Come gli altri tirannosauridi, Tyrannosaurus era un carnivorobipede con un cranio largo e massiccio, bilanciato da una coda lunga e pesante. In confronto alle sue gambe robuste, gli arti anteriori di Tyrannosaurus erano corti, ma relativamente possenti e forniti di due dita artigliate. Superando in massa e peso altri teropodi giganti come Carcharodontosaurus, Giganotosaurus e Spinosaurus, il Tyrannosaurus fu il più grande dei tirannosauridi, il più massiccio dei teropodi carnivori e il predatore terrestre più grande e forte conosciuto.[3][4] L'esemplare fossile più completo (scoperto nel 1992 e denominato "Sue") misura circa 12,4 metri di lunghezza,[5] 4 metri di altezza ai fianchi e 5 al capo,[6] e si stima fino a 8,4 tonnellate di peso;[7] tuttavia, secondo recentissimi studi, il reperto denominato "Scotty" (scoperto nel 1991, ma completamente recuperato solo da pochi anni a causa di particolari difficoltà nello scavo) risulterebbe essere il tirannosauro più grande, massiccio ed anziano mai rinvenuto.[8][9] Accurate stime, ricavate da uno scheletro quasi completo, riportano che l'esemplare misurerebbe più di 13,1 metri di lunghezza e peserebbe circa 8,8 tonnellate, superando così il precedente record stabilito da "Sue".[8][10] Anche altri esemplari più incompleti, sono stati stimati: il "C. Rex ", scoperto da Jack Horner nel 2000, risulterebbe anch'esso essere più lungo e robusto di "Sue", facendo raggiungere alla specie i 14 metri di lunghezza[11] e portando nuovamente l'animale a detenere il titolo di più grande dinosauro carnivoro di tutti i tempi.
Alcuni paleontologi hanno ipotizzato che il T. rex fosse un predatore al vertice della piramide alimentare dell'epoca, nutrendosi di adrosauri, ceratopsidi, anchilosauridi e probabilmente anche di sauropodi;[12] altri, invece, hanno proposto che l'animale fosse uno spazzino necrofago. La questione è oggetto di un lungo dibattito nella paleontologia, nel quale la maggior parte dei paleontologi ritiene che Tyrannosaurus fosse un carnivoro opportunista, ossia che si nutrisse sia di prede vive sia di carcasse.[13] Si stima che fosse dotato d'una delle mandibole più forti nel regno animale.[14][15]
Nel corso degli anni ci sono state molte simulazioni e pubblicazioni atte a stimare la forza del morso del Tyrannosaurus rex, e nel 2019 sono stati effettuati nuovi studi sul cranio del grande predatore. Ian N. Cost della Columbia University, avvalendosi di una variegata équipe, dopo aver ricostruito una complessa mappa 3D del cranio del rettile e averne analizzato le dinamiche, anche con tecniche ingegneristiche, valutando l'insieme di tessuti di collagene e legamenti, è giunto alla conclusione che il Tyrannosaurus rex possedesse una struttura del cranio rigida (come quella dei coccodrilli e delle iene) e non flessibile (come gli uccelli e i serpenti).[16] Inoltre dalle analisi è emerso che il palato del T. rex fosse particolarmente rigido ed in grado di resistere a sollecitazioni meccaniche molto forti durante i morsi. Tutto questo avrebbe garantito al rettile di esercitare nel morso una forza di 64 000 Newton, pari a circa 6,5 tonnellate, rendendolo in grado di frantumare qualsiasi tipo di ossa e di nutrirsi del midollo di Adrosauri e Ceratopsidi.[17] Secondo varie sperimentazioni, il Tyrannosaurus rex sarebbe stato in grado di distruggere la carrozzeria di un'auto.[17]
In ogni caso, la forza sprigionata dalle mandibole del T. rex rende questo grande rettile ufficialmente l'animale terrestre dal morso più potente mai registrato; basta pensare che un esemplare adulto avrebbe potuto provocare ad una preda (come ad esempio un Triceratops) una ferita lunga 60 cm e profonda 30 cm, il che significa che raggiunta la preda da dietro il T.rex l'avrebbe immediatamente atterrata.[18]
Sono stati rinvenuti più di 50 resti fossili di Tyrannosaurus, inclusi diversi scheletri quasi completi. Almeno uno di questi esemplari conserva tracce di tessuti molli e di proteine. L'abbondanza di reperti ha reso possibile ricerche dettagliate sugli aspetti della biologia di Tyrannosaurus, incluse quelle relative alla biomeccanica ed alla sua crescita. Sono invece ancora oggetti di dibattito i suoi comportamenti di caccia, il suo grado di intelligenza, la sua fisiologia e altri dettagli di vita come la sua velocità massima durante una corsa. Anche la sua tassonomia è oggetto di controversie, poiché alcuni studiosi considerano Tarbosaurus bataar, rinvenuto in Asia, una seconda specie di Tyrannosaurus, mentre altri lo classificano come un genere separato. Altri generi di tirannosauridi nordamericani, descritti al momento della loro scoperta come nuovi taxa, sono stati successivamente sinonimizzati con Tyrannosaurus.
Etimologia
«Tyrannosaurus è universalmente noto con l'intero nome specifico, Tyrannosaurus rex, fatto che lo eleva al di sopra del genere anonimato delle altre specie di fossili, quasi tutte note solo col nome generico, senza mai menzione della specie. Qualcuno cita mai Velociraptor mongoliensis? No, esiste solo il "velociraptor" (o, peggio, "il raptor").»
Il nome scientifico del tirannosauro si deve a Henry Fairfield Osborn e richiama in ambo le sue parti un'idea di dominio: Tyrannosaurus è la sintesi del greco τύραννος (týrannos: "tiranno") e σαῦρος (sâuros: "lucertola"); rex è il latino per "re". Dunque il suo nome scientifico completo significa "Re Lucertola Tiranna".[1]
Descrizione
Dimensioni
«Il Tirannosauro univa in sé le dimensioni di un elefante, la violenza di una tigre e la dentatura di uno squalo[20]»
Il Tyrannosaurus rex fu uno dei carnivori terrestri più grossi di tutti i tempi; l'esemplare più completo, e ritenuto fino a poco tempo fa, il più grande scoperto (inventariato come FMNH PR2081 e noto col nomignolo di "Sue"), ha uno scheletro che misura 12,3 metri di lunghezza,[5] ed è alto 4 metri ai fianchi.[6] Stime sul suo peso in vita variano, da 4,5 tonnellate[21][22] fino a più di 7,2,[23] sebbene le stime più recenti lo valutino dalle 5,4 alle 6,8 tonnellate.[7][24][25][26] Uno studio condotto nel 2011 determinò che il peso massimo di Sue, sia stimabile tra 9,5-18,5 tonnellate. Gli autori dello studio dichiararono però che le loro stime minime e massime sono basate su modelli con margini d'errore sostanziali, e che consideravano le stime o troppo "smilze", "grasse", o "sproporzionate".[5] Packard et al. (2009) applicò i metodi usati per stimare il peso di dinosauri per stimare il peso degli elefanti, e scoprì che tali metodi producevano sovra stime; perciò il peso di Tyrannosaurus rex potrebbe essere inferiore a quanto valutato in passato.[27] Altre stime hanno concluso che gli esemplari più grandi di Tyrannosaurus pesassero circa[28] o oltre le 9 tonnellate.[5][29][30]
Nel Marzo 2019 è stato appurato da un team di paleontologi, guidati da Scott Pearson, che il reperto denominato "Scotty" (RSM P2523.8), scoperto nel 1991 e completamente recuperato solo da pochi anni, a causa di particolari difficoltà nello scavo, risulterebbe essere il tirannosauro più grande mai rinvenuto.[8][9] Il reperto è considerato ormai completo (circa al 70%) e dallo studio delle zampe posteriori e del femore, il gruppo di ricerca ha potuto stabilire con certezza che " Scotty " fosse lungo più di 13 metri e pesante 8,845 tonnellate, superando in tal modo il record stabilito da "Sue"[8][9]; In particolare sorprende la robustezza dell'animale, tale da renderlo il più massiccio predatore terrestre mai scoperto,[9] inoltre Scotty risulta essere il più anziano tirannosauro mai trovato avendo vissuto per circa trent'anni.[9]
Altri tirannosauri di taglia "extra large" , seppur notevolmente incompleti, sono l'esemplare "MOR 008" il cui peso è stato stimato fosse 7 tonnellate per 14 metri di lunghezza.[31] ed il reperto soprannominato "C-REX" , le cui stime, eseguite da Jack Horner, attribuirebbero al T. Rex un peso vicino alle 9,6-11 tonnellate e una lunghezza superiore ai 14 metri.[32] Si tratta comunque di stime eseguite su reperti incompleti, in particolare dedotte dalle dimensioni degli arti inferiori.
Come gli altri teropodi, il collo di Tyrannosaurus era curvato a forma di 'S', ma si distingueva per la sua limitata lunghezza e la muscolatura che sopportava la sua testa massiccia. Gli arti anteriori erano forniti di sole due dita,[33] con un ulteriore metacarpo diminuito che rappresenta un terzo dito residuo.[34] Al contrario, gli arti posteriori erano tra i più lunghi relativi al corpo di qualsiasi altro teropode. La coda era lunga e robusta, pesante mezza tonnellata, contenendo a volte più di 40 vertebre, per bilanciare il peso della testa e del torace massiccio. Molte delle ossa erano cave, fatto spiegato come alleggerimento dell'animale senza perdita di forza fisica.[33]
Testa
La testa in quanto tale era eccezionalmente massiccia, lunga oltre 1 metro e mezzo[35] e, rispetto ad altri teropodi precedenti e contemporanei, fortemente modificata nella forma.
Ad oggi l'esemplare col cranio maggiore risulta essere Scotty, con i suoi 159-161 cm di lunghezza. L'area posteriore del cranio era molto allargata, mentre il muso si stringeva in corrispondenza delle narici. Di conseguenza gli occhi riuscivano ad avere un ottimo campo visivo nella regione anteriore e anteriore/inferiore, fornendo all'animale una visione stereoscopica ritenuta superiore a quella delle altre specie contemporanee.[36][37]
Le ossa nasali, fuse tra loro, fornivano all'animale una struttura cranica più massiccia e resistente. Molte ossa erano pneumatiche, come quelle degli uccelli, consentendo così una riduzione del peso e una migliore flessibilità. Queste caratteristiche indicano una notevole potenza del morso che doveva essere di gran lunga superiore rispetto a tutti i non tirannosauridi.[14][38][39]
La bocca del T. rex presentava trenta denti nell'arcata superiore e ventotto in quella inferiore, caratterizzati da un'elevata eterodonzia (differenza di forma).[33][40] La lunghezza varia dai dieci ai trenta cm. In generale hanno una sezione trasversale ovale e presentano un bordo finemente seghettato. I premascellari superiori sono, invece, ravvicinati e presentano una sezione a D. I denti rimanenti erano robusti, più spaziati e con nervature di rinforzo, piegati all'indietro con una forma complessiva a banana che evitava che si spezzassero durante il morso e mentre strappavano la carne.[41] Le dimensioni dei denti potevano arrivare fino a trenta cm di lunghezza, inclusa la radice; erano quindi i più grandi tra i dinosauri carnivori.[6]
Il morso del tirannosauro era poderoso, simile per potenza a quello dell'attuale coccodrillo marino con una stima di 36.000 - 53.000 N. Non era tuttavia in grado di rivaleggiare con quello dei grandi coccodrilli, che lo superavano diverse volte per potenza e pressione.[42] Questa caratteristica gli consentiva comunque di perforare e spezzare le ossa di prede di grandi dimensioni, come si nota dai segni lasciati dai denti su alcuni resti fossili. La mandibola secondo una simulazione fatta da Gregory Erickson, della Florida State University, e Paul Gignac, dell'Oklahoma State University e pubblicata su Scientific Reports poteva esercitare un morso di 36.000 N circa, cifra poi elevata a 53.000 N negli studi successivi. La pressione era dell'ordine di 700 kg/cm2. Questa forza era però estremamente inferiore rispetto a quella dei grandi coccodrilli, come Purussaurus o Rhamposuchus[42][43][44]. Come afferma Gignac, grazie a questa abilità ''il T. rex è riuscito a sfruttare maggiormente le carcasse dei grandi dinosauri cornuti e dei dinosauri dal becco di anatra, le cui ossa erano ricche di sali minerali e di midollo''.
