII secolo siano transitati per il Colle del Lys per migrare dal Vallese alla Valle del Lys.
La salita alle varie vette del massiccio avvennero nel XIX secolo, partendo generalmente dal versante italiano che era ed è il versante più agevole:
1778 - Gli alpinisti di Gressoney-Saint-Jean, Valentino e Joseph Beck, Joseph Zumstein, Nicolas Vincent, Sebastian Linty, Étienne Lisco e François Castel raggiungono la Roccia della Scoperta[10]
23 luglio 1801 – Pietro Giordani raggiunge la Punta Giordani;
5 agosto 1819 – Nicolas Vincent raggiunge Joseph Vincent la Piramide Vincent;
1º agosto 1820 – Joseph e Nicolas Vincent, Joseph Zumstein, Molinatti, François Castel, raggiungono con 5 altre persone la Punta Zumstein;
9 agosto 1842 – Giovanni Gnifetti, parroco di Alagna Valsesia, Giuseppe Farinetti, Cristoforo Ferraris, Cristoforo Grober, fratelli Giovanni, Giacobbe Giordani, raggiungono con 2 altre persone la Punta Gnifetti
1º agosto 1855 – John Birbeck, Charles Hudson, Ulrich Lauener, Christopher Smyth, James G. Smyth, Edward Stephenson, Matthäus Zumtaugwald e Johannes Zumtaugwald raggiungono la cima.
31 luglio 1889 – Achille Ratti (futuro papa Pio XI) raggiunge la cima passando per la prima volta dalla parte orientale.
Le numerose punte che superano i 4000 metri di quota rendono il Monte Rosa particolarmente attraente dal punto di vista alpinistico. La parete orientale che precipita verso Macugnaga ha una vera e propria dimensione himalayana: con oltre duemila metri di ghiaccio e roccia, è considerata la più alta delle Alpi. Su di essa sono state scritte epiche pagine di storia dell'alpinismo. Difficile ma soprattutto estremamente pericolosa, ha rappresentato e continua a rappresentare la summa dell'alpinismo classico.
L'altra grande parete, la meno conosciuta e la meno percorsa di tutto il gruppo, è la cosiddetta Parete valsesiana del Monte Rosa, un insieme imponente, dall'aspetto selvaggio e misterioso alto fino a 1800 metri. Insieme, le due pareti formano il versante piemontese del massiccio.
L'accesso più facile alle vette del Monte Rosa avviene partendo da Gressoney e da Alagna Valsesia. Da queste due località ci si porta utilizzando gli impianti funiviari a Punta Indren e da qui si raggiungono agevolmente in meno di due ore o la Capanna Giovanni Gnifetti oppure il rifugio città di Mantova. Questi due rifugi sono una tappa obbligata prima di affrontare le salite alle varie vette del massiccio ed alla Capanna Regina Margherita. Oltre al raggiungimento delle vette, l'escursionismo d'alta quota prevede traversate da rifugio a rifugio. Attorno al monte Rosa è stato definito un itinerario panoramico denominato Tour del Monte Rosa.
Per la prima volta nella storia è stata effettuata una traversata del massiccio, partendo da Gressoney-La-Trinité fino a Breuil-Cervinia, da parte di due atleti alpinisti disabili: due protesi ai piedi per Andrea Lanfri e una per Massimo Coda, sono riusciti in piena autonomia ad attraversare il massiccio nonostante le pessime condizioni meteo trovate nella settimana dal 27 giugno al 2 luglio 2021.[11]
Il 20 settembre 2021, Andrea Lanfri ha percorso oltre 470 km in bici e per il primo tratto Genova - Monte Rosa ha impiegato solo 18 ore e 7 minuti durante il progetto chiamato "From0to0".[12]
I Walser (contrazione del tedesco Walliser, cioè vallesano, abitante del canton Vallese) sono una popolazione di origine germanica che abita le regioni alpine attorno al massiccio del Monte Rosa. Definiscono la loro parlata Titsch, Töitschu o Titzschu, termini imparentati con il tedesco standard Deutsch.
Gli studi etnico/storico/geografici di fine '800 e '900 ne hanno tradizionalmente fatto risalire le origini al ceppo degli Alemanni. Stabilitisi nella Valle del Goms, da qui, durante il XII-XIII secolo, coloni Walser provenienti dall'alto Vallese si stabilirono in diverse località dell'arco alpino in Italia, Svizzera, Liechtenstein, Austria e Francia.
Nei media
Il lungometraggio La misura del confine del 2011 parla di un ritrovamento di una mummia sul monte Rosa.
^Questa voce tratta di quanto è definito dalla SOIUSA come Gruppo del Monte Rosa. Si può vedere in parallelo il gruppo montuoso più ampio definito come Alpi del Monte Rosa.
^Sergio Gilardino, I Walser e la loro lingua dal grande nord alle Alpi. Dizionario della lingua walser di Alagna Valsesia, Magenta, Centro Studi Zeisciu, 2008
^Monte Rosa, su Valle d'Aosta. URL consultato il 23 agosto 2014 (archiviato dall'url originale il 26 agosto 2014).
^ Riccardo Cerri, Ida Bettoni e Vincenzo Nanni, Parte I - Parte prima - I giacimenti filoniani tra Valsesia e Val d'Ossola (PDF), su Il distretto aurifero del Monte Rosa: lo sfruttamento aurifero per quello turistico culturale di domani, L'attività mineraria delle Alpi: il futuro di una storia millenaria / sessione: "L'Oro del Monte Rosa", caicsc.it, Gorno, CAI Sezione di Varallo Commissione Scientifica "Pietro Calderini", 23-25 settembre 2016, pp. 6,9, 11. URL consultato il 29 ottobre 2019 (archiviato il 29 ottobre 2019).
^Tra parentesi sono indicati i codici SOIUSA dei gruppi e sottogruppi. Si tenga presente che due gruppi non sono ulteriormente suddivisi in sottogruppi.