Il barocco siciliano definisce le espressioni di tale movimento artistico in Sicilia realizzate fin dall'inizio del XVII secolo, soprattutto nel campo dell'architettura e delle arti decorative.
La definizione è stata utilizzata anche per indicare in particolar modo la declinazione di questo stile, caratterizzata da un acceso decorativismo, senso scenografico e cromatico, del periodo del tardo barocco.Tale maniera rientra in un più ampio fenomeno europeo e si manifestò pienamente solo nel XVIII secolo, in seguito agli interventi di ricostruzione succeduti al devastante terremoto che investì il Val di Noto nel 1693. Infatti, in seguito al sisma del 1693, gli architetti locali (molti dei quali formati a Roma) e i progettisti e artisti venuti da fuori, trovarono un'abbondanza di opportunità per dar vita a un sofisticato stile barocco allo stesso tempo popolare e colto, fortemente caratterizzato e radicato nel territorio.
L'identificazione di uno specifico stile tardo barocco siciliano si deve principalmente a uno studio di Anthony Blunt[1], che ne identificò tre fasi di sviluppo tutte collocate nel corso del XVIII secolo, a seguito del fervore edilizio della ricostruzione dopo il terremoto. Egli ne riconobbe il carattere principale nell'esuberanza decorativa che univa architettura colta e tradizione artigianale, avvicinando tale stile ad altri del tardo barocco, come quello della Baviera e quello che si sviluppò in Russia anche noto come Barocco Naryshkin.
Dopo lo studio di Blunt l'interesse continuò a concentrarsi sul solo XVIII secolo. Tuttavia la storiografia ha poi evidenziato come, già molto prima del 1693, l'architettura e l'arte barocca si erano affermate nell'isola, in continuità con le realizzazioni manieriste e tardorinascimentali nonché con la tradizione architettonica autoctona. Infatti fin dal primo Seicento, la conoscenza diretta o indiretta dei grandi architetti barocchi di Roma aveva già fatto maturare esperienze pienamente barocche sia sul piano del linguaggio architettonico sia nella ricerca di complesse geometrie spaziali e nell'inserimento scenografico e prospettico.
Premesse e vocazione decorativa
Tradizionalmente gli studiosi hanno spesso ritenuto che l'adesione della Sicilia alle forme rinascimentali sia stata in ritardo nei tempi rispetto alle altre regioni italiane e molto condizionata, nei modi, dalle preesistenti tradizioni artistiche gotico-catalane o addirittura normanne, nel caso dell'architettura. Tale adesione condizionata portò, nel caso dell'architettura, a una sovrabbondanza e sovrapposizioni di decorazioni, tanto che nell'architettura del primo XVI secolo, elementi decorativi classicheggianti, come i capitelli classici, convivevano con elementi gotici, normanni e catalani.
Questa sovrabbondanza decorativa trova un chiaro esempio nello stile dei Gagini, una dinastia di artisti presente in moltissime imprese decorative nelle chiese di tutta l'isola che si adattò al gusto prevalente per una ricca decorazione che sembra costituire un carattere permanente dell'architettura sull'isola. Tra il 1531 e il 1537, meno di un secolo dopo che la sua famiglia era arrivata sull'isola, Antonello Gagini completò, nel Santuario dell'Annunziata di Trapani, l'arco della Cappella della Madonna, simile a un proscenio, dotato di pilastri e frontone decorati pesantemente con busti a rilievo dei santi e composizioni floreali. Molto simile nello stile è la chiesa del Gesù di Palermo, costruita nel periodo 1564–1633, che mostra il medesimo decorativismo presente quindi fin dal primo barocco siciliano, soprattutto negli interni.