Nel 2019 sono stati effettuati nuovi studi sul cranio e il morso di T. rex; Ian N. Cost (Dipartimento di Patologia e Scienze anatomiche dell'ateneo di Columbia) a capo di una variegata équipe di ricercatori, dopo aver ricostruito una complessa mappa 3D del cranio del rettile e averne analizzato le dinamiche anche con tecniche ingegneristiche, è giunto a importanti conclusioni: il morso di Tyrannosaurus rex poteva sprigionare la forza di 64.000 N. pari a 7,1 tonnellate, circa quattro volte in più del coccodrillo marino. Non mancano studi che mostrano stime anche maggiori, con dati che addirittura triplicano le stime sopracitate, rendendo il morso del Tyrannosaurus rex, con 195.000 N di potenza.[45]
Pelle: squame o piume
Benché non ci siano prove dirette per la presenza di piumaggio in Tyrannosaurus, molti paleontologi, all'inizio del secondo decennio del XXI secolo, in base alla presenza in specie imparentate di taglia simile,[46] ritengono che sia probabile che avesse un corpo ricoperto di piume o che esse fossero presenti almeno su parti del corpo.[47]. Mark Norell dell'American Museum of Natural History dichiarò che, malgrado l'assenza di prove dirette, il motivo per ritenere che T. rex fosse piumato, per almeno una fase della sua vita, è uguale a quello per ritenere che l'australopitecoLucy avesse i peli.[46]
Le prime indicazioni suggerenti la presenza di piumaggio nei tirannosauroidi vennero dalla specie Dilong paradoxus, scoperto nella Formazione Yixian di Cina (2004). Il suo scheletro fossilizzato conserva delle strutture filamentose che sono comunemente riconosciute come i precursori delle piume.[48] Siccome fino a questa scoperta tutte le impronte della pelle dei tirannosauroidi giganti conosciuti mostravano segni di squame, i ricercatori che studiavano Dilong congetturarono che le piume fossero presenti negli esemplari adulti di specie di taglia minore e gli esemplari giovani di specie più grandi, per poi essere perse alla maturità.[48] Ulteriori e successive scoperte suggerirono che anche certi tirannosauridi giganti adulti avevano le piume (come lo Yutyrannus huali), così mettendo in dubbio l'ipotesi che la presenza di piumaggio fosse collegata alla grandezza.[49]
Il rinvenimento dello Yutyrannus huali (9 metri di lunghezza circa) nel 2012, evidenziò la presenza di piume su varie parti del corpo, così suggerendo che il corpo intero ne fosse ricoperto,[49] e questo fece spostare l'attenzione sulla possibilità che anche Tirannosauridi di maggiori dimensioni, come il T. rex, potessero esserne ricoperti.
Studi pubblicati nel 2017 (anche da Biology Letters[50] e da National Geographic[51]), condotti dai paleontologi Peter Larson e Jack Persons, fornirebbero prove avvaloranti la tesi che il T. rex fosse ricoperto da squame, come gli odierni rettili, e non da piume; infatti secondo questo studio basato sulle impronte della pelle di un tirannosauro, denominato dai ricercatori "Wyrex", impresse su alcune rocce, impronte di parti del bacino, della coda e del collo, è chiaramente emersa l'assenza di setole o piume e una tipica formazione squamosa da rettile.[52]
Infatti la correlazione inerente al piumaggio, tra Il Nord Americano Tyrannosaurus rex e l'asiatico Yutyrannus huali, alla luce dei nuovi ed evidenti riscontri di pelle squamosa, evinti su vari generi di tyrannosauridi del Tardo Cretaceo, come Gorgosaurus, Tarbosaurus e lo stesso T. rex, al momento vacilla se non cade completamente. Il confronto diretto tra le stesse parti del corpo di Yutyrannus e gli altri tirannosauridi Nord Americani, mostra la netta discrepanza tra i reperti: lì dove su Yutyrannus erano emerse tracce di piumaggio, non vi è alcun riscontro per il T. rex[53] Tutto ciò ha suggerito ai paleontologi che questi animali avessero preso strade evolutive differenti.[53] I ricercatori sono convinti che il T. rex avesse perso completamente o quasi, tali strutture per una questione di taglia, termoregolazione corporea, ed habitat.[51]
Pertanto, dopo un decennio di discussione, i paleontologi (tra i quali Philip J. Currie e Robert T. Bakker[50]) sono concordi per quanto concerne la ricostruzione dell'aspetto del T. rex ad un'interpretazione più tradizionale e "canonica", in assenza di vere prove sulla presenza di protopiume.[52]
Inoltre la scoperta di tegumento facciale squamoso, in un esemplare di Daspletosaurus, indicherebbe che buona parte dei tirannosauridi, compreso il Tyrannosaurus, possedessero sviluppati organi sensoriali tegumentari facciali, eventualmente utilizzati per il contatto, la modulazione dei movimenti mascellari, la percezione della temperatura e la rilevazione delle prede. Le grandi scaglie piatte e larghe presenti sul muso (simili a quelle dei coccodrilli) garantivano inoltre un ulteriore protezione sul muso durante la cattura delle prede e durante i combattimenti intraspecifici.[54][55][56]
Dimorfismo sessuale
Tra gli anni ottanta e gli anni novanta, quando si è cominciato ad avere un numero di evidenze fossili sufficientemente ampio per effettuare analisi su basi statistiche, si cominciò a proporre di differenziare sessualmente i tirannosauri in base alla grandezza. Esistono infatti due "tipi" distinti di scheletri di tirannosauro adulto. Un tipo è massiccio e grande, mentre il secondo tipo è più gracile e di dimensioni più contenute. L'esempio lampante della prima categoria è lo scheletro denominato SUE (in onore della scopritrice Sue Hendrickson) il più completo (e anche più grande, raggiungendo i 13 metri di lunghezza) mai ritrovato.
È stato proposto da diversi paleontologi che, come accade negli uccelli rapaci odierni, gli scheletri più grandi e massicci appartenessero alle femmine di tirannosauro, mentre quelli più leggeri appartenessero ai maschi. L'ipotesi sembrava trovare riscontro nella differenza dimensionale nel chevron della prima vertebra caudale. L'osso in questione appariva più sviluppato sugli esemplari più piccoli e meno sui più grandi. Si ipotizzò che le ridotte dimensioni fossero legate alla necessità di lasciare passare più facilmente le uova dal tratto riproduttivo.[57] A rafforzare la teoria, venne portato un vecchio studio di Romer sui coccodrilli, che si sarebbe però rivelato erroneo.[58]
La scoperta di questo errore di fondo nello studio sui coccodrilli, unito al rinvenimento nello scheletro di SUE di un chevron pienamente sviluppato, hanno portato in anni recenti a rivedere radicalmente queste ipotesi. L'unico individuo di cui sia stato individuato con certezza il sesso è il MOR 1125 (il cosiddetto B-rex rinvenuto nel Montana orientale di cui è stato possibile analizzare il midollo, conservatosi parzialmente), scoperto da Jack Horner e Mary Schweitzer nel 2000. L'esemplare non era particolarmente grande, né era molto completo. Tuttavia, uno sguardo all'interno di uno dei femori nel 2007 ha rivelato che si trattava di un esemplare unico. C'erano tessuti molli all'interno, insieme a strutture simili a vasi sanguigni. Questi erano simili ai vasi sanguigni di uno struzzo, fornendo ulteriori prove della relazione tra uccelli e dinosauri. Da un'analisi dei tessuti conservati si è rivelato essere una femmina, morta probabilmente all'età di 16 anni, circa 68 milioni di anni fa. Una parte è risultata essere un tessuto midollare specializzato, che si trova solo negli uccelli femmine durante l'ovulazione e serve a fornire calcio per la formazione dei gusci delle uova.[59]
Al momento non ci sono quindi prove certe che indichino l'esistenza di un dimorfismo legato al sesso degli individui. Considerata la vasta diffusione territoriale della specie, è possibile che le differenze di dimensione siano da attribuire a variabilità delle condizioni ambientali (temperature locali, maggiore o minore disponibilità di cibo, ecc.). Un'altra possibilità è semplicemente che gli esemplari più grandi fossero anche i più anziani.[33]
Postura
I ritratti moderni nei musei, nell'arte e nel cinema mostrano T. rex con un corpo parallelo al suolo, con la coda estesa dietro il corpo per bilanciare la testa.[60]
Vecchie ricostruzioni, durate fino agli anni ottanta, mostrano l'animale come una sorta di “tripode vivente”, quasi eretto sulle zampe posteriori e con la coda che funge da terzo punto d'appoggio, strisciata a terra. Questo tipo di ricostruzione, che per certi versi si può considerare “antropomorfizzata” si deve indirettamente a Joseph Leidy, che così aveva riassemblato nel 1865 il suo Hadrosaurus foulkii (che fu il primo dinosauro ad essere descritto come un bipede).[61] Convinto che T. rex assumesse una postura simile, Henry Fairfield Osborn rafforzò questa concezione sposando la teoria e presentando, nel 1915, il primo scheletro di tirannosauro completo, montato in questa maniera al Museo di Storia Naturale di New York.[62]
Dagli anni settanta in poi, tuttavia, si è capito che questa postura è assolutamente irrealistica, perché avrebbe causato l'indebolimento e la slogatura di numerose articolazioni (tra cui le più importanti ad essere interessate sarebbero state il collo e il bacino).[63] Le precedenti ricostruzioni, che erano diventate molto popolari e avevano ispirato numerosi film e riproduzioni, vennero così sostituite da quelle più moderne che rappresentano la postura del Tyrannosaurus rex con il corpo pressoché parallelo al suolo e la coda estesa in modo da bilanciare il peso della testa.[60] Nel corso degli anni sono state rinvenute relativamente poche orme fossilizzate appartenenti al Tyrannosaurus, generalmente lunghe tra i 42 e gli 87-107 cm di lunghezza, più un'enorme impronta rinvenuta al confine tra Columbia ed Alberta lunga circa 123 cm assieme a quelle di almeno altri due esemplari, prova che forse questi predatori potevano cacciare in branco.[64]
Arti anteriori
Quando il primo scheletro di Tyrannosaurus rex fu ritrovato, l'omero era l'unico elemento noto degli arti anteriori.[65] Osborn nel 1915 aveva ricostruito il tirannosauro prelevando gli arti da un allosauro (più lunghi e dotati di tre dita).[66]
Nel 1914 però, Lawrence Lambe aveva proposto che fosse più appropriato dotarlo di appendici simili a quelle di Gorgosaurus, data la maggiore affinità delle due specie.[67] Quale fosse il loro aspetto reale è stato un mistero fino al 1989. In quell'anno venne scoperto il cosiddetto "Wankel rex" (esemplare MOR 555) completo degli arti anteriori e si è avuta la certezza del loro aspetto, confermando l'ipotesi di Lambe.[68][69][70]
L'esame scheletrico dell'apparato brachiale[71] suggerisce che questi arti non possano essere considerati semplicemente vestigiali, a differenza di quanto ipotizzato da Paul nel 1988. Le ossa presentano ampie aree per l'attacco di robusti muscoli.
Rimane aperto il dibattito su quale potesse essere la loro funzione. Alcuni paleontologi hanno proposto che l'animale se ne servisse per portare alla bocca pezzi di carne.
