È uno degli eredi della società attiva nel commercio di gas e carburante fondata dal padre. Avrebbe in seguito ereditato dal padre anche il soprannome. È attualmente fuori dalla gestione della società, condotta dai fratelli.
A lui è dedicata la biografia non autorizzata "Il Casalese. Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro"; in seguito la famiglia di Nicola Cosentino ha intentato una causa di risarcimento nei confronti dell'editore del libro biografico non autorizzato.[2]
Diventa poi consigliere della Provincia di Caserta (1980) e assessore con delega ai servizi sociali dal 1983 al 1985. Rieletto alla Provincia di Caserta nel 1985, viene nominato assessore alla Pubblica Istruzione. Al suo terzo mandato come consigliere provinciale (1990), ricopre l'incarico di assessore provinciale all'Agricoltura.
Si è candidato alla presidenza della Provincia di Caserta nel 2005, ma è stato battuto dal candidato del centrosinistraSandro De Franciscis, limitandosi così a svolgere un mandato come consigliere provinciale. Ha anche cercato la candidatura alle elezioni regionali del 2010 in Campania, ma lo schieramento di centrodestra ha poi scelto il suo compagno di partito Stefano Caldoro (che avrebbe poi vinto le elezioni).
Coinvolgimenti giudiziari e dimissioni da sottosegretario
Le prime accuse di collusione con la camorra arrivano dopo la pubblicazione su L'Espresso di una dichiarazione del boss pentito Carmine Schiavone, che confermerebbe un patto elettorale siglato con Cosentino:
«Io ero amico di Nicola Cosentino... Io intervenni anche per far votare Cosentino... Però il Riccardi mi sembra che si candidò anche lui, quindi furono divisi questi voti tra il Riccardi e il Cosentino. Ma ci andò solo Cosentino[11]»
(Carmine Schiavone)
Tali affermazioni sono state successivamente giudicate false dal pubblico ministero Raffaele Cantone, ragione per cui le indagini sono state archiviate[12].
Accusa di riciclaggio di rifiuti tossici
A settembre 2008 venne pubblicamente accusato di aver avuto un ruolo di primo piano nell'ambito del riciclaggio abusivo di rifiuti tossici attraverso la società per lo smaltimento dei rifiuti Eco4, come emerse dalle rivelazioni di Gaetano Vassallo, un imprenditore reo confesso di aver smaltito abusivamente rifiuti tossici in Campania attraverso la corruzione di politici e funzionari.
Il coinvolgimento di Cosentino è stato supposto sulla base della confessione di Gaetano Vassallo ai pm della direzione distrettuale antimafia napoletana:
«Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società Eco4 gestita dai fratelli Orsi. Ai fratelli Orsi era stata fissata una tangente mensile di 50 mila euro... Posso dire che la società Eco4 era controllata dall'onorevole Nicola Cosentino e anche l'onorevole Mario Landolfi (AN) vi aveva svariati interessi. [...] Presenziai personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Sergio Orsi a Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest'ultimo a Casal di Principe. [...]
Ricordo che Cosentino ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio mi informò del suo contenuto[13]»
(Gaetano Vassallo)
Il 28 gennaio 2009 la Camera dei Deputati respinge (con 138 sì, 236 no e 33 astenuti) una mozione che impegna il governo ad invitare Cosentino a rassegnare le dimissioni presentata da Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro.
Il 10 novembre 2009, dai magistrati inquirenti fu inviata alla Camera dei deputati una richiesta di autorizzazione per l'esecuzione della misura della custodia cautelare per il reato di concorso esterno in associazione camorristica[14][15][16]. Il testo del mandato di arresto riportava le seguenti motivazioni:
«Cosentino contribuiva con continuità e stabilità, sin dagli anni '90, a rafforzare vertici e attività del gruppo camorrista che faceva capo alle famiglie Bidognetti e Schiavone, dal quale sodalizio riceveva puntuale sostegno elettorale [...] creando e co-gestendo monopoli d'impresa in attività controllate dalle famiglie mafiose, quali l'Eco4 spa, e nella quale Cosentino esercitava il reale potere direttivo e di gestione, consentendo lo stabile reimpiego dei proventi illeciti, sfruttando dette attività di impresa per scopi elettorali[17]»
Lo stesso giorno il Senato respinge (con 116 sì, 165 no e 2 astenuti) una mozione presentata da Partito Democratico e Unione di Centro che impegna il governo ad invitare Cosentino a dimettersi; viene respinta (con 95 sì, 170 no e 17 astenuti) anche una mozione presentata dall'Italia dei Valori che impegna il governo a revocargli la nomina a Sottosegretario di Stato.