Comunque, qualunque sia stata nei modi e nei tempi l'adesione della Sicilia alle forme del Rinascimento e del Classicismo, nella seconda metà del secolo la cultura architettonica dell'isola si trovò perfettamente aggiornata al panorama artistico della penisola e in particolare di Roma, recependone tutta la complessità fatta di tardo manierismo, di Classicismo, di temi della Controriforma e tanto altro.[2]
Un ruolo particolare in tale processo ebbe la città di Messina in cui operarono a metà secolo, architetti e scultori come Andrea Calamech e Giovanni Angelo Montorsoli artisti toscani aggiornato al linguaggio architettonico prevalente a Firenze e Roma. In tale epoca, infatti, le novità continuano a essere portate da artisti e architetti immigrati in Sicilia dai principali centri artistici italiani. Dopo questo periodo tale fenomeno si ferma e i principali artisti attivi in Sicilia nel XVII secolo sono nativi dell'isola, formatisi spesso a Roma[3], come comunque comincia ad accadere già dalla seconda metà del XVI secolo (Jacopo Del Duca).
Primo Barocco
Secondo alcuni autori, anche il barocco arriva in Sicilia con qualche decennio di ritardo rispetto a Roma e agli altri centri di diffusione. Tuttavia già nei primi decenni del XVII secolo alcune realizzazioni sembrano pienamente barocche, anzi anticipandone alcuni temi. Pur con un linguaggio architettonico riferibile al tardo manierismo e al classicismo, tali esempi possiedono almeno una delle caratteristiche specifiche del nuovo stile che si andava formandosi a Roma: il forte senso della teatralità, attuata mediante la ricerca prospettica e scenografica a scala urbana.
Il primo di questi esempi, spesso definito il primo esempio di architettura e urbanistica barocca nell'isola, sono i Quattro Canti a Palermo, un incrocio monumentale, formato dalle due principali vie della città e realizzato tra il 1609 e il 1620 da Giulio Lasso e Mariano Smiriglio. L'intersezione forma una piazza ottagonale, con quattro lati coincidenti con le strade che vi convergono, e quattro spigoli inclinati corrispondenti a fronti di edifici leggermente concavi. Questi fronti che dominano la piazza hanno al piano terreno fontane che ricordano il crocevia delle Quattro Fontane di Roma, voluto da papa Sisto V solo due decenni prima. I tre piani degli edifici sono adorni di statue in nicchie raffiguranti le quattro stagioni, i quattro sovrani Carlo V, Filippo II, Filippo III e Filippo IV, e le quattro patrone di Palermo: Santa Cristina, Santa Ninfa, Santa Olivia e Sant'Agata.
Lo stesso Mariano Smiriglio realizzò, a partire già dal 1582, la Porta Felice, costituita da due imponenti piloni, ingresso monumentale sull'asse rettilineo del Cassaro (l'attuale corso Vittorio Emanuele) prolungato fino al mare. Fu completata solo dopo lavori che si protrassero fino al 1637.
Un'altra opera in cui l'intento scenografico coinvolse, in modo del tutto inedito, l'urbanistica e l'immagine di un'intera città fu la Palazzata a mare di Messina, detta anche "Teatro marittimo" progettata nel 1622 e realizzata da Simone Gullì, un'opera pienamente inserita nella sensibilità barocca.[4] Si trattava dell'edificazione dell'intero fronte a mare con una cortina di tredici edifici, stilisticamente omogenei, con la facciata scandita da quattro ordini di aperture. I palazzi erano collegati da passaggi monumentali a due ordini. L'intero complesso edilizio si configurava così come un enorme edificio di 267 interassi.
Il ruolo degli ordini religiosi
Altri progettisti siciliani nella cui opera sono stati rintracciati elementi del primo barocco sono Natale Masuccio[5] , Antonio Muttone e Tommaso Blandino. A tal proposito si deve mettere il luce come spesso a portare in Sicilia le novità dell'ambiente romano erano le varie congregazioni religiose che a partire da metà XVI secolo e per tutto il XVII costruirono collegi, conventi e chiese in moltissimi centri dell'isola. Gli architetti di tali costruzioni erano quasi sempre confratelli, mandati ad istruirsi sull'architettura a Roma.
In particolare per i gesuiti occorre ricordare che le sedi di Messina e Palermo furono tra le prime in tutta Europa in cui l'ordine stabilì un proprio collegio, con annesse chiesa e "casa professa".