L'ipotesi è probabilmente da scartare. La giuntura del gomito e della spalla consente movimenti in un arco di non più di 40/45º, insufficienti allo scopo.
È invece possibile che usasse gli arti per tenere fermo il partner durante la copula,[72] o per trattenere fermamente e limitare i movimenti delle prede.[71] Un'ipotesi più recente è che avessero la funzione di aiutare l'animale a rialzarsi, poggiando i palmi sul terreno e facendo pressione, dandogli così una piccola spinta per farlo rialzare.[63]
Classificazione
Filogenesi
Tyrannosaurus è il genere tipo della superfamiglia Tyrannosauroidea, la famigliaTyrannosauridae e la sottofamigliaTyrannosaurinae; in breve, rappresenta lo standard per cui i paleontologi decidono di includere altre specie in questi gruppi. Altri membri della sottofamiglia tyrannosaurine includono il nordamericano Daspletosaurus e l'asiatico Tarbosaurus,[73][74] entrambi occasionalmente sinonimizzati in Tyrannosaurus.[60] In passato, si credeva che i tyrannosauridi fossero i discendenti di teropodi giganti più antichi, come megalosauroidi o carnosauri, ma successive ricerche indicarono che questi animali derivavano da piccoli coelurosauri, raggiungendo solo in seguito dimensioni maggiori.[75]
Diverse analisi filogenetiche hanno dimostrato che la specie Tarbosaurus bataar è il taxon gemello di T. rex.[74] Inoltre, la scoperta del tyrannosauride Lythronax confermò la stretta parentela tra Tarbosaurus e Tyrannosaurus formando un clade con un altro tyrannosauride asiatico, Zhuchengtyrannus. Questo clade, i Tyrannosaurini, sarebbe il taxon gemello di Lythronax.[76][77] Un ulteriore studio del 2016 condotto da Steve Brusatte, Thomas Carr e colleghi, suggerirebbe che Tyrannosaurus potrebbe essere migrato dall'Asia, nonché un possibile discendente di Tarbosaurus.[78]
Questo cladogramma è basato sull'analisi filogenetica condotta da Loewen et al. nel 2013.[76]
Nella loro descrizione di Tyrannosaurus mcraeensis del 2024 , Dalman et al. hanno recuperato risultati simili alle analisi precedenti, con Tyrannosaurus come taxon gemello del clade formato da Tarbosaurus e Zhuchengtyrannus, chiamati Tyrannosaurini. Hanno anche trovato supporto per un clade monofiletico contenente Daspletosaurus e Thanatotheristes, tipicamente indicati come Daspletosaurini.[79][80]
Nel 1955, il paleontologo sovietico Evgeny Maleev nominò una nuova specie scoperta in Mongolia; Tyrannosaurus bataar.[82] Nel 1965, questa specie fu rinominata Tarbosaurus bataar.[83] Mentre la maggior parte dei paleontologi continua a mantenere i due come generi distinti, alcuni autori come Thomas Holtz, Kenneth Carpenter e Thomas Carr sostengono che le due specie siano abbastanza simili da essere considerate membri dello stesso genere, il cambierebbe il binomio del taxon asiatico in Tyrannosaurus bataar.[75]
Nel 2001, vari denti di tyrannosauride e un metatarso rinvenuti in una cava vicino a Zhucheng, Cina, furono assegnati dal paleontologo cinese Hu Chengzhi alla specie appena nominata Tyrannosaurus zhuchengensis. Tuttavia, in un sito vicino, un mascellare destro e un ramo mandibolare sinistro furono assegnati al genere Zhuchengtyrannus, appena eretto nel 2011. È possibile che T. zhuchengensis sia sinonimo di Zhuchengtyrannus. In ogni caso, T. zhuchengensis è considerato un nomen dubium poiché l'olotipo manca di caratteristiche diagnostiche al di sotto del livello Tyrannosaurinae.[84]
In uno studio del 2022, Gregory S. Paul e colleghi sostennero che Tyrannosaurus rex, come tradizionalmente inteso, rappresentassero in realtà tre specie: la specie tipo Tyrannosaurus rex e due nuove specie: T. imperator (il cui nome significa "lucertola tiranna imperatore") e T. regina (che significa "lucertola tiranno regina"). L'olotipo del primo (T. imperator) sarebbe rappresentato dall'esemplare "Sue", mentre l'olotipo della seconda (T. regina) sarebbe rappresentata dall'esemplare "Wankel rex". La divisione in più specie si basava principalmente sull'osservazione di un grado molto più elevato di variazione nelle proporzioni e nella robustezza del femore (e di altri elementi scheletrici) tra gli esemplari catalogati di T. rex, più di quelli osservati in altri teropodi riconosciuti come una singola specie. Come prove sono state utilizzate anche differenze delle proporzioni generali del corpo che rappresentano morfotipi robusti e gracili, oltre al numero di denti incisivi piccoli e sottili nel dentario, basatisi sugli alveoli dentali. Nello specifico, la specie tipo T. rex dell'articolo si distingueva per un'anatomia robusta, un rapporto moderato tra lunghezza del femore e circonferenza e il possesso di un singolo dente incisivo e sottile nel dentario; T. imperator è descritto come robusto con un piccolo rapporto tra lunghezza del femore e circonferenza e due denti sottili; mentre T. regina era una forma gracile con un rapporto del femore elevato e con un singolo dente sottile. Lo studio osserva come le variazioni nelle proporzioni e nella robustezza diveniva sempre più estrema negli esemplari stratigraficamente più recenti. Ciò è stato interpretato come un'unica popolazione originale, T. imperator, che diede origine a più di un taxon, T. rex e T. regina.[85]
Tuttavia, diversi importanti paleontologi, tra cui Stephen Brusatte, Thomas Carr, Thomas Holtz, David Hone, Jingmai O'Connor e Lindsay Zanno, hanno criticato lo studio o espresso scetticismo sulle sue conclusioni quando sono stati contattati da vari media per un commento a riguardo.[86][87][88] La loro critica fu successivamente pubblicata in un documento tecnico.[89] Holtz e Zanno osservarono entrambi che era plausibile che esistesse più di una specie di Tyrannosaurus, ma ritenevano che il nuovo studio fosse insufficiente per supportare la specie proposta. Holtz osservò che, anche se Tyrannosaurus imperator rappresentasse una specie distinta dal T. rex, potrebbe rappresentare la stessa specie di Nanotyrannus lancensis e pertanto dovrebbe essere chiamata Tyrannosaurus lancensis. O'Connor, un curatore del Field Museum, dove è esposto l'olotipo di T. imperator Sue, considerava la nuova specie troppo poco supportata per giustificare il cambio del nome sui tabelloni della mostra. Brusatte, Carr e O'Connor consideravano le caratteristiche distintive proposte tra le specie come semplici variazioni naturali all'interno di una specie. Sia Carr che O'Connor hanno espresso preoccupazione per l'incapacità dello studio di determinare a quale delle specie proposte appartenessero diversi esemplari ben conservati. Un altro paleontologo, Philip J. Currie, fu originariamente coautore dello studio ma si ritirò da quest'ultimo poiché non voleva essere coinvolto nella definizione del nome della nuova specie.[86]
Paul respinse le obiezioni sollevate dai critici, insistendo sul fatto che non sono disposti a considerare che il Tyrannosaurus possa rappresentare più di una specie.[90][91] In un successivo articolo in attesa di pubblicazione, Paul mantenne la conclusione che Tyrannosaurus fosse costituito da tre specie, sottolineando che le critiche allo studio sui nomi di T. imperator e T. regina si sono concentrate solo su due delle caratteristiche utilizzate per distinguere le due nuove specie (il numero di piccoli denti incisivi e la robustezza del femore), mentre lo studio originale confrontava anche la robustezza anche di altre ossa (mascella, dentario, omero, ileo e metatarsi). Inoltre, Paul sostenne che Tyrannosaurus può essere separato in tre specie diverse in base alla forma delle protuberanze a forma di pomello ("bozze postorbitali") dietro gli occhi. Paul sostenne che le ricerche passate che concludevano che Tyrannosaurus consisteva di una singola specie, T. rex, avevano semplicemente presupposto che tutti gli scheletri di Tyrannosaurus appartenessero a un'unica specie e che molte nuove specie di dinosauri sono state nominate sulla base di molte meno differenze rispetto a quanto lui e i suoi colleghi abbiano usato per proporre T. imperator e T. regina.[92]
Tyrannosaurus mcraeensis
Nel 2024, Sebastian G. Dalman, Mark A. Loewen, R. Alexander Pyron, Steven E. Jasinski, D. Edward Malinzak, Spencer G. Lucas , Anthony R. Fiorillo, Philip J. Currie e Nicholas R. Longrich descrissero i resti di un tyrannosauro scoperto nel 1983 nella Formazione Hall Lake, risalente al tardo Campaniano-Maastrichtiano inferiore del Nuovo Messico. Riposizionato al Museo di Storia Naturale e Scienza del Nuovo Messico, l'esemplare fossile (NMMNH P-3698) comprende il postorbitale destro, lo squamosale destro, il palatino sinistro e una mandibola incompleta proveniente dal cranio, un dentario sinistro, lo spleniale destro, il prearticolare destro, l'angolare destro e l'articolare destro dalla mandibola, oltre ad alcuni denti isolati e uno chevron.[79] Alcune ossa furono brevemente menzionate nel 1984 come appartenenti a T. rex,[93] e descritte nel 1986.[94]
Dalman et al. (2024) proposero il nuovo nome Tyrannosaurus mcraeensis per l'olotipo. Il nome della specie, mcraeensis, fa riferimento al Gruppo McRae, gli strati rocciosi a cui appartiene la Formazione Hall Lake. Si stima che questi strati rocciosi risalgano a un periodo compreso tra i 72,7 e i 70,9 milioni di anni fa, correlati alla fine del Campaniano o all'inizio del Maastrichtiano. Ciò anticiperebbe di circa 5–7 milioni di anni i più antichi esemplari di T. rex, che visse alla fine del Maastrichtiano. Si stima che T. mcraeensis avesse dimensioni simili a T. rex, con una lunghezza stimata di circa 12 metri. Le due specie si distinguono per varie caratteristiche del cranio. Tra questi, il dentario di T. mcraeensis è proporzionalmente più lungo e possiede un mento meno prominente, e la mandibola era meno profonda di quella di T. rex, suggerendo un morso proporzionatamente più debole. Anche i denti sono smussati e più compressi lateralmente, mentre le creste postorbitarie sono meno prominenti. Allo stesso modo, l'anatomia scheletrica mostra caratteristiche condivise con Tarbosaurus e Zhuchengtyrannus.[79][95]
Nanotyrannus