Il 10 dicembre 2009 la Camera dei Deputati approva a voto segreto (con 360 sì e 226 no) la relazione Lo Presti, negando quindi l'arresto.
Subito dopo aver negato l'arresto la Camera respinge tre mozioni presentate dalle opposizioni che impegnano il governo ad invitare Cosentino a rassegnare le dimissioni.
La prima mozione (presentata dall'Italia dei Valori) è respinta con 222 sì, 303 no e 41 astenuti; la seconda (presentata dal Partito Democratico) è respinta invece con 254 sì, 304 no e 10 astenuti; infine, la terza mozione (presentata dall'Unione di Centro) è rigettata con 255 sì, 304 no e 9 astenuti.
A fine 2009 il pentito di Camorra Luigi Guida, detto O'ndrink, rilascia dichiarazioni ai magistrati in merito alla gestione della società Eco4. Guida rivela lo stretto rapporto e la corresponsabilità nello smaltimento abusivo di rifiuti tra Cosentino e i fratelli Sergio e Michele Orsi, collusi con la Camorra (il primo fu arrestato per associazione a delinquere, il secondo fu assassinato nel 2008 per aver denunciato dei camorristi)[12].
Il 28 gennaio 2010 la Corte di cassazione confermò le misure cautelari a carico di Cosentino[18]. Il 19 febbraio la richiesta di dimissioni dagli incarichi fu respinta da Silvio Berlusconi[19].
Il 25 dicembre 2010 la Procura chiede il rinvio a giudizio di Cosentino[21]. In seguito a ciò Cosentino chiede e ottiene il giudizio immediato.
Il 1º febbraio 2012 la Camera ha respinto la proposta dell'Ufficio di Presidenza di costituirsi in giudizio innanzi alla Corte Costituzionale per resistere ad un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere, prima sezione penale, in relazione alla deliberazione della Camera del 22 settembre 2010 con la quale è stata negata l'autorizzazione ad utilizzare intercettazioni telefoniche nei confronti del deputato Nicola Cosentino. Il voto a scrutinio segreto ha visto respingere la richiesta con una ventina di voti di scarto. Contro la richiesta hanno votato PdL, UdC, Popolo e Territorio e Radicali Italiani del Pd mentre a favore hanno votato PD, IdV, Fli, Api, Mpa e anche la Lega.
Il 15 marzo 2013 si è costituito presso il carcere napoletano di Secondigliano, dichiarando di non voler partecipare alle successive udienze del processo.[22]
Il 26 luglio 2013 Cosentino lascia il carcere di Secondigliano, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere gli concede gli arresti domiciliari.[23]
L'8 novembre 2013 Cosentino viene scarcerato su delibera del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto da Orazio Rossi.[24]
Nel settembre 2015 anno ha inizio il processo a Cosentino al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.[25]
Il 13 ottobre 2016 la Procura chiede la condanna di Cosentino a 16 anni di reclusione.[26]
Il 21 luglio 2021 la Corte di appello di Napoli conferma la condanna in primo grado e l'impianto accusatorio, aumentando la pena a 10 anni di reclusione.[28]
Il 26 aprile 2023 la sesta sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna d'appello a 10 anni di carcere.[29][30] Il giorno seguente, Cosentino si costituì presso il carcere di Rebibbia (Roma) per scontare la sua pena.[31]
Costoro, secondo l'accusa, avrebbero favorito anche la posizione di Cosentino come candidato presidente di centrodestra per la Regione Campania alle elezioni 2010[34].
Questa "struttura riservata", come si trova definita all'interno dell'informativa del 18 giugno redatta dai carabinieri di Roma, avrebbe orchestrato (secondo la stessa informativa) una campagna denigratoria all'interno del PDL campano al fine di far decadere la candidatura di Caldoro, al fine di promuovere quella dell'ex sottosegretario all'economia Nicola Cosentino, la cui corsa alla poltrona di presidente della regione era venuta meno a seguito dell'indagine a suo carico sul reato di associazione camorristica[35].
