Originariamente era detto semplicemente Vezza. Nel 1863, dopo l'Unità d'Italia, fu aggiunta al nome la specificazione d'Oglio, per distinguerlo da Vezza d'Alba[7][8].
Il paese è attraversato dal torrente Val Grande, che si getta nel fiume Oglio. Il comune è attraversato anche da altri corsi d'acqua, oltre all'Oglio e al Val Grande: il Val Paghera e il Val Bighera.
Morfologia
Il territorio vezzese è costituito principalmente da tre valli laterali della Val Camonica. La Val Grande; la Val Paghera e la Val Bighera. Oltre a queste fanno parte del territorio comunale anche alcune aree più in quota come il Passo di Pietra Rossa, una piccola parte dell'Aviolo e Cima Rovaia
Origini del nome
La leggenda racconta che un'alluvione distrusse l'antico abitato di Rosolina, sui detriti del quale sarebbe nata l'attuale Vezza. Èsa significa "botte", e fu proprio quest'oggetto che venne ritrovato nel luogo del disastro naturale; una botte piena d'olio che diede origine al nome. La traduzione dialettale del nome (Éza) significa proprio botte[9].
Storia
«La terra di Vezza è delle più grosse, et populate, di questa Valle, et è assai bella, et civile, et li habitanti parte attendono alle mucche, parte vanno fuori dal paese…»
(Gregorio Brunelli, Curiosi trattenimenti contenenti ragguagli sacri e profani dei popoli camuni, 1698[10])
Nel territorio comunale si trovano tracce di insediamenti preistorici, in particolare nelle incisioni rupestri del Sass de la stria, letteralmente "il sasso della strega". È chiamato così perché reca incisioni di strumenti che agli abitanti ricordavano il lavoro delle streghe, che si narrava tenessero i loro riti al passo del Tonale, distante dal paese pochi chilometri.
Nel 18 a.C. i Romani conquistarono la Val Camonica. Essi iniziarono a cavare il marmo bianco della cava del "Borom", a monte dell'abitato e usarono questa pietra per alcune opere nella città di Civitas Camunorum (oggi Cividate Camuno).
Dopo il passaggio dei Franchi di Carlo Magno, nel 774, molte proprietà della Valle furono donate al monastero di Tours. Fu probabilmente con l'avvento di questi monaci che in paese (come in altri della valle) nacque il culto di san Martino di Tours.
Nel 1047 Vezza ottiene la facoltà di avere un proprio fonte battesimale, senza dover rifarsi a quella della pieve di Edolo.[11]
Nel 1315 i vicini di Vezza usurpano alcuni beni di proprietà dell'ospedale di Edolo. La causa si protrae fino al 1330, quando Pasolino da Berzo, nuovo arciprete di Edolo, ritorna in possesso dei beni.[13]
Alla pace di Breno del 31 dicembre 1397 i rappresentanti della comunità di Vezza, Bartolamio Furlocio e il notaio Giacomino da Vezza, si schierarono sulla sponda ghibellina.[16]
Nel 1496 l'imperatore Massimiliano I viene albergato in Vezza da Bertoldo Federici, che per le eccessive spese che dovette contrarre dovette aumentare le decime che aveva su molte comunità della valle.[17]
Vezza subì in passato numerosi incendi: nel 1627, nel quale perirono più di sessanta persone; il 23 settembre 1681, con trenta deceduti; infine il 27 gennaio del 1807.[18]
Nel 1809 viene redatta la mappa catastale del paese, che attesta la presenza di numerosi mulini, fucine e segherie.
Nel 1853 viene redatto il nuovo catasto austriaco di tutto il Regno Lombardo-Veneto, di cui Vezza faceva parte.
Durante la seconda guerra mondiale Vezza accolse numerosi sfollati, soprattutto di Milano e vide svolgersi alcuni scontri tra partigiani e fascisti. Fu inoltre teatro del mitragliamento di una mucca e di un contadino da parte di un aeroplano Alleato. Il paese fu poi attraversato dalla ritirata della Wehrmacht, durante la quale i Tedeschi posizionarono quattro cannoni agli angoli del paese per distruggerlo, come rappresaglia per il fatto che dei presunti partigiani avevano ucciso dei medici tedeschi e si erano impossessati di un'ambulanza (che si dice fosse carica di denaro) mentre questa attraversava il territorio vezzese. Fu grazie all'intervento del custode della Villa Ferrari, che parlava tedesco, che il paese riuscì a salvarsi.
Lo stemma, privo di formale concessione, è stato liberamente adottato dal Comune nella seconda metà del secolo scorso.
«Campo di cielo, al terreno di verde, delimitato da una catena montuosa e innevata, l'insieme attraversato da un capriolo slanciato e rivoltato, la testa
voltata a destra e sfuggente dagli artigli incombenti di
un'aquila volante e rivoltata; il capriolo accostato da due abeti nodriti nel terreno, il tutto al naturale; alla campagna d'argento, carica di una botte di legno, coricata al naturale, con la spina infìssa a sinistra. Ornamenti esteriori da Comune.»