Barocco maturo (seconda metà del XVII secolo)
Con gli autori e le opere sopra ricordate, la storia dell'architettura barocca nell'isola inizia ben prima del terremoto del 1693, nonostante alcuni autori spostino a dopo il 1650 circa i primi esempi di barocco architettonico in Sicilia, peraltro generalmente giudicati scarsi e poco significativi. I motivi di tale svalutazione comprendono anche la distruzione di molte opere per via di terremoti, rifacimenti, cause belliche e la contemporanea perdita di molte fonti documentarie, che rendono difficile comprendere appieno e valutare accuratamente l'architettura del XVII secolo sull'isola.
Nonostante tali giudizi sono molte le architetture del periodo riferibili all'architettura romana a esse contemporanee e perfettamente aggiornate al panorama architettonico della penisola. Le più importanti esperienze sono descritte nel seguito.
Nella seconda parte del XVII secolo comincia inoltre l'attività del più importante degli scultori barocchi siciliani, Giacomo Serpotta, che con la sua scuola, decora a stucco gli interni di molte delle chiese del periodo.
Guarini
Guarino Guarini fu l'eccezionale presenza esterna che dette una duratura impronta all'architettura siciliana introducendo elementi che saranno ripresi in seguito. Visse a Messina per un periodo non totalmente documentato e comunque almeno dal 1660 al 1662 e vi progettò la chiesa della Santissima Annunziata, il Collegio dei Teatini, costruito però successivamente, e la chiesa di San Filippo Neri. Tutte le costruzioni sono andate distrutte durante il terremoto del 1908.
Con questi edifici Guarini introdusse, di fatto, il barocco in Sicilia tra molte perplessità dei contemporanei[6]. In particolare ebbe una forte influenza sull'architettura successiva la facciata della chiesa della Santissima Annunziata a sviluppo verticale con vari ordini sovrapposti, sagoma piramidale e superficie mossa che farà da modello a molte chiese siciliane della Val di Noto. Altri elementi importanti furono la cupola che anticipava quelle poi realizzate a Torino, il campanile posto in facciata e gli spazi interni caratterizzati da stucchi bianchi.
Sempre per Messina progettò la chiesa dei padri Somaschi, a pianta esagonale, rimasta a livello progettuale[7] e nota grazie alle incisioni del suo trattatoArchitettura civile. Il progetto sembra anticipare le grandi cupole nervate poi realizzate da Guarini a Torino, anche se la datazione del progetto al 1660-1662 non sembra certa e potrebbe essere da posticipare.
Angelo Italia
Tra gli architetti che conobbero l'opera di Guarini a Messina, ci fu il frate gesuita Angelo Italia, uno dei protagonisti della stagione barocca in Sicilia nel trentennio che precedette il fervore costruttivo della ricostruzione dopo il terremoto del Val di Noto, nella quale comunque Angelo Italia, ormai anziano, ebbe un ruolo di rilievo.
Nel 1685 ebbe modo di vedere a Messina le opere di Guarino Guarini che lo influenzeranno, anche se la sua opera risente anche del repertorio stilistico di Borromini, Rainaldi, Dalla Porta, tanto da far pensare a un suo probabile soggiorno a Roma[8].
Nonostante sia stato al servizio della sede gesuitica di Palermo, occupandosi dei vari cantieri dell'ordine in città, ebbe modo comunque di spostarsi continuamente in diversi centri della Sicilia, per progettazioni e consulenze richieste dalle varie sedi gesuitiche dell'isola e anche da alcuni committenti dell'alta nobiltà.
Nell'opera del frate architetto possiamo trovare molti degli elementi del barocco romano come la ricerca spaziale basata su spazi centralizzati e sulla compenetrazione di spazi geometrici (come nella chiesa palermitana di San Francesco Saverio che presenta un impianto centrico di forma ottagonale su cui s'innestano quattro cappelle dalla particolare e insolita forme esagonale[9].
Altrettanto legata alle esperienze barocche più aggiornate era la ricerca linguistica per le facciate articolate, complesse nella loro geometria e nelle membrature (come le colonne libere della facciata delle chiesa madre di Palma di Montechiaro,[10] libera ormai d'ogni caratteristica provinciale).