Il 14 luglio 2010, dopo un incontro con esponenti di spicco del PDL, tra cui Silvio Berlusconi e il coordinatore nazionale Denis Verdini, Nicola Cosentino ha annunciato le sue dimissioni da sottosegretario di Stato del Ministero dell'Economia e delle Finanze. Al contempo, su iniziativa di Berlusconi, Cosentino ha mantenuto il ruolo di coordinatore regionale del partito in Campania. La scelta di rassegnare le dimissioni dai suoi incarichi istituzionali è maturata a seguito delle critiche mosse dall'ala finiana del Pdl, che lo aveva già in passato sollecitato a dimettersi dalla carica di sottosegretario[36].
Critiche agli iniziali tentavi di mantenere i propri incarichi, nonostante l'emersione dei fatti inerenti allo scandalo intorno alla "nuova P2", che lo vedrebbero direttamente coinvolto, sono giunte, nello stesso giorno, anche dal quotidiano milanese, il Corriere della Sera. Le dimissioni di Cosentino hanno fatto seguito, inoltre, alla scelta operata dal Presidente della Camera Gianfranco Fini di calendarizzare, per la settimana successiva al giorno della presentazione delle dimissioni, la mozione di sfiducia contro di lui (firmata da Partito Democratico, Italia dei Valori e Unione di Centro)[37].
Il 7 novembre 2013 la Giunta per le Autorizzazioni della Camera dei Deputati respinge (con 3 sì e 12 no) la relazione Costa (Popolo della Libertà), che nega l'utilizzo delle intercettazioni telefoniche di Cosentino riguardanti il caso della P3. In seguito alla reiezione, viene nominata relatrice l'onorevole Sofia Ammodio (Partito Democratico), che propone l'autorizzazione all'uso di tutte le intercettazioni richieste. La proposta è approvata dalla Giunta con 13 sì e 1 no.
Il 27 novembre 2013 la Camera dei Deputati approva (con 372 sì, 48 no e 2 astenuti) la relazione Ammodio, concedendo l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni.
Infine il 5 novembre 2014 viene rinviato a giudizio con l'accusa di diffamazione e violenza privata. Il processo è fissato per il 5 febbraio 2015 davanti alla IX sezione penale.[38]
L'11 novembre 2016 la Procura chiede la condanna di Cosentino a 1 anno e 6 mesi di reclusione.
Il 17 marzo 2018 il Tribunale di Roma condanna Cosentino a 10 mesi di reclusione per le accuse di diffamazione e violenza privata; il Tribunale condanna inoltre Cosentino (insieme all'ex assessore regionale Ernesto Sica) al pagamento di un risarcimento simbolico di un euro in favore dell'ex Presidente della Campania Stefano Caldoro, così come chiesto da Caldoro stesso.[39][40][41]
Rapporti con il clan dei Casalesi
Il nome di Nicola Cosentino è comparso in un'inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Napoli sulla camorra. Il tribunale emette una seconda ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti, soggetta ad approvazione della Camera. Il giudice delle indagini preliminari Egle Pilla lo definisce «il referente nazionale» delle cosche casalesi[42][43][44][45][46].
Il 12 gennaio 2012, la Camera dei Deputati con voto segreto chiesto dal PdL ha respinto la relazione Samperi (Pd) negando l'autorizzazione all'arresto con 309 deputati contrari e 298 favorevoli. I gruppi che in dichiarazione di voto hanno espresso parere negativo all'autorizzazione sono stati Il Popolo della Libertà, Popolo e Territorio, Forza del Sud, Partito Repubblicano Italiano, Fareitalia, Grande Sud e i Radicali del Pd mentre hanno espresso parere favorevole Partito Democratico, Italia dei Valori, Unione di Centro, Futuro e Libertà per l'Italia, Alleanza per l'Italia, Movimento per le Autonomie e i Liberal Democratici. Non hanno preso parte al voto le minoranze linguistiche (Südtiroler Volkspartei e Autonomie Liberté Démocratie) e i Liberali per l'Italia-Partito Liberale Italiano[48]. La Lega Nord ha lasciato, invece, libertà di voto, risultando così decisiva ai fini della negata autorizzazione all'arresto di Cosentino[49].
Prima del voto alla Camera Cosentino aveva annunciato che qualunque fosse stato l'esito del voto avrebbe rassegnato le sue dimissioni irrevocabili da coordinatore regionale del PdL in Campania. Dopo il voto ha formalizzato le preannunciate dimissioni[50].
Il 15 luglio 2015 la Giunta per le Autorizzazioni della Camera dei Deputati approva (con 12 sì, 2 no e 1 astenuto) la relazione Bragantini (Gruppo misto), che autorizza l'uso delle intercettazioni telefoniche di Cosentino nell'inchiesta in questione.