Altri tyrannosauridi scoperti nelle stesse formazioni di T. rex furono prima classificati come taxa separate, tra cui Aublysodon e Albertosaurus megagracilis,[60] quest'ultimo rinominato Dinotyrannus megagracilis, nel 1995.[96] Attualmente questi fossili sono considerati appartenenti a giovani Tyrannosaurus.[97] Un piccolo cranio quasi completo scoperto in Montana che misura 60 cm potrebbe essere un'eccezione. Questo cranio, CMNH 7541, fu originariamente classificato come una specie di Gorgosaurus (G. lancensis) da Charles W. Gilmore, nel 1946.[98] Tuttavia, nel 1988, l'esemplare fu ridescritto da Robert T. Bakker, Phil Currie e Michael Williams, allora curatore del dipartimento di paleontologia presso il Museo di Storia Naturale di Cleveland, dove l'esemplare originale era ospitato ed è ora esposto. La loro ricerca iniziale indicava che le ossa del cranio erano fuse e che quindi il cranio rappresentava un esemplare adulto. Alla luce di ciò, Bakker e colleghi assegnarono il cranio a un nuovo genere che nominarono Nanotyrannus (che significa "tiranno nano", per le sue dimensioni apparentemente piccole). Si stima che l'esemplare fosse lungo circa 5,2 metri quando morì.[99] Tuttavia, nel 1999, un'analisi dettagliata di Thomas Carr rivelò che l'esemplare era un giovane, portando Carr e molti altri paleontologi a considerarlo un individuo giovanile di T. rex.[100][101]
Nel 2001, venne scoperto un tyrannosauro giovanile più completo (soprannominato "Jane", numero di catalogo BMRP 2002.4.1), appartenente alla stessa specie dell'esemplare originale di Nanotyrannus. Questa scoperta ha spinto una conferenza sui tyrannosauri incentrata sulle questioni della validità di Nanotyrannus al Burpee Museum of Natural History, nel 2005. Diversi paleontologi che avevano precedentemente pubblicato opinioni secondo cui N. lancensis fosse una specie valida, tra cui Currie e Williams, hanno visto la scoperta di "Jane" come una conferma che Nanotyrannus fosse, a tutti gli effetti, un giovane T. rex.[102][103][104] Peter Larson continuò a sostenere l'ipotesi che N . lancensis fosse una specie separata ma strettamente imparentata, basata su caratteristiche del cranio come due denti in più nella mandibola e nella mascella rispetto a T. rex; così come mani proporzionalmente più grandi con falangi sul terzo metacarpo e una diversa anatomia della forcula in un esemplare non descritto. Sostenne, inoltre, che Stygivenator, generalmente considerato un giovane T. rex, potrebbe essere un esemplare più giovane di Nanotyrannus.[105][106] Ricerche successive hanno rivelato che anche altri tyrannosauridi come Gorgosaurus sperimentassero una riduzione del numero dei denti durante la crescita,[100] e data la disparità nel numero dei denti tra individui della stessa fascia di età in questo genere e Tyrannosaurus, questa caratteristica potrebbe essere dovuta anche a variazioni individuali.[101] Nel 2013, Carr ha osservato che tutte le differenze affermate a sostegno della validità di Nanotyrannus si sono rivelate caratteristiche variabili individualmente o ontogeneticamente o prodotte dalla distorsione delle ossa.[107]
Nel 2016, l'analisi delle proporzioni degli arti da parte di Persons e Currie ha suggerito che gli esemplari di Nanotyrannus avessero diversi livelli di cursorialità, separandolo potenzialmente da T. rex.[108] Tuttavia, il paleontologo Manabu Sakomoto ha commentato che questa conclusione potrebbe essere influenzata dal limitato numero di esemplari e la discrepanza non riflette necessariamente la distinzione tassonomica.[109] Nel 2016, Joshua Schmerge sostenne la validità di Nanotyrannus sulla base delle caratteristiche del cranio, incluso un solco dentario nel cranio dell'esemplare BMRP 2002.4.1. Secondo Schmerge, poiché tale caratteristica è assente in T. rex e si trova solo in Dryptosaurus e negli albertosaurini, ciò suggerisce che Nanotyrannus sia un taxon distinto all'interno di Albertosaurinae.[110] Lo stesso anno, Carr e colleghi notarono che ciò non era sufficiente per chiarire la sua validità o la classificazione di Nanotyrannus, essendo una caratteristica comune e ontogeneticamente variabile tra i tyrannosauroidi.[111]
Uno studio del 2020 di Holly Woodward e colleghi ha mostrato che gli esemplari riferiti a Nanotyrannus erano tutti ontogeneticamente immaturi, ritenendo probabile che questi esemplari appartenessero a giovani individui di T. rex.[112] Lo stesso anno, Carr pubblicò un articolo su T. rex, scoprendo che l'esemplare CMNH 7541 si adattava alla variazione ontogenetica prevista del taxon e mostrava caratteristiche giovanili trovate in altri esemplari. L'esemplare è stato classificato come un giovane, di età inferiore a 13 anni con un cranio inferiore a 80 centimetri di lunghezza. Nessuna variazione sessuale o filogenetica significativa era distinguibile in nessuno dei 44 esemplari studiati. Carr affermò inoltre che i caratteri di potenziale importanza filogenetica diminuiscono nel corso dell'età alla stessa velocità con cui avviene la crescita.[113] Discutendo i risultati dell'articolo, Carr descrisse come tutti gli esemplari di "Nanotyrannus" formassero una transizione di crescita continua tra i giovani più piccoli e i subadulti, diversamente da quanto ci si aspetterebbe se si trattasse di un taxon distinto in cui gli esemplari si raggruppassero con l'esclusione di Tyrannosaurus. Carr concluse che "i nanomorfi non sono così simili tra loro e formano, invece, un importante ponte nella serie di crescita in T. rex che cattura l'inizio del profondo cambiamento dal cranio stretto e lungo dei giovani al cranio robusto e profondo osservato negli adulti completamente sviluppati".[114]
Tuttavia, un articolo del 2024 pubblicato da Nick Longrich e Evan Thomas Saitta ha riesaminato l'olotipo ed esemplari riferiti a Nanotyrannus. Sulla base di diversi fattori, comprese le differenze nella morfologia, ontogenesi e filogenesi, Longrich e Saitta suggeriscono che Nanotyrannus sia un taxon distinto che potrebbe non rientrare in Tyrannosauridae, sulla base di alcune delle loro analisi filogenetiche.[115]
I denti di quello che ora è documentato come Tyrannosaurus rex furono ritrovati nel 1874 da Arthur Lakes vicino a Golden, Colorado. All'inizio del 1890, John Bell Hatcher raccolse alcuni elementi postcranici nel Wyoming orientale. All'epoca si credeva che questi fossili appartenessero alla grande specie Ornithomimus grandis (ora Deinodon), ma ora sono considerati resti di Tyrannosaurus.[116]
Nel 1892, Edward Drinker Cope trovò due frammenti vertebrali di un grande dinosauro. Cope credeva che i frammenti appartenessero a un dinosauro "agathaumide" (ceratopside) e li nominò Manospondylus gigas, che significa "vertebra porosa gigante", in riferimento alle numerose aperture per i vasi sanguigni che trovò nelle ossa.[116] I resti di M. gigas furono, nel 1907, identificati da Hatcher come quelli di un teropode piuttosto che di un ceratopside.[117]
Henry Fairfield Osborn riconobbe la somiglianza tra Manospondylus gigas e T. rex già nel 1917, quando ormai la seconda vertebra era andata perduta. A causa della natura frammentaria delle vertebre di Manospondylus, Osborn non sinonimizzò i due generi, considerando invece indeterminato il genere più antico.[66] Nel giugno 2000, il Black Hills Institute trovò circa il 10% di uno scheletro di Tyrannosaurus (l'esemplare BHI 6248) in un sito che potrebbe essere la località originale di M. gigas.[118]
Scheletri e denominazione
Barnum Brown, assistente curatore dell'American Museum of Natural History, trovò il primo scheletro parziale di T. rex nel Wyoming orientale nel 1900. Brown trovò un altro scheletro parziale nella formazione Hell Creek nel Montana nel 1902, comprendente circa 34 ossa fossilizzate.[65] Scrivendo all'epoca Brown disse: "La cava n. 1 contiene il femore, il pube, l'omero, tre vertebre e due ossa indeterminate di un grande dinosauro carnivoro non descritto da Marsh .... Non ho mai visto niente di simile dal Cretaceo."[119]Henry Fairfield Osborn, presidente dell'American Museum of Natural History, nominò il secondo scheletro Tyrannosaurus rex nel 1905. Il nome del genere, Tyrannosaurus, deriva dalle parole greche τύραννος/tyrannos che significa "tiranno", e σαῦρος/sauros che significa "lucertola". Osborn usò la parola latinarex, che significa "re", per il nome specifico. Il binomio completo si traduce quindi in "re lucertola tiranno" o "lucertola tiranno re", sottolineando le dimensioni dell'animale e la presunta dominanza sulle altre specie dell'epoca.[65]
Il primo esemplare, invece, venne nominato da Osborn come Dynamosaurus imperiosus in un articolo del 1905.[65] Tuttavia, nel 1906, Osborn riconobbe che i due scheletri appartenevano alla stessa specie e scelse Tyrannosaurus come nome preferito.[72] Il materiale originale di Dynamosaurus risiede nelle collezioni del Museo di storia naturale di Londra.[120] Nel 1941, l'esemplare tipo di T. rex fu venduto al Museo di Storia Naturale Carnegie di Pittsburgh, Pennsylvania, per $ 7.000.[119] Il nome Dynamosaurus sarebbe stato successivamente onorato dalla descrizione di un'altra specie di tyrannosauride da parte di Andrew McDonald e colleghi, Dynamoterror dynastes, nel 2018. Il nome venne scelto in quanto Dynamosaurus fu uno dei nomi "preferiti d'infanzia" di McDonald's.[121]
Dagli anni '10 fino alla fine degli anni '50, le scoperte di Barnum rimasero gli unici esemplari conosciuti di Tyrannosaurus, in quanto la Grande Depressione e le guerre tennero molti paleontologi fuori dal campo.[118]
Interesse risorgente
A partire dagli anni '60, ci fu un rinnovato interesse verso Tyrannosaurus, con il conseguente recupero di 42 scheletri (5-80% completi secondo il conteggio delle ossa) dal Nord America occidentale.[118] Nel 1967, il dottor William MacMannis individuò e recuperò lo scheletro denominato "MOR 008", il quale è completo al 15% dal conteggio delle ossa e ha un cranio ricostruito esposto al Museo delle Montagne Rocciose. Gli anni '90 hanno visto numerose scoperte, con quasi il doppio dei reperti rispetto a tutti gli anni precedenti, inclusi due degli scheletri più completi trovati fino ad oggi: Sue e Stan.[118]
Sue Hendrickson, una paleontologa dilettante, scoprì lo scheletro di Tyrannosaurus più grande e completo (circa l'85%) nella formazione Hell Creek il 12 agosto 1990. L'esemplare sopranoninato Sue (prendendo il nome del suo scopritore), fu oggetto di una battaglia legale per la proprietà. Nel 1997, il contenzioso fu risolto a favore di Maurice Williams, il proprietario originario del terreno. La collezione di fossili venne acquistata dal Field Museum of Natural History all'asta per 7,6 milioni di dollari, rendendolo lo scheletro di dinosauro più costoso, fino alla vendita di Stan per 31,8 milioni di dollari nel 2020.[122] Dal 1998 al 1999, lo staff del Field Museum of Natural History trascorse oltre 25.000 ore a preparare l'esemplare, togliendo le ossa dalla roccia.[123] Le ossa furono poi spedite nel New Jersey dove vennero costruiti i calchi e la montatura in ferro per lo scheletro, quindi rispedite a Chicago per l'assemblaggio finale. L'esposizione che mostra lo scheletro montato venne aperta al pubblico il 17 maggio 2000, al Field Museum of Natural History. Uno studio sulle ossa fossilizzate di questo esemplare ha mostrato che Sue raggiunse le sue dimensioni adulte all'età di 19 anni e morì all'età di 28 anni, la vita stimata più lunga di qualsiasi Tyrannosaurus conosciuto.[124]