Tra le sue opere più importanti vi è anche il Duomo di Santa Maria della Neve (1685-1693) a Mazzarino, commissionato da Carlo Carafa Branciforte principe di Butera, fu progettata con un'unica grande navata coperta a botte. Rimase incompiuta, forse per difficoltà tecniche relative alla copertura e fu completata nell'Ottocento a tre navate. Rimane come testimonianza del progetto originale la slanciata facciata, anch'essa però incompleta.
Altri progettisti
Nella seconda metà del XVII secolo fu attivo, soprattutto a Palermo anche Paolo Amato che ebbe una lunga carriera, come architetto del Senato e progettista di apparati e spettacolari decorazioni a commesso. La sua opera migliore è sicuramente la Chiesa del Santissimo Salvatore, iniziata nel 1682, dalla curiosa pianta dodecagonale allungata sormontata da una cupola ellittica.
Dopo essersi formato a Roma, operò a Palermo anche Giacomo Amato (1643 – 1732), importando i modi di Carlo Fontana e Rainaldi. Tra le sue opere la chiesa di Santa Maria della Pietà e la chiesa di Santa Teresa alla Kalsa (dal 1686), dalla facciata su due ordini, fortemente plastica con paraste, semicolonne, colonne libere e un tondo con un bassorilievo, circondato da putti, sopra il portale.
Gaspare Guercio, architetto e scultore, realizzò con la facciata della Chiesa di San Matteo a Palermo, a partire dal 1640, un'architettura pienamente barocca.
A Siracusa si concentra l'opera di Giovanni Vermexio che progetta il Palazzo senatorio, con richiami al Vignola, ma dall'esuberante decorazione che fonde elementi manieristici e barocchi con altri locali[11], la Chiesa di San Filippo Neri dalla pianta ellittica e altre architetture.
Il grande terremoto del 1693 danneggiò gravemente cinquantaquattro città e paesi e trecento centri minori. L'evento contò due principali sismi, il 9 e l'11 gennaio, i cui epicentri furono rispettivamente fuori Augusta (per l'esattezza tra Melilli e Sortino) e nel porto di Catania, accompagnati da una serie di sciami di minore intensità. La città di Noto fu completamente rasa al suolo, mentre la città di Catania fu danneggiata in modo molto grave. Fu stimato un totale di più di centomila persone uccise. Altre città che subirono gravi danni furono Ragusa, Modica, Scicli, Militello e Ispica. La ricostruzione iniziò quasi immediatamente.
L'era barocca della Sicilia, con il suo stile riccamente decorato, rifletteva perfettamente la storia sociale dell'isola, e venne a simboleggiare il canto del cigno della sua nobiltà, lasciando sull'isola un marchio di identità architettonica.
La grandiosità dell'architettura che stava per sorgere dal disastro è connessa alla realtà politica e sociale della Sicilia del tempo. La Sicilia era ancora ufficialmente sotto il controllo spagnolo, ma in realtà era governata dalla sua aristocrazia autoctona che possedeva la gran parte della terra coltivabile. Questa era guidata da Giuseppe Lanza, duca di Camastra, che gli spagnoli avevano nominato viceré di Sicilia per appagare l'aristocrazia. Nel XVIII secolo fu calcolato che c'erano duecentoventotto famiglie nobiliari, che fornivano alla Sicilia una classe di governo consistente di cinquantotto principi, ventisette duchi, trentasette marchesi, ventisei conti, un visconte e settantanove baroni; il Libro aureo della nobiltà siciliana (pubblicato per l'ultima volta nel 1926) ne elenca ancora di più. In aggiunta a questi c'erano i più rampolli cadetti delle famiglie con i loro titoli cortesi di nobile e barone.
Questo sistema di tipo feudale, legato alle rendite fondiarie, assicurava all'aristocrazia siciliana vaste ricchezze che poterono essere impiegate nella grandiose opere della ricostruzione in cui i nobili gareggiavano per garantirsi il prestigio.