La composizione dello stemma, incorniciata in un panorama alpino, è ispirata allo storico emblema della Valcamonica in cui un'aquila assale un cervo. La botte in punta allo scudo, èsa in lingua locale, sarebbe un riferimento al nome di Vezza: una leggenda narra che il paese dall'antico nome di Rossolina, dopo
una devastante alluvione, sia stato rifondato nei pressi del luogo dove, sul greto dell'Oglio, fu ritrovata una botte,
fortunosamente intatta, da cui il borgo avrebbe preso il nuovo nome.
Il gonfalone è un drappo di porpora.
Ricorrenze
inizio febbraio: "Caspolada al chiaro di luna", passeggiata agonistica e amatoriale in notturna con le caspole, racchette da neve. (ulteriori informazioni);
11 novembre: festa patronale di San Martino di Tours;
Seconda domenica di agosto: Festa del Gruppo Alpini di Vezza d'Oglio in località San Clemente;
4 luglio: anniversario della Battaglia di Vezza d'Oglio.
Parrocchiale di San Martino, la fondazione si fa risalire ai monaci di Tours, è citata già a partire dal XII secolo. Ampliata nel XVIII secolo. L'ingresso è in marmo di Vezza. La soasa è di Domenico Ramus. Sul campanile, unica costruzione scampata all'incendio del 1700, contiene un poderoso concerto di 5 campane in Si2 opera del fonditore Pruneri di Grosio, fuse nell'anno 1876. La campana maggiore, a causa di una stonatura, venne rifusa sempre da Pruneri nel 1896. Sul campanile è presente anche una sesta campana, dotata anche di corda, che suona all'orario di inizio delle celebrazioni.
Chiesetta dell'oratorio, sulla facciata la rappresentazione della "morte del giusto", nella fattispecie un disciplino, con tutti i personaggi del dramma: sposa piangente, prete, l'angelo che porta l'anima in cielo e il diavolo scornato.
Gli scütüm sono nei dialetti camuni dei soprannomi o nomiglioli, a volte personali, altre indicanti tratti caratteristici di una comunità. Quello che contraddistingue gli abitanti di Vezza è Campanù[4].
Geografia antropica
Frazioni
Le frazioni di Vezza d'Oglio sono Davena, Grano, Tù.
Altre frazioni, ora disabitate sono Cormignano (a monte della frazione Grano), Pedenole e Vedet collocate tra Tù e il comune confinante Vione.
^Regio decreto15 marzo 1863, n. 1211, articolo 1, in materia di "Decreto che autorizza alcuni Comuni delle Provincie di Pavia, Cremona, Cuneo, Brescia, Macerata, Torino, e Massa e Carrara ad assumere una nuova denominazione."
^ Bortolo Rizzi, Illustrazione della Valle Camonica, Bornato, Arti Grafiche Sardini, 1974 [1870], p. 213.
^ Enrico Tarsia, Vezza d'Oglio, in Quaderni Camuni - n. 4, Brescia, Vannini, 1987, p. 442.
^ Marcello Ricardi e Giacomo Pedersoli, Grande guida storica di Valcamonica Sebino Val di Scalve, Cividate Camuno, Toroselle, 1992, p. 383.
^ Romolo Putelli, Intorno al castello di Breno: storia di Valle Camonica, Lago d'Iseo e vicinanze da Federico Barbarossa a S. Carlo Borromeo, Brescia, La Nuova Cartografica, 1989 [1915], p. 17.
^ Gabriele Archetti, Berardo Maggi - Vescovo e signore di Brescia, Brescia, ottobre 1994, p. 306.
^ Roberto Andrea Lorenzi, Medioevo camuno - proprietà classi società, Brescia, Grafo, 1979, p. 71.
^Tratto da: Roberto Celli, Repertorio di fonti medievali per la storia della Val Camonica, Brescia, Tipolitografia Queriniana, 1984, p. 80, ISBN88-343-0333-4.
^Tratto da: Roberto Celli, Repertorio di fonti medievali per la storia della Val Camonica, Brescia, Tipolitografia Queriniana, 1984, p. 104, ISBN88-343-0333-4.
^ Gregorio Brunelli, Curiosi trattenimenti contenenti ragguagli sacri e profani dei popoli camuni, a cura di Oliviero Franzoni, Breno, Tipografia Camuna, 1998 [1698], p. 183.
^Tratto da: Marcello Ricardi e Giacomo Pedersoli, Grande guida storica di Valcamonica Sebino Val di Scalve, Cividate Camuno, Toroselle, 1992, p. 386.
^ Marcello Ricardi, Giacomo Pedersoli, Grande guida storica di Valcamonica Sebino Val di Scalve, Cividate Camuno, Toroselle, 1992, p. 385.