Un altro esemplare di Tyrannosaurus, soprannominato Stan (BHI 3033), in onore del paleontologo dilettante Stan Sacrison, fu recuperato dalla formazione Hell Creek, nel 1992. Stan è il secondo scheletro più completo ritrovato, con 199 ossa recuperate che rappresentano il 70% dello scheletro totale.[125] Questo esemplare presenta anche diverse patologie ossee, tra cui costole rotte e guarite, un collo rotto (e guarito) e un foro sostanziale nella parte posteriore della testa, delle dimensioni di un dente di Tyrannosaurus.[126]
Nel 1998, Bucky Derflinger notò un dito di T. rex sporgere dal terreno, rendendo Derflinger, che all'epoca aveva 20 anni, la persona più giovane a scoprire un fossile di Tyrannosaurus. L'esemplare, soprannominato Bucky in onore del suo scopritore, era un giovane adulto, alto 3 metri e lungo 11 metri. Bucky è il primo esemplare di Tyrannosaurus rinvenuto con forcula, o forcella, conservata. Bucky è permanentemente esposto al Museo dei bambini di Indianapolis.[127]
Nell'estate del 2000, le spedizioni organizzate da Jack Horner scoprirono cinque scheletri di Tyrannosaurus vicino al bacino idrico di Fort Peck.[128] Nel 2001, uno scheletro completo al 50% di un giovane Tyrannosaurus è stato scoperto nella formazione Hell Creek da una spedizione del Burpee Museum of Natural History. Soprannominato "Jane" (BMRP 2002.4.1), si pensava che il ritrovamento fosse il primo scheletro conosciuto di un tyrannosauride pigmeo, Nanotyrannus, ma ricerche successive hanno rivelato che si tratta più probabilmente di un Tyrannosaurus giovanile, rappresentando pertanto l'esemplare giovanile di Tyrannosaurus più completo conosciuto;[73] Jane è esposta al Burpee Museum of Natural History.[129] Nel 2002 venne scoperto un altro scheletro piuttosto completo, soprannominato Wyrex, scoperto dai collezionisti dilettanti Dan Wells e Don Wyrick. L'esemplare contava 114 ossa ed era completo al 38%. Lo scavo si concluse in 3 settimane nel 2004, portato a termine dal Black Hills Institute passando alla storia come il primo scavo in diretta online di un Tyrannosaurus fornendo rapporti giornalieri, foto e video.[118]
Nel 2006, il Montana State University ha rivelato di possedere il più grande cranio di Tyrannosaurus mai scoperto (da un esemplare catalogato come MOR 008), che misurava 152 centimentri di lunghezza.[130] Confronti successivi hanno indicato che il cranio più lungo era di 136,5 centimetri (dell'esemplare LACM 23844), ed il cranio più largo era di 90,2 centimetri (dall'esemplare Sue).[131]
Impronte
Due impronte fossili isolate sono state provvisoriamente assegnate a T. rex. La prima fu scoperto al Philmont Scout Ranch, nel Nuovo Messico, nel 1983 dal geologo americano Charles Pillmore. Originariamente identificata come l'impronta di un hadrosauride, l'esame dell'impronta ha rivelato la presenza di un grande "tallone" assente nelle tracce dei dinosauri ornitopodi e tracce di quello che potrebbe essere stato un alluce, il quarto dito simile a uno sperone sul piede di Tyrannosaurus. L'impronta è stata pubblicata come l'ichnogenereTyrannosauripus pillmorei nel 1994, da Martin Lockley e Adrian Hunt. Lockley e Hunt suggerirono che molto probabilmente la traccia fosse stata lasciata da un T. rex, il che la renderebbe la prima impronta conosciuta di questa specie. La pista è stata realizzata in quella che una volta era una zona fangosa con vegetazione. L'impronta misura 83 centimetri di lunghezza e 71 centimetri di larghezza.[132]
Una seconda impronta che potrebbe essere stata lasciata da un Tyrannosaurus è stata segnalata per la prima volta nel 2007 dal paleontologo britannico Phil Manning, della formazione Hell Creek del Montana. Questa seconda traccia misura 72 centimetri di lunghezza, più corta della traccia descritta da Lockley e Hunt. Non è chiaro se l'impronta sia stata tracciata o meno da un Tyrannosaurus, sebbene Tyrannosaurus sia l'unico grande teropode noto dalla Formazione Hell Creek.[133][134]
Una serie di impronte a Glenrock, nel Wyoming, risalenti allo stadio Maastrichtiano del Cretaceo superiore e provenienti dalla Formazione Lance, sono state descritte da Scott Persons, Phil Currie e colleghi nel 2016 e si ritiene che appartengano a un giovane T. rex o al dubbio tyrannosauride Nanotyrannus lancensis. Dalle misurazioni e in base alla posizione delle impronte, si crede che l'animale viaggiasse a una velocità di camminata compresa tra i 2,8 e le 5 miglia all'ora circa, e si stima che avesse un'altezza dell'anca compresa tra i 1,56 e i 2,06 metri.[135][136][137] Un documento follow-up è apparso nel 2017, aumentando le stime di velocità del 50-80%.[138]
Paleobiologia
Origine asiatica
L'origine evolutiva del Tyrannosaurus è piuttosto intricata e non del tutto chiara. Nel 2016, un team di studiosi guidati dal paleontologo Steve Brusatte dell'Università di Edimburgo, in Scozia, ha avanzato l'ipotesi che il Tyrannosaurus avesse origini asiatiche.[139] Secondo le teorie dei paleontologi scozzesi, gli antenati dei tyrannosauridi, e di tutti gli altri dinosauri teropodi, erano già presenti sul supercontinente Pangea, circa 200 milioni di anni fa quando il continente si separò dando origine ai continenti i vari dinosauri si adattarono ai loro rispettivi habitat. Questo spiega anche perché i tyrannosauridi nativi del Nord America, come gli albertosaurini abbiano una costituzione diversa da quelle di altri tyrannosauridi più evoluti. Ma circa 73 milioni di anni fa, Asia e Nord America si avvicinarono formando un ponte di terra che univa i due continenti, permettendo ad animali asiatici di "trasferirsi" in Nord America. Ci sono prove che il Tyrannosaurus avesse origini asiatiche, difatti è strettamente imparentato con tyrannosauridi asiatici quali Tarbosaurus e Zhuchengtyrannus. L'arrivo del Tyrannosaurus in Nord America, circa 71 milioni di anni fa, coincide, inoltre, con la graduale estinzione dei tyrannosauridi nativi americani come Albertosaurus e Gorgosaurus. Si pensa che il Tyrannosaurus abbia avuto un ruolo rilevante nella loro estinzione, spodestando i vecchi predatori e salendo in cima alla catena alimentare, come una vera e propria specie invasiva o aliena.[139]
Sviluppo
L'identificazione di certi esemplari come T. rex giovani ha permesso agli scienziati di documentare i cambiamenti ontogenetici della specie, stimare la durata della vita, e determinare il tasso di crescita. Si stima che l'esemplare più piccolo conosciuto (LACM 28471) avesse in vita una massa corporea di soli 30 chili, mentre è probabile che il più grande (FMNH PR2081 "Sue") pesasse 5400 chili. Analisi istologiche sulle ossa dell'esemplare LACM 28471 mostrano che morì a due anni, mentre quelle di "Sue" mostrano che morì a 28 anni, probabilmente vicino alla vita massima per la specie.[140]
Ulteriori studi istologici mostrano che gli esemplari giovani pesavano meno di 1800 chili fino a 14 anni, quando la massa corporea incrementava considerevolmente. Durante questa rapida fase di crescita, un giovane T. rex avrebbe aumentato il proprio peso corporeo di 600 chili all'anno per i successivi quattro anni, rallentando verso a 18 anni.[7][141] Un ulteriore studio corroborò l'ultimo, ma scoprì che il tasso di crescita era più veloce, sui 1800 chili all'anno. Ciò indicò che il tasso di crescita di T. rex era tipico d'animali della sua taglia.[5] Il rallentamento del tasso di crescita dopo i 18 anni potrebbe indicare la maturità fisica, un'ipotesi sostenuta dalla scoperta del midollo fossilizzato nel femore d'un esemplare di 16-20 anni scoperto in Montana (MOR 1125, soprannomminato "B. rex"). Il tessuto midollare si trova solo negli uccelli femmina durante l'ovulazione, indicando così che l'esemplare era sessualmente maturo.[142] Ulteriori studi indicano che questo esemplare morì a 18 anni.[143] Gli altri tirannosauridi mostrano cambiamenti simili ma a livelli inferiori.[144]
Più del 50% degli esemplari di T. rex scoperti sembrano essere morti entro sei anni dopo raggiunta la maturità sessuale, un modello presente in altri tirannosauri e in certi uccelli e mammiferi moderni di taglia grande. Queste specie sono caratterizzate da tassi di mortalità infantile elevati, con un decremento di mortalità negli adolescenti. La mortalità si eleva di nuovo dopo la maturità sessuale, parzialmente dovuta alla concorrenza per la riproduzione. Uno studio suggerisce che la rarità dei fossili di esemplari giovani di T. rex possa essere dovuta a tassi di mortalità infantili bassi; animali di quell'età, non morendo in grandi numeri, non si fossilizzavano. Questa rarità però può anche essere dovuta a una documentazione di fossili incompleta o alla predilezione dei collezionisti di fossili a scartare esemplari piccoli a favore di quelli più spettacolari.[144] In una conferenza del 2013, Thomas Holtz Jr. suggerì che i dinosauri vivessero velocemente e morissero precocemente a causa della loro rapidità riproduttiva, diversamente dai mammiferi il cui arco vitale ha una maggiore estensione perché prendono più tempo per riprodursi.[145] Anche Gregory S. Paul scrisse che il Tyrannosaurus si riproduceva rapidamente e moriva precocemente, ma attribuì il loro breve arco di vita all'esistenza pericolosa che conducevano.[146]
Diffusione
Charles Marshall, direttore del Museo di Paleontologia dell’Università della California, ha stimato in 2,5 miliardi il numero totale di T. rex vissuti e in 20.000 il numero massimo di esemplari presenti sulla terra nello stesso momento (valori medi). Tale cifra è il risultato di un calcolo che considera - tra l'altro - che la specie è vissuta per un periodo compreso tra 1,2 e 3,6 milioni di anni, che la vita media era di circa 28 anni e che quindi le generazioni totali sono state mediamente 127.000. Conoscendo l'areale di diffusione (l'area del Nord America occidentale attualmente occupata dalle Montagne Rocciose e le Grandi Pianure centrali) ha anche stimato che ogni esemplare avesse mediamente un territorio di 110 km²[147][148].