L'altro grande committente delle architetture barocche fu il vasto apparato Chiesa cattolica con le sue varie realtà territoriali, parrocchiali e monastiche. Si è a lungo insistito sulle grandi ricchezze accumulate dal clero siciliano secolare e regolare, spesso con intenzioni ideologiche e senza documentazioni e facendo riferimento alle ampie donazioni, comuni sia tra le classi superiori che tra quelle più povere. Studi recenti tendano ad escludere che la ricchezza di certi ordini religiosi fosse fuori proporzione rispetto a quella degli altri gruppi sociali. Comunque non può essere stata l'origine del dispendio di risorse che fu all'origine della ricostruzione. Un discorso a parte andrebbe fatto per i gesuiti che amministravano i propri beni con particolare spirito imprenditoriale e che infatti furono tra XVII e XVIII secolo i maggiori protagonisti delle nuove imprese edilizie nelle varie città.
Nuove città
In seguito al sisma il programma di ricostruzione fu velocemente avviato, sotto la direzione del Duca di Camastra, rappresentante e vicario del viceré con pieni poteri per la ricostruzione Il duca si avvaleva come collaboratore dell'ingegnere militare Carlos de Grunembergh.
La fondazione di nuovi centri abitati in Sicilia non era nuova visto che tra la fine del XVI secolo e tutto il XVII secolo ne erano stati fondati, dai nobili titolari di feudi, un centinaio per ripopolare vaste aree di latifondo spopolate e incrementare così la produzione agricola.
Si tratta di cittadine anche piuttosto grandi, realizzate con impianti a scacchiera o comunque ortogonali, sebbene ognuna con particolari caratteristiche: Vittoria, Leonforte, Cinisi, Palma di Montechiaro, Paceco, Santo Sfefano.
La ricostruzione avvenne infatti spesso secondo uno schema razionale a griglia e quando fu possibile si preferì ricostruire i centri abitati in altri siti, tenendo conto di vari criteri, tra cui la volontà di non ricreare la struttura medievale fatta di ristretti vicoli, la necessità di avere piazze e strade principali ampie, la possibilità di erigere difese fortificate efficienti in un'epoca in cui era ancora presente la minaccia turca.
Tali caratteristiche miravano anche a minimizzare i danni alla proprietà e alle vite umane in caso di probabili nuovi sismi. In effetti, nel 1693 le strade molto strette avevano reso ancora più disastroso il terremoto.
Architettonicamente i nuovi impianti urbanistici pianificati crearono la possibilità di ampie prospettive e scenografie urbane come quelle realizzate da Rosario Gagliardi a Noto. In genere si nota questo aspetto nelle città più estensivamente ripianificate di Caltagirone, Militello Val di Catania, Catania, Modica, Noto, Palazzolo, Ragusa, e Scicli.
Uno dei migliori esempi di questa nuova pianificazione urbana può essere visto a Noto, che fu ricostruita a circa 10 km dal sito originario sul Monte Alveria. L'antica città in rovina, conosciuta come Noto Antica, può ancora essere visitata nel suo stato diroccato. La ricostruzione avvenne sotto la guida del duca di Camastra. Il nuovo sito prescelto era più pianeggiante di quello precedente per facilitare un lineare sviluppo a griglia. Le strade principali procedono da est a ovest in considerazione dell'angolazione del sole. Questo esempio di pianificazione urbanistica non è di facile attribuzione: si fa riferimento sia al commissario generale Giuseppe Asmundo sia all'erudito aristocratico locale, Giovanni Battista Landolina, che con l'aiuto da tre architetti locali è responsabile di aver pianificato la città. Tuttavia un ruolo devono averlo avuto anche Angelo Italia e Carlos de Grunenberg[12].
In queste nuove città, l'aristocrazia si localizzò nelle aree più sopraelevate, dove l'aria era più fresca e pulita nelle torride estati siciliane e la vista più gradevole. La chiesa fu collocata al centro della città, per comodità di tutti, e per riflettere la globale centralità della Chiesa; intorno furono costruiti anche i molti conventi. I commercianti e mercanti scelsero come quartiere le pianificate strade larghe originate nelle piazze principali. Infine i meno abbienti furono ammessi a erigere i loro rifugi di mattoni e le loro case nelle aree a cui nessun altro ambiva. In tal modo la pianificazione urbanistica barocca venne a simboleggiare e riflettere l'autorità politica e la struttura socuale, come del resto era normale nelle città di nuova fondazione sia precedenti che successive e in luoghi anche lontani come Annapolis, Williamsburg, New Bern e Savannah nell'America britannica Erano stati deposte le basi per l'esplosione dell'architettura barocca che avrebbe predominato in Sicilia fino al primo XIX secolo.
