Nato ad Apiro, in provincia di Macerata, primo di dieci figli; durante gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, a causa degli spostamenti del padre, ufficiale dei carabinieri, visse in diverse città. A Bergamo conseguì il diploma di Ragioneria, presso il collegio S. Alessandro. Nel giugno 1917 si arruolò e nell'aprile successivo, dopo aver frequentato la scuola per ufficiali, fu inviato al fronte, dove fu decorato con la croce al merito di guerra. Finita la guerra, dopo il congedo, nel 1921, entrò all'ufficio borsa della Banca Popolare di Milano.[1]
Educato in una famiglia di forti sentimenti cristiani, partecipò alla vita del movimento cattolico milanese. Un ruolo particolarmente incisivo nella sua maturazione intellettuale fu esercitato da Francesco Olgiati, cui Malvestiti rimase sempre legato da forte amicizia. Militò nelle file dell'«Unione nazionale reduci di guerra», assumendo ruoli di responsabilità a livello provinciale. Tuttavia avendo rilevato che, gran parte della dirigenza nazionale di quell'organizzazione, aveva un atteggiamento accondiscendente nei confronti del fascismo, abbandonò l'Unione e fondò la «Lega lombarda reduci di guerra», raggruppamento autonomo d'ispirazione cattolica.[1]
Carriera politica
Si oppose al regime fascista fin dalle sue origini. Contestò l'idea dello Stato etico e la concezione corporativa propria dell'ideologia fascista. Nel 1928, insieme a Gioacchino Malavasi, entrambi esponenti di spicco dell'Azione Cattolica e senza alcun legame con l’esperienza del partito popolare di Luigi Sturzo, fondò il movimento politico «Azione guelfa»[2], principale gruppo di opposizione cattolica al fascismo[3]. Con tale denominazione, il gruppo voleva riprendere l'eredità del guelfismo medievale. Nel 1933 il movimento fu scoperto dalla polizia politica. Piero Malvestiti fu arrestato (20 marzo 1933) e condannato (30 gennaio 1934) a cinque anni di prigione. In seguito fu scarcerato per le cattive condizioni di salute, ma gli fu proibito di svolgere attività politica fino alla fine della condanna.
Ebbe difficoltà anche a trovare un lavoro stabile, ma riuscì a riallacciare i rapporti politici con l'Azione guelfa. Nell'estate 1942, quando divenne chiaro che il fascismo avrebbe portato il Paese alla catastrofe, si diede vita al nuovo partito dei cattolici. Malvestiti fu uno dei protagonisti della sua nascita. In agosto incontrò segretamente Alcide De Gasperi a Borgo Valsugana. In settembre, esponenti sia dei guelfi (Malvestiti, Achille Grandi, Edoardo Clerici, Enrico Falck) che degli ex popolari posero le basi per la fondazione della Democrazia Cristiana. Espressione dell'elaborazione sociale e politica del movimento neo-guelfo fu il cosiddetto Programma di Milano[4], piattaforma programmatica di 12 punti. Approvato dal gruppo di De Gasperi (che aveva accettato anche la denominazione del nuovo partito), il programma fu affisso ai muri di Milano all'indomani della caduta di Mussolini (25 luglio 1943). Il Malvestiti e gli altri estensori lo indirizzarono «agli italiani degni della libertà», e invitarono tutti i cattolici «a unirsi sotto le bandiere del partito democratico cristiano».
A liberazione avvenuta, il Malvestiti s'impegnò totalmente nella DC, entrando a far parte del Consiglio Nazionale e partecipando al primo congresso del partito, nell'aprile del 1946 a Roma. Fu eletto deputato all'Assemblea Costituente. Quindi venne eletto, sempre a Montecitorio, per la I e per la II Legislatura.
Anna M. Fiorentini, Piero Malvestiti e l'Europa. Storia di un'idea clandestina. Dall'antifascismo guelfo all'attività europeista, Milano, Unicopli, 2011
Carlo Bellò, L'onesta democrazia di Piero Malvestiti. Memorie e documenti, Milano, Ned, 1985 ISBN 9788870230864