Tessuto molle
Nel 2005 fu annunciato da Science che tessuto molle era stato recuperato nella cavità midollare d'un femore di T. rex da parte del North Carolina State University.[149] Nominato "Museum of the Rockies specimen 1125" (MOR 1125), l'esemplare fu scoperto presso la formazione Hell Creek, e conteneva sia vasi sanguigni flessibili biforcuti che tessuto della matrice ossea. Entrambi contenevano microstrutture simili a cellule. Attualmente non ci sono spiegazioni concrete per la conservazione di questo materiale.[150] Se di seguito si scoprirà che le microstrutture appartengono definitivamente all'esemplare in questione, le proteine superstiti potrebbero essere utilizzate per ipotizzare indirettamente il contenuto del dinosauro in questione, dal momento che ogni proteina è prodotta da un gene specifico. Dopo questa scoperta sono stati scoperti materiali simili a tessuti in due T. rex e in un adrosauro.[149] Ricerche su alcuni di questi tessuti indicano che gli uccelli sono i parenti più stretti del T. rex, rispetto a qualsiasi altro organismo moderno.[151] Studi pubblicati in Science nel 2007 evidenziarono che tracce di collagene trovate nelle ossa di T. rex mostrano somiglianze con quelle di polli, rane e tritoni.[152] Studi ulteriori del 2008 su tessuti molli di T. rex ne confermarono la parentela con gli uccelli moderni.[153]
Il presunto tessuto molle fu messo in dubbio nel 2008 da ricercatori dell'University of Washington, che sostennero come il contenuto del femore dell'esemplare di T. rex consistesse in un biofilm prodotto da batteri infiltrati in cavità una volta occupate da cellule.[154] Scoprirono che le strutture inizialmente identificate come frammenti di cellule (a causa della presenza di ferro) erano invece framboidi (sfere minerali che contengono ferro). Sfere simili sono state scoperte in altri fossili di vari periodi, inclusi in un'ammonite. Nell'ammonite le sfere furono trovate in luoghi dove il ferro che contenevano non poteva avere alcuna correlazione con la presenza di sangue.[155] Tali affermazioni furono contestate per il fatto che non ci sono prove documentate di biofilm che produca tubi cavi e biforcuti come quelli trovati nell'esemplare di T. rex.[156]
Nel 2016, un team di paleontologi dell'Università della Carolina del Nord ha pubblicato la scoperta di un esemplare di Tyrannosaurus, risalente a 68 milioni di anni fa, morta mentre era incinta.[157] I ricercatori, coordinati dalla paleontologa Mary Schweitzer, hanno individuato nel suo femore un tessuto molto particolare, detto osso midollare, che si trova anche nelle femmine degli uccelli soltanto durante il periodo della deposizione delle uova, e serve a fornire calcio per la formazione dei gusci delle uova. E, in teoria, i resti di questo esemplare potrebbero contenere DNA.[157]
Termoregolazione
Il metodo di termoregolazione del T. rex non è chiaro. Come molti dinosauri, fu prima ritenuto d'avere un metabolismo ectotermico tipico dei rettili a sangue freddo. Questo ragionamento fu contestato negli anni sessanta, durante il cosiddetto "rinascimento dei dinosauri".[158][159] Fu infatti proposto che T. rex fosse endotermico, indicando così uno stile di vita molto attivo.[22] In seguito, vari paleontologi hanno congetturato sull'attitudine del T. rex di regolare la propria temperatura corporea. Evidenze istologiche d'un elevato tasso di crescita negli esemplari giovani di T. rex potrebbero sostenere l'ipotesi d'un metabolismo elevato. Come in mammiferi e uccelli, lo sviluppo del T. rex si determinava principalmente all'interno dello stadio giovanile, in contrasto ad uno sviluppo più esteso lungo l'arco vitale, osservato nella maggior parte degli altri vertebrati.[141]
Le proporzioni degli isotopi d'ossigeno nelle ossa fossilizzati sono spesso usate per determinare le temperature in cui le ossa furono deposte. In un esemplare, le proporzioni degli isotopi nelle ossa da parti diverse del corpo indicano una differenza di temperatura non più elevata di 4-5 °C tra le vertebre del torace e la tibia. Ciò condusse alla conclusione che T. rex fosse infatti omeotermico, avendo un metabolismo intermediato tra quello dei rettili ectotermici e i mammiferi endotermici.[160] Certi scienziati hanno notato che le proporzioni degli isotopi d'ossigeno nei fossili potrebbero essere state alterate durante o dopo la fossilizzazione.[161] Ciononostante, risultati simili sono stati scoperti nel teropode sudamericano più antico, il Giganotosaurus.[162] Infatti, anche i dinosauri ornitischi mostrano prove d'omeotermia, mentre tali prove sono assenti nei fossili di varani scoperti nelle stesse formazioni.[163] Anche se T. rex mostrava prove d'omeotermia, ciò non significa necessariamente che l'animale fosse endotermico. La sua termoregolazione potrebbe essere spiegata anche dalla gigantotermia, come dimostrato dalle tartarughe marine.[164][165]
Nel luglio 2019, uno studio pubblicato sulla rivista The Anatomical Record dai ricercatori delle università di Ohio, Florida e Missouri ha ipotizzato che la funzione delle fosse fronto-parietali presenti nella parte alta della scatola cranica del T. rex, considerati finora i punti di ancoraggio dei muscoli della mascella, sarebbe stata in realtà quella di favorire gli scambi di calore tra i vasi sanguigni e l'ambiente esterno, scaldando o raffreddando la testa dell'animale in base alla temperatura circostante proprio come accade negli odierni coccodrilli.[166]
Locomozione
Ci sono due questioni principali riguardo alle abilità locomotorie di T. rex: la sua abilità di girarsi e quale fosse la sua velocità massima in una corsa dritta. Entrambi sono argomenti importanti nel dibattito che si pone come questione se l'animale fosse un predatore attivo o un necrofago.
Può darsi che T. rex fosse lento nel girarsi, impiegando probabilmente 1-2 secondi per girare solo di 45°, un grado che un umano può girare in una frazione di secondo.[168] La causa della sua difficoltà a girarsi velocemente è collegata al momento di inerzia, siccome la maggior parte della massa di T. rex era lontano dal suo centro di gravità, come un umano che porta un tronco. Avrebbe potuto però parzialmente rimediare inarcando la schiena e la coda, e piegando il collo e le braccia presso il corpo, come fanno i pattinatori per girare più velocemente.[169]
Gli scienziati hanno prodotto un certo numero di stime sulla sua velocità massima; la maggior parte concordano a circa 11 metri al secondo, ma alcuni ipotizzano una velocità ancora più elevata di 20 metri al secondo. Queste ambiguità sono dovute al fatto che, malgrado la presenza di impronte di teropodi che camminano, non si sono ancora trovate impronte di teropodi giganti che corrono.[170] Gli scienziati che ritengono che T. rex fosse un abile corridore puntano al fatto che T. rex avesse le ossa cave (alleggerendo così l'animale) e che altri animali come gli struzzi e i cavalli possono correre velocemente con passi lenti ma lunghi. Inoltre, certi esperti ritengono che T. rex avesse proporzionalmente i muscoli delle gambe più grandi di qualsiasi altro animale moderno, permettendogli così di correre a 40-70 chilometri all'ora.[171]
Nel 1993, Jack Horner e Don Lessem dichiararono che T. rex fosse lento, e che probabilmente fosse incapace di correre, siccome le proporzioni del femore e la tibia sono simili a quelli negli elefanti.[68] Nel 1998 però, Holtz notò che gli arti posteriori dei tirannosauridi avevano componenti prossimali e distali (lo stinco, i piedi e le dita) relativamente più lunghe in proporzione al femore degli altri teropodi, e che i loro metatarsi erano molto più compatti, conducendo così alla conclusione che i tirannosauridi fossero i teropodi giganti più veloci.[172] Thomas Holtz Jr. appoggiò questa ipotesi, affermando che i tirannosauridi avevano piedi proporzionalmente più lunghi di quelli degli allosauridi giganti, un tratto che indica velocità superiore.[145]
Uno studio condotto nel 2003 da Eric Snively e Anthony P. Russel condusse alla scoperta che il terzo metatarso dei tirannosauridi e i suoi legamenti elastici avrebbero funzionato come un 'modello tensile a chiave di volta' per rinforzare i piedi durante la corsa, conferendo così all'animale una stabilità e una velocità potenziale superiore a quella degli altri teropodi.[167]
Uno studio del 1998 stimò che le ossa delle gambe di T. rex non avevano la robustezza di quelli degli elefanti, che sono animali relativamente lenti e incapaci di correre. Fu proposto in base a questa scoperta che la velocità massima di T. rex sarebbe stata 11 metri al secondo, simile a quella d'uno scattista, ma tali stime dipendono da tante supposizioni dubbiose.[173]
Nel 1995, Farlow e i suoi colleghi sostenerono che un esemplare di T. rex pesante circa 6-8 tonnellate sarebbe rimasto gravemente ferito, o persino ucciso, se fosse caduto durante una corsa, siccome il suo torace avrebbe colpito il suolo a una velocità di 60 metri/s, e gli arti anteriori minuscoli non avrebbero potuto attutire l'impatto.[24] Animali come le giraffe però riescono a mettersi al galoppo a 50 chilometri all'ora, malgrado il rischio di cadere,[174][175] perciò è possibile che T. rex si spostasse velocemente se necessario.[176][177]
Gregory S. Paul, scrivendo nel 2000 per la rivista Gaia, propose che le ginocchia flesse e i piedi digitigradi d'un T. rex adulto fossero meglio adatti per la corsa di quelli degli elefanti e gli umani, notando che T. rex aveva un ilio enorme e una cresta cnemiale che avrebbe sostenuto muscoli robusti necessari per la corsa. Inoltre, propose che, malgrado i rischi di ferimento durante la corsa a causa della densità delle ossa, tale adattamento valeva la pena per resistere alle ferite subite durante i combattimenti.[178]
Le ricerche più recenti non appoggiano velocità superiori 40 chilometri orari. Modelli matematici sulla massa muscolare necessaria per superare i 40 chilometri orari dimostrarono che tali velocità fossero irrealizzabili in T. rex, siccome i muscoli delle gambe avrebbero dovuto costituire il 40-86% della massa corporea dell'animale.[170][171] Un altro studio svolto utilizzando i modelli a computer, basandosi su dati presi direttamente dai fossili, stimò che la velocità massima di T. rex fosse di 8 metri al secondo, quindi leggermente più veloce d'un giocatore di calcio, ma più lento d'uno scattista.[179][180][181]
Nel 2010, fu proposto che la velocità di T. rex sarebbe stata aumentata grazie a muscoli caudali (della coda) robusti.[182] Fu infatti notato che le code dei teropodi avessero una distribuzione muscolare diverso da quella degli uccelli moderni e i mammiferi, ma simile a quelli di rettili moderni.[183] Fu concluso che i muscoli caudofemorali avrebbero collegato le ossa della coda con quelle del femore, così assistendo alla retrazione della gamba durante la corsa.[182] Fu anche notato che gli scheletri dei teropodi in generale avessero degli adattamenti (come processi trasversi elevate nella coda) che permettevano la crescita di muscoli caudali grandi, e che la massa muscolare della coda di T. rex fosse stata sottostimata da circa 25-45%. Fu infatti scoperto che il muscolo caudofemorale occupava il 58% della massa muscolare della coda di T. rex. Questo avrebbe migliorato l'equilibrio e l'agilità del predatore.[182][183]
Gli studiosi che ritengono che T. rex non fosse capace di correre propongono che la sua velocità massima fosse 30 chilometri orari. Questo però è pur sempre superiore alla velocità massima delle sue prede come gli adrosauridi e i ceratopsidi.[171] Inoltre, i proponenti dell'ipotesi che T. rex fosse un predatore attivo notano che l'abilità di correre non fosse importante nell'animale, siccome le sue prede erano comunque più lente.[184] Thomas Holtz infatti notò che il piede di T. rex era relativamente più lungo di quelli degli animali che cacciava.[145] Certi esperti però hanno notato che i ceratopsidi più avanzati avevano le arti anteriori verticali, e che fossero almeno veloci come i rinoceronti.[185] Di conseguenza è plausibile che T. rex fosse solo normalmente lento, ma che in caso di necessità, ad esempio durante la caccia di animali particolarmente veloci come gli adrosauri, potesse rivelarsi un predatore notevolmente veloce e scattante. Nel 2023, uno studio scientifico ha sottolineato le potenzialità di caccia in acqua, facendo ipotizzare che questo predatore fosse capace di superare in velocità, in questo ambiente, prede che sulla terraferma sarebbero riuscite facilmente a fuggire.[186][187]
Cervello e abilità sensorie
Uno studio condotto da scienziati dell'Ohio University rivelò che T. rex possedeva le abilità sensorie avanzate degli altri coelurosauri, come ad esempio un olfatto elevato, un coordinamento testa/occhi rapido, e persino un'abilità di percezione di suoni a bassa frequenza che gli avrebbe permesso di seguire gli spostamenti delle prede da lunghe distanze.[188] Un ulteriore studio nell'Università di Oregon concluse che l'animale avesse una vista acuta, liquidando così in maniera definitiva l'errata credenza popolare che la sua vista fosse basata solo sul movimento (ossia che vedesse solo le cose che si muovono). Attraverso un'applicazione di perimetria modificata sulle ricostruzioni facciali di vari dinosauri, incluso T. rex, lo studio rivelò che aveva un tasso binoculare di 55 gradi, sorpassando quello degli astori, e superando quello umano ben 13 volte, così per estensione superando persino quello delle aquile, che hanno una vista 3,6 volte più acuta di quella umana. Ciò avrebbe permesso al T. rex di discernere gli oggetti lontani sei chilometri, una capacità superiore ai 1,6 chilometri visibili a un umano.[36][37][189]
Thomas Holtz Jr. ipotizzò che la vista acuta di T. rex fosse un adattamento alle prede che cacciava, tra di esse i ceratopsidi (forniti di corna formidabili), dinosauri corazzati come Ankylosaurus, e gli adrosauri, che potrebbero aver avuto comportamenti sociali complessi. Tali caratteristiche nelle prede avrebbe reso la necessità di infliggere ferite precise senza rischio di danneggiarsi, un dettaglio più cruciale che nei teropodi allosauridi, che avevano una percezione di profondità inferiore, e che cacciavano soprattutto i sauropodi, prede più grosse ma molto meno intelligenti.[145]
T. rex è notevolmente evoluto per la grandezza dei suoi bulbi olfattivi e i suoi nervi olfattivi, entrambi responsabili di un olfatto acuto. Ciò indica che T. rex potesse fiutare le carcasse da molto lontano. Il suo olfatto infatti potrebbe corrispondere con quello degli avvoltoi (se non essere superiore).[190]. In tal senso, una ricerca condotta nel 2019 dal biogolo Graham M. Hughes e dal paleontologo John A. Finarelli dell'università di Dublino la paragona a quella dei moderni gatti domestici[191]. Secondo gli studiosi il rettile aveva tra i 620 e i 645 geni dedicati alla codificazione dei recettori olfattivi: quantità leggermente inferiore a quella presente oggi nei polli e nei gatti domestici[192]. Tra i teropodi, T. rex era fornito d'una coclea relativamente lunga, indicando quindi che l'udito era un senso importante per i tirannosauridi.[188]
Uno studio condotto sul quoziente di encefalizzazione (QE) dei rettili, degli uccelli e i teropodi preistorici concluse che T. rex avesse il cervello proporzionalmente più grande di qualsiasi altro dinosauro non-aviano, tranne certi piccoli maniraptoriformi come Bambiraptor, Troodon e Ornithomimus. Lo studio però dimostrò anche che la taglia del cervello di T. rex fosse entro quella dei rettili moderni, in particolare gli alligatori.[193] La taglia del cervello però non basta a determinare l'intelligenza di un animale. A dimostrazione di ciò, gli studi condotti dagli scienziati della Duke University, capitanati da Erich Jarvis, hanno analizzato 6 aree del cervello e constatato che questo dinosauro aveva evoluto comportamenti complessi quali l'elaborazione di informazioni visive e di apprendimento e la capacità di comunicare, emettendo suoni e vocalizzazioni.[194]T. rex risulta essere quindi il teropode gigante più intelligente, capace non solo di attuare strategie di caccia e combattimento nonché operazioni di rudimentale risoluzione di problemi e possibile uso di oggetti come strumenti, ma anche di comunicare coi suoi simili e probabilmente anche di vivere e cacciare in branco (anche se questa teoria è ancora fortemente dibattuta), avendo le capacità intellettive e sensoriali più avanzate di quelle di molti teropodi simili come Giganotosaurus e Spinosaurus.