Alcuni tra i centri ricostruiti dopo il sisma del 1693, non presentano il tradizionale tracciato ortogonale a scacchiera ma una forma urbana geometrica su base esagonale: Avola progettata da Angelo Italia e Grammichele il cui disegno è attribuito a Carlo Maria Carafa Branciforti e a Michele Ferla. Gli schemi urbanistici utilizzati sono desumibili dal trattato di architettura militare allora più conosciuto: I quattro primi libri di architettura di Pietro Cataneo.[13] e rappresentano in un certo senso la tardiva realizzazione della città ideale rinascimentale.
In seguito molte altre città e paesi siciliani che erano stati lievemente danneggiati o furono completamente risparmiati dal sisma, come Palermo, furono anch'essi trasformati dallo stile barocco, man mano che la moda si allargava e gli aristocratici con un palazzo a Catania iniziarono a desiderare che il loro palazzo nella capitale fosse altrettanto opulento di quello nella seconda città. A Palermo la Chiesa di Santa Caterina, iniziata nel 1566, fu una di tante nella città i cui interni furono ridecorati nel XVIII secolo in stile barocco, con marmi colorati.
Nuove chiese e palazzi
Subito dopo il terremoto furono costruite o ricostruite innumerevoli chiese e palazzi. Le prime rivelano il ruolo sociale che aveva assunto in Sicilia il gran numero di congregazioni, per cui in un solo piccolo centro erano spesso presenti un elevato numero di ordini conventuali caratterizzati da un'intensa attività edificatoria. Ugualmente i nobili si sentirono in dovere di dotarsi di palazzi e residenze di campagna per affermare il proprio ruolo sociale, favorendo le espressioni artistiche più opulente di decorazioni.
Gli architetti spesso locali furono capaci di progettare in un modo più sofisticato di quello del tardo XVII secolo; molti erano stati educati nell'Italia continentale a una comprensione più dettagliata dell'idioma barocco. Il loro lavoro ispirò progettisti siciliani che avevano avuto minori occasioni. Va osservato che questi architetti furono anche assistiti da pubblicazioni di incisioni di Domenico De Rossi, che per la prima volta fornì le precise dimensioni e misure di molti delle principali facciate barocche e rinascimentali di Roma.
Un secondo ostacolo per il pieno sviluppo del potenziale degli architetti siciliani fu che frequentemente essi stavano solo ricostruendo una struttura danneggiata, e dovevano quindi far coincidere i loro progetti con lo stato dei luoghi e dei manufatti o quanto ne rimaneva. La chiesa di San Giorgio a Modica ne è un esempio: malamente danneggiata dal terremoto del 1613, ricostruita nel 1643 in stile barocco conservando la pianta medievale, quindi danneggiata di nuovo nel 1693. La ricostruzione ebbe luogo a partire dal 1702 per opera di un ignoto architetto. Infine Rosario Gagliardi supervisionò il completamento della facciata, avvenuto nel 1760, o almeno parte dei lavori, essendo morto in quegli anni. Però i compromessi a cui egli dovette prestarsi in ossequio alla struttura esistente sono evidenti. Mentre Gagliardi usò le stesse formule che tanto successo gli arrisero a San Giorgio a Ragusa, qui a Modica la costruzione è più pesante e manca dell'abituale leggerezza di tocco e libertà di disegno. Secondo alcuni autori più recenti questo può anche dipendere in parte dall'avvicendarsi di altri alla supervisione a cavallo della morte del Gagliardi, di cui comunque si conservano disegni correlati.
Col compito di ricostruzione dal terremoto del 1693, lo stesso Rosario Gagliardi progettò con lo stesso stile la basilica di Santa Maria Maggiore a Ispica, unica nella provincia di Ragusa grazie alla presenza del Loggiato progettato da Vincenzo Sinatra.