Il 27 ottobre 2015 la Camera dei Deputati approva a voto segreto (con 342 sì e 46 no) la relazione Bragantini, concedendo l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni.
Il 21 aprile 2017 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere condanna Cosentino a 5 anni di reclusione per tentato reimpiego di capitali illeciti con l'aggravante mafiosa.[51]
L'arresto per aver agevolato i Casalesi
Il 31 gennaio 2014 l'ex-parlamentare, assieme ai fratelli Giovanni e Antonio, viene indagato dalla Procura di Napoli per illecita concorrenza ed estorsione aggravata per aver agevolato il clan camorristico dei Casalesi. Tra gli elementi di accusa agli atti dell'inchiesta figurano intercettazioni e dichiarazioni di pentiti.[52]
Il 3 aprile seguente viene tratto in arresto, insieme ai fratelli, nell'ambito della stessa inchiesta.[53][54]
Il 15 marzo 2017 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere lo condanna a 7 anni e 6 mesi di carcere al termine del processo di primo grado ("Carburanti") in cui era imputato per estorsione e illecita concorrenza, riqualificando i reati in tentata estorsione e concussione, con l'aggravante mafiosa. La Corte ha emesso condanne rispettivamente a 9 anni e 6 mesi e 5 anni e 4 mesi anche a carico dei fratelli, Giovanni e Antonio Cosentino. I giudici dispongono poi la confisca delle quote e dei beni della società di carburanti di famiglia, l'Aversana Petroli.[55][56]
Dopo che già nel 2016 era finito ai domiciliari prima a Sesto Campano in Molise e poi nella sua abitazione di Caserta, torna in libertà nel febbraio del 2018 con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.[57]
Il 14 settembre 2018 la Corte d'Appello di Napoli assolve Cosentino ed i fratelli Giovanni e Antonio dalle accuse a loro rivolte.[58]
Il 4 giugno 2019 la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Napoli, confermando la piena assoluzione per Nicola Cosentino, i fratelli Giovanni e Antonio, e gli altri imputati del processo cosiddetto "Carburanti", relativo a fatti concernenti l'azienda di famiglia dei Cosentino, l'Aversana Petroli.[59]
L'accusa di corruzione
Il 29 aprile 2015 il GIP del Tribunale di Napoli Nord emette una nuova ordinanza di arresto per Cosentino, trasferito da poco nel carcere di Terni dopo il ritrovamento di un iPod nella sua cella, e per il cognato Giuseppe Esposito che, tramite un agente del penitenziario anch'esso arrestato, gli avrebbe fatto recapitare cibo, abiti e altro materiale e avrebbe fatto da tramite per la comunicazione esterna e per la gestione delle vicende politiche della fazione cosentiniana. Per la moglie di Cosentino, accusata anche lei di concorso in corruzione di pubblico ufficiale, scatta invece l'obbligo di dimora a Caserta.[60][61]
Il 22 giugno 2016 il Tribunale di Napoli Nord condanna Cosentino a 4 anni di reclusione per l'accusa di corruzione[62]. La condanna è confermata dalla Corte d'Appello di Napoli il 17 ottobre 2017 e dalla Corte di Cassazione il 13 settembre 2018. Avendo già scontato la pena tramite la custodia cautelare, Cosentino non va in carcere.[63][64]
^ G.de Feo e C.Pappaianni, Dal paese di Gomorra al ruolo di sottosegretario. Nuovo uomo forte della Campania. L'ascesa di Nicola Cosentino., in L'Espresso, 29 agosto 2008.
^ Gianluca Di Feo, Emiliano Fittipaldi, Così ho avvelenato Napoli, in L'Espresso, 11 settembre 2008. URL consultato il 6 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2013).
^ Gianluca Di Feo, Emiliano Fittipaldi, Cosentino, meglio tardi che mai, in L'Espresso, 14 luglio 2010, p. 1. URL consultato il 6 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 24 gennaio 2013).
Massimiliano Amato, Arnaldo Capezzuto, Corrado Castiglione, Giuseppe Crimaldi, Antonio Di Costanzo, Luisa Maradei, Peppe Papa, Ciro Pellegrino, Vincenzo Senatore, Il Casalese. Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro, Napoli, Edizioni Cento Autori, 2012. ISBN 978-88-97121-31-2