Alimentazione
Degli studi condotti nel 2012 indicano che la forza del morso di T. rex potrebbe essere stata la più forte di qualsiasi altro animale terrestre mai vissuto. I calcoli suggerirono che la bocca di un T. rex adulto potesse generare una forza di 35.000-57.000 newton nei denti posteriori. Tale pressione è tre volte la forza generata dallo squalo bianco, 15 volte quella del leone, 3½ quella del coccodrillo marino, 77 quella d'un umano, e circa sette volte quella stimata per Allosaurus.[195][196][197] Nel 2003 però, stime più alte furono indicate in uno studio dell'Università di Tampa, con una stima di circa 183000-235000 newton (18.3-23.5 tonnellate metriche), una forza equivalente a quella generata dagli esemplari più grandi di Megalodon.[14][15]
Il dibattito sulla questione se T. rex fosse un predatore attivo o un puro necrofago è vecchio quanto quello sulla sua locomozione. Nel 1917, Lawrence Lambe descrisse un esemplare dell'imparentato Gorgosaurus, concludendo che esso (e T. rex per estensione) fosse un necrofago sulla base dei suoi denti, che non mostravano alcun segno d'usura.[198] Questa posizione però non è più considerata valida, visto che i teropodi rimpiazzavano rapidamente i denti danneggiati. Sin dalla sua scoperta, la maggior parte degli scienziati hanno concluso che T. rex fosse un predatore, ma che si cibava di carogne se l'opportunità si presentava.[199]
Il paleontologo Jack Horner è stato uno dei sostenitori dell'idea che T. rex fosse esclusivamente un necrofago[68][69][70] e, pur non avendo mai pubblicato questa ipotesi nella letteratura scientifica, la utilizza per educare il pubblico sui pericoli nel fare supposizioni senza prove.[200] In ogni caso, Horner presentò vari fattori nella letteratura popolare a sostegno dell'ipotesi che l'animale fosse necrofago:
Siccome T. rex aveva le braccia corte in confronto a quelle degli altri predatori, Horner ha sostenuto che erano incapaci d'immobilizzare le prede.[201]
T. rex aveva i bulbi olfattivi e nervi olfattivi relativamente grandi, indicando quindi un olfatto ben sviluppato, ideale per rintracciare le carogne, come fanno oggi gli avvoltoi.[190] Gli scienziati che si oppongono all'ipotesi della necrofagia in T. rex notano che gli avvoltoi possono permettersi di essere puramente necrofagi, siccome l'abilità di volare gli dà un vantaggio di vista sopra T. rex, e la loro capacità di planare nell'aria gli permette di consumare pochissima energia nella ricerca di cibo.[202] Ricerche condotte in Glasgow però indicano che un ecosistema produttivo come il Serengeti potrebbe fornire un numero di carcasse sufficienti per sostenere un grande teropode, benché l'animale in questione avrebbe dovuto essere ectotermico per compensare il numero di calorie bruciate nella ricerca di cibo.[203]
I denti di T. rex potevano frantumare le ossa, permettendogli così di estrarre il midollo. Dei coproliti attribuibili a T. rex dimostrano la presenza di ossa digerite, ma gli esperti notano che i suoi denti non erano adattati a consumare le ossa sistematicamente come le iene.[204]
Siccome alcune delle prede potenziali di T. rex erano creature agili, le presunte prove che T. rex non potesse correre potrebbero indicare che fosse un necrofago.[69][205] D'altra parte, delle analisi recenti suggeriscono che T. rex, malgrado fosse stato più lento dei predatori moderni, poteva essere stato sufficientemente veloce per cacciare gli adrosauri e i ceratopsidi.[171][184]
Ci sono prove che suggeriscono un comportamento da predatore da parte di T. rex. Le sue orbite sono posizionate in tal modo che gli occhi puntavano in avanti, fornendo così all'animale una visione binoculare leggermente superiore a quella d'un falco. Horner stesso notò che la stirpe dei tirannosauri era caratterizzata da un progressivo sviluppo della visione binoculare. Non sarebbe altrimenti chiaro perché la selezione naturale avrebbe favorito lo sviluppo della visione binoculare nei tirannosauri se fossero stati necrofagi dedicati.[36][37] Negli animali moderni infatti, la visione binoculare si trova soprattutto nei predatori.
Uno scheletro di Edmontosaurus annectens trovato in Montana mostra delle ferite guarite sulla coda, che potrebbero essere dovute a un morso di T. rex. Siccome la ferita guarì, ciò indica che l'animale fu attaccato da vivo.[206] Ci sono anche prove d'uno scontro tra un T. rex e un Triceratops; un esemplare di quest'ultimo mostra segni d'un morso su un corno e sul "collare" osseo. Il corno ferito infatti mostra segni di guarigione, quindi è probabile che il Triceratops sia sopravvissuto allo scontro.[207]
Nella sua esaminazione dell'esemplare SUE, il paleontologo Peter Larson trovò segni di rottura nella fibula e nelle vertebre caudali, cicatrici sulle ossa facciali, e un dente d'un altro T. rex conficcato in una delle vertebre del collo. Ciò potrebbe costituire una prova di aggressione tra i tirannosauri, ma non è chiaro se si trattasse d'un combattimento territoriale o un tentato cannibalismo.[208] Ulteriori studi però rivelarono che a volte le "ferite" si trattavano d'infezioni o casi di rottura dopo la morte.[69]
Certi esperti propongono che se T. rex fosse veramente un necrofago obbligato, allora un altro dinosauro avrebbe dovuto svolgere il ruolo di predatore alfa nell'ecosistema. Le prede principali includevano i marginocefali più grandi e gli ornitopodi. Siccome gli altri tirannosauri contemporanei condividevano tante caratteristiche con T. rex, gli unici candidati rimasti per il ruolo di predatori alfa erano i piccoli dromaeosauri e i troodontidi. In questo caso, i proponenti dell'ipotesi necrofaga hanno suggerito che T. rex usasse la sua taglia superiore per rubare le prede dei predatori più piccoli,[205] ma avrebbe avuto difficoltà nel trovare carcasse sufficienti, siccome era superato in numero da teropodi più piccoli.[209] La maggior parte dei paleontologi accettano che, come la maggior parte dei predatori, si cibasse sia di carogne che di prede vive.
