Probabilmente nipote di Aruleno Rustico (allievo di Seneca, fatto uccidere da Domiziano), fu uno dei maestri dell'imperatore Marco Aurelio, che lo trattò con il massimo rispetto e onore[1], dichiarando:
«Da Rustico ho ricevuto l'impressione che il mio ruolo richiedesse miglioramento e disciplina; e da lui ho imparato a non lasciarmi fuorviare dall'emulazione sofisticata, né a scrivere su argomenti speculativi, né a fornire orazioni poco esortative, né a mostrarmi come un uomo che pratica molta disciplina, o fa atti benevoli per fare una buona figura (...) e io sono in debito con lui per aver conosciuto i discorsi di Epitteto, che mi ha regalato dalla sua stessa biblioteca.»
(trad. A. D'Andria)
Fu anche console nel 133 e nel 162, e membro del consiglio urbano di Roma; inoltre, dal 163 al 167 fu prefetto dell'Urbe, in tal modo impegnandosi attivamente nell'attività pubblica[2]ː in questo ruolo egli dovette presiedere il processo di alcuni cristiani, tra i quali Giustino, che venne condannato a morte[3].
Opere
Rustico, con Epitteto e Marco Aurelio stesso (tutti e tre stoici), fu uno dei filosofi più celebri del II secolo, ma, a differenza degli altri due, non ci rimane nulla dei suoi scritti.
^J. Quasten, Patrologia, N.Y., Christian Classics, 2000, vol. 1, pp. 196–197.
Bibliografia
Richard Goulet, Rusticus (Quintus Iunius), in Richard Goulet (Hrsg.), Dictionnaire des philosophes antiques, Band 5, Teil 2 (= V b), Paris, CNRS Éditions, 2012, ss. 1817-1818. - ISBN 978-2-271-07399-0