Come gli altri teropodi, T. rex si nutriva delle carcasse in modo simile ai coccodrilli, afferrando una parte della carcassa e scuotendo la testa lateralmente per strapparla. La testa era meno manovrabile di quella degli allosauroidi, siccome le articolazioni delle vertebre cervicali erano piatte.[210]
Cannibalismo
Nel 2010, i paleontologi Currie, Horner, Erickson e Longrich produssero uno studio che mostrava prove di cannibalismo probabile in T. rex. Studiarono esemplari di T. rex con segni di denti sulle ossa attribuibili a altri tirannosauri. Tali segni furono identificati sull'omero e i metatarsali. I ricercatori proposero che queste ferite indicavano un caso di necrofagia invece d'un combattimento, siccome sarebbe stato difficile mordere i piedi durante uno scontro. Visto che in vita i piedi non portavano tanta carne, è probabile che gli esemplari fossero già stati quasi totalmente denudati di carne quando furono consumati.[211]
Comportamenti sociali
Philip J. Currie dell'Università dell'Alberta ha proposto che T. rex e gli altri tirannosauri potessero essere stati cacciatori sociali,[212] usando come prova un sito nel Dakota del Sud che conteneva tre esemplari di T. rex fossilizzati insieme.[213] Dopo aver studiato il neurocranio di T. rex, Currie propose che l'animale sarebbe stato capace di comportamenti sociali complessi, siccome il cervello era proporzionalmente più grande di quelli dei coccodrilli e tre volte più grande di quelli dei dinosauri erbivori come Triceratops. Currie ipotizzò che T. rex fosse sei volte più intelligente della maggior parte dei dinosauri e gli altri rettili.[214][215] Currie dichiarò che cacciare in gruppo sarebbe stato vantaggioso per T. rex, siccome le sue prede, come Triceratops e Ankylosaurus, erano ben armate, e alcune erano molto veloci. Ipotizzò che gli esemplari giovanili e adulti di T. rex avrebbero cacciato insieme, con i giovani più veloci che braccavano le prede per poi permettere agli adulti di ucciderle, come fanno i predatori sociali moderni.[214]
L'ipotesi di Currie però è stata criticata d'altri scienziati. Brian Switek, scrivendo nel 2011, criticò l'ipotesi perché non fu presentata in una rivista scientifica, ma in un documentario intitolato Dino Gangs. In più, Switek notò che l'ipotesi di Currie si basava soprattutto sulla presunta sociabilità dell'imparentato Tarbosaurus bataar, le cui prove di sociabilità sono anch'esse dubbiose. Secondo Switek e altri scienziati, che parteciparono in una discussione riguardo Dino Gangs, le prove per la sociabilità nei tirannosauridi sono deboli, e si basano principalmente nell'associazione di vari scheletri scoperti insieme, per cui ci sono spiegazioni alternative (per esempio, una carestia o un'inondazione che costrinse vari individui a morire nello stesso luogo). Infatti, Switek notò che il "cimitero" degli Albertosaurus, da cui Currie sviluppò la sua ipotesi, conserva infatti prove geologiche di un'inondazione, dimostrando quindi che Currie si era sbagliato. Switek dichiarò che le ossa da sole non sono sufficienti per ricostruire i comportamenti dei dinosauri, e che Currie avrebbe fatto meglio a prendere nota delle prove geologiche dei siti contenenti tirannosauri prima di fare conclusioni affrettate sui loro comportamenti. Descrisse le affermazioni fatte nel programma e replicate nella stampa popolare come "promozioni pubblicitarie nauseanti", e notò che la compagnia creatrice del programma, Atlantic Productions, ha la reputazione di esagerare riguardo alle affermazioni sulle scoperte paleontologiche, parallelamente a quella controversa riguardo al presunto antenato umano Darwinius, che poi si rivelò essere invece un lemure.[216]
Secondo Lawrence Witmer, il comportamento sociale non può essere rivelato dai neuro crani, siccome anche i cervelli dei leopardi, che sono felini solitari, sono identici a quelli dei leoni, che sono invece felini sociali, quindi due animali possono avere la stessa intelligenza ma non necessariamente lo stesso stile di vita. Dichiarò che il miglior modo di determinarlo sarebbe stato quello di guardare la grandezza cerebrale totale, metterla a confronto con gli animali moderni e fare stime. Nella sua opinione, è probabile che, se i T.rex cacciavano in gruppo, avrebbero attaccato le prede per beneficio individuale piuttosto per il bene del gruppo. Questa strategia rappresenta uno stadio intermediario tra la caccia solitaria e la caccia cooperativa vera.[217]
Nel 2014, furono trovate le orme d'un gruppo di T. rex in Canada, fornendo così le prime prove di probabile caccia sociale del predatore.[218][219]
Un'altra curiosità sul comportamento sociale di questi animali riguarda una scoperta di alcuni pseudo nidi fossilizzati, creati da alcune specie di teropodi, tra cui il T. rex, in un probabile rituale di accoppiamento, molto simile a quelli effettuati da alcune specie di uccelli moderni. Questi segni sono stati trovati in una vasta area del Colorado occidentale, e indicano che questi rituali di accoppiamento erano abbastanza diffusi tra i dinosauri teropodi della regione dunque è possibile che potesse esistere una convivenza collettiva tra gli esemplari.[220]
Paleopatologia
L'analisi delle mandibole del cranio di una decina di esemplari, mostranti lesioni vacuolari, che arrivano talora a perforare completamente l'osso, ha permesso di ipotizzare che questi individui siano stati colpiti da una forma di malattia aviaria del tipo Trichomiasi, causata da infezione di parassiti; in precedenza queste lesioni erano state attribuite a segni di morsi da parte di altri predatori o, nel caso dell'esemplare noto come Sue (FMNH PR2081) a infezione da parte di Actinomyces bovis. Le lesioni osservate sono morfologicamente simili a quelle osservabili nei Falconiformi attuali.[222]
Lo studio,[223] presentato nel 2009, rappresenta la prima evidenza sull'origine ed evoluzione di questa malattia contagiosa aviara in dinosauri terapodi non aviari. L'infezione, che dall'analisi dei reperti sembra statisticamente diffusa (circa il 15% degli esemplari), dovrebbe essere imputabile a un protozoo simile all'attuale Trichomonas gallinae, e secondo gli studiosi si sarebbe potuta sviluppare a seguito del consumo di prede infette (per quanto gli stessi studiosi osservino che infezioni di tipo Trichomiasi non siano segnalate in Ornithischia del Cretaceo superiore, suggerendo quindi anche l'ipotesi di contagio per cannibalismo[224] o trasmissione di infezione per morsi durante combattimenti per territorialità o dominanza nel branco o accoppiamento). Le patologie degli esemplari catalogati come FMNH PR2081 e MOR 980 suggeriscono che questa possa essere stata la causa diretta della morte dell'esemplare, impedendone il nutrimento e causandone quindi il decesso.
Paleoecologia
Tyrannosaurus visse durante quello che viene definito lo stadio faunistico Lanciano (durante il Maastrichtiano) alla fine del Cretaceo superiore. Il suo areale geografico si estendeva dal Canada a nord fino al Nuovo Messico a sud di Laramidia.[118] Durante questo periodo Triceratops era l'erbivoro dominante nella parte settentrionale del suo areale, mentre il sauropodetitanosauroAlamosaurus dominava il suo areale meridionale. I resti di Tyeannosaurus sono stati scoperti in diversi ecosistemi, comprese pianure subtropicali interne, costiere e semi-aride.
Un'altra formazione ricca di resti di Tyrannosaurus è la Formazione Lance del Wyoming. Questa formazione è stata interpretata come un ambiente bayou simile all'odierna costa del Golfo. La fauna era molto simile a quella di Hell Creek, ma con Struthiomimus che sostituiva il suo parente Ornithomimus come ornithomimosauro dominante. Nella zona viveva anche il piccolo ceratopsiano Leptoceratops.[226]
Tyrannosaurus potrebbe essere vissuto anche nella formazione messicana di Lomas Coloradas in Sonora. Sebbene manchino prove scheletriche, sei denti caduti e rotti recuperati in un letto fossile sono stati accuratamente confrontati con altri generi di teropodi e sembrano essere identici a quelli di Tyrannosaurus. Se ciò fosse vero, ciò indicherebbe che l'areale geografico del Tyrannosaurus fosse molto più esteso di quanto si credesse in precedenza.[229] È possibile che i tyrannosauri fossero originariamente specie asiatiche, che migrarono nel Nord America prima della fine del periodo Cretaceo.[230]
Stime sulla popolazione
Secondo studi pubblicati nel 2021 da Charles Marshall et al., la popolazione totale di Tyrannosaurus adulti in un dato momento sarebbe stata di 20.000 individui, con stime computerizzate che suggeriscono anche una popolazione totale non inferiore a 1.300 e non superiore a 328.000. Gli stessi autori suggeriscono che la stima di 20.000 individui è probabilmente inferiore a quanto ci si dovrebbe aspettare, soprattutto se si tiene conto del fatto che le pandemie potrebbero facilmente spazzare via una popolazione così piccola. Si stima che nell'arco dell'esistenza del genere ci siano state circa 127.000 generazioni e che questo abbia sommato un totale di circa 2,5 miliardi di animali fino alla loro estinzione.[231][232]
Nello stesso articolo, si suggerisce che in una popolazione di Tyrannosaurus adulti pari a 20.000, il numero di individui che vivono in un'area delle dimensioni della California potrebbe arrivare fino a 3.800 animali, mentre un'area delle dimensioni di Washington DC potrebbe supportare una popolazione di soli due Tyrannosaurus adulti. Lo studio non tiene conto del numero di animali giovani del genere presenti in questa stima della popolazione in quanto occupavano una nicchia ecologica diversa rispetto agli adulti, pertanto è probabile che la popolazione totale fosse molto più elevata tenendo conto di questo fattore. Allo stesso tempo, gli studi sui carnivori viventi suggeriscono che alcune popolazioni di predatori hanno una densità maggiore rispetto ad altre di peso simile (come i giaguari e le iene, che sono simili in peso ma hanno densità di popolazione molto diverse). Infine, lo studio suggerisce che nella maggior parte dei casi, solo un Tyrannosaurus su 80 milioni si fossilizzerebbe, mentre la probabilità che accadesse in aree con popolazioni più dense era probabilmente di una su 16.000.[231][232]
Nel 2022, Meiri mise in dubbio l'affidabilità di queste stime, citando l'incertezza nel tasso metabolico, nelle dimensioni corporee, nei tassi di sopravvivenza specifici per sesso ed età, nei requisiti dell'habitat e nella variabilità delle dimensioni come carenze che lo studio di Marshall et al. non ha preso in considerazione.[233] Gli autori della pubblicazione originale hanno risposto che, pur concordando sul fatto che le incertezze riportate erano probabilmente troppo piccole, il loro quadro è abbastanza flessibile da accogliere l'incertezza in fisiologia e che i loro calcoli non dipendono da cambiamenti a breve termine nella densità di popolazione e distribuzione geografica, ma piuttosto sulle loro medie a lungo termine. Infine, sottolineano di aver stimato intervalli di curve di sopravvivenza ragionevoli e di aver incluso l’incertezza nel momento dell’inizio della maturità sessuale e nella curva di crescita incorporando l’incertezza nella massa corporea massima.[234]
Principali ritrovamenti fossili
Più di 30 esemplari di Tyrannosaurus rex sono stati ritrovati ed identificati, alcuni dei quali possono considerarsi scheletri quasi completi. Inoltre, almeno in uno di questi esemplari, sono stati ritrovati tessuti molli e proteine fossili.
Tra gli esemplari più noti e meglio conservati troviamo:
"Sue", chiamata così in onore della paleontologa dilettante Sue Hendrickson che la scoprì il 12 agosto 1990 nel Dakota del Sud. Completo all'85% e, fino al 2001, il più grande mai ritrovato, ha richiesto circa 250.000 ore-uomo per riportarlo alla luce.[235] Da uno studio sulla fossilizzazione delle ossa è emerso che "Sue" aveva raggiunto le piene dimensioni dello scheletro a 19 anni ed era morta a 28, l'età più avanzata di qualsiasi tirannosauro noto.[236]
Un altro Tyrannosaurus, "Stan", in onore del paleontologo dilettante Stan Sacrison, fu trovato nella provincia di Buffalo nel Sud Dakota, nella primavera del 1987. Ci sono volute 30.000 ore-uomo di scavo e di preparazione, per ricostruire uno scheletro completo al 65%. Il 6 ottobre 2020 è stato venduto all'asta da Christie's per il valore record di 31,8 milioni di dollari, anonimo l'acquirente.
Nell'estate del 2000, Jack Horner ha scoperto cinque scheletri di Tyrannosaurus vicino alla riserva di Fort Peck nel Montana. Uno degli esemplari, soprannominato "C. Rex" è forse il più grande mai trovato.[237]
Il tirannosauro è nell'immaginario popolare il carnivoro grande, feroce e inarrestabile per eccellenza ed è forse addirittura il dinosauro più famoso di tutti i tempi, tanto che sin dalla sua scoperta fino ad oggi è definito da molti il Re dei Dinosauri.[238] È inoltre uno dei pochi (se non addirittura il solo) dinosauro di cui il pubblico conosca il nome scientifico completo nonché il sinonimo del dinosauro per eccellenza.[239]
«Un gigante di quasi 9 tonnellate, lungo 13 metri. Dimensioni da record, che classificano Scotty come il più grande T.rex mai identificato finora, e il più massiccio predatore terrestre mai scoperto.»
^ Horner John R - Padian Kvin 2004, Age an growth dynamics of Tyrannosaurus rex, in Royal Society Publishing, vol. 271, 1551/22 settembre 2004 Pagg. 1875-1880..
^(EN) Brian Switeck, When Tyrannosaurus Chomped Sauropods, su blogs.smithsonianmag.com, Smithsonian Media, 13 aprile 2012. URL consultato il 24 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 24 agosto 2013).
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^ Scott Hartman, Mass estimates: North vs South redux, su skeletaldrawing.com, Scott Hartman's Skeletal Drawing.com, 7 luglio 2013. URL consultato il 24 agosto 2013.
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