C'era anche un'altra influenza al lavoro. Tra il 1718 e il 1734 la Sicilia fu controllata personalmente da Carlo VI da Vienna, col risultato che in alcune opere si possono percepire legami con l'architettura austriaca e con lo stile di Fischer von Erlach. Un architetto siciliano, il monaco Tommaso Napoli, visitò Vienna due volte verso l'inizio del secolo, tornando con una collezione di incisioni e disegni. Fu in seguito architetto di due ville di campagna del primo periodo barocco siciliano, notevoli per le loro pareti concave e convesse e per il complesso disegno delle loro scale esterne. Una, la sua Villa Palagonia iniziata nel 1705, è la più complessa è ingegnosa di qualsiasi altra costruita nell'era barocca della Sicilia; la sua doppia scala di scalinate rettilinee, con frequenti cambi di direzione, fu il prototipo di ciò che divenne una caratteristica eminente del barocco siciliano.
In seguito una nuova ondata di architetti, consci del fatto che gli stili del rococò per gli interni iniziavano altrove a guadagnare ascendente sul barocco, procedettero a sviluppare l'appariscenza, la libertà e il movimento che oggi sono sinonimi dell'espressione barocco siciliano.
La maggior parte dei membri della nobiltà aveva diverse abitazioni in Sicilia, perché il viceré nominato dalla Spagna trascorreva sei mesi dell'anno a Palermo e sei a Catania, tenendo corte in ciascuna città, e quindi i membri dell'aristocrazia avevano bisogno di un palazzo in ognuna di esse. Infatti la città etnea aveva sostituito Messina dopo la rivolta del 1686 come seconda città della Sicilia.
Una volta che i palazzi della devastata Catania furono ricostruiti alla nuova moda, quelli di Palermo sembrarono antiquati per confronto, quindi anch'essi furono riedificati secondo i nuovi canoni stilistici. Dalla metà del XVIII secolo, le ville dove riposare in autunno, essenzialmente degli status symbol, furono costruiti nell'elegante enclave di Bagheria.
Questo schema si ripeté, su scala minore, in tutte le città secondarie della Sicilia, con ogni città impegnata a fornire una vita sociale più divertente e attraente per gli aristocratici provinciali rispetto alle loro abitazioni di campagna, che tuttavia non sfuggirono alla mania edilizia. Spesso ali barocche o nuove facciate furono aggiunte ad antichi castelli, o ville rurali furono interamente ricostruite. La frenesia edilizia guadagnò slancio e raggiunse il suo zenith verso la metà del XVIII secolo.
Il tardo barocco siciliano
Intorno al 1730 il barocco siciliano guadagnò una ancor maggiore individualità grazie a una nuova generazione di architetti siciliani che si era formata sui cantieri della ricostruzione e si era aggiornata sulle stampe e i libri di architettura che giungevano con sempre maggiore frequenza dal continente. Andrea Palma, Rosario Gagliardi e Tommaso Napoli, pur tenendo in considerazione il barocco di Napoli e Roma, ma nifestarono una forte autonomia e adattarono i loro progetti a materiali e tradizioni locali. Napoli e quindi Vaccarini avevano promosso l'uso di scale esterne, che era adesso condotto a un nuovo stadio:
Le facciate delle chiese assunsero una sempre maggiore ed esuberante articolazione plastica man mano che gli architetti guadagnavano sicurezza, competenza e statura artistica. Sempre più spesso di adottarono soluzioni scenografiche con le chiese in cima a colline che venivano raggiunte tramite meravigliose scalinate che evocavano le scalinate di piazza di Spagna a Roma di Francesco De Sanctis, maestro di Vaccarini.
Gli interni chiesastici continuarono a essere decorati con un tumulto di marmi intarsiati e un'ampia varietà di colori che tanto impressionarono A. Blunt che ha descritto questa decorazione come "affascinante o repellente, ma comunque il singolo spettatore possa reagire, questo stile è una manifestazione caratteristica di esuberanza siciliana, e va classificato tra le più importanti e originali creazioni di arte Barocca sull'isola".
Noto
In nessun luogo in Sicilia lo sviluppo del barocco è più evidente che a Noto. Le vie della città sono intervallate da scenografiche piazze e imponenti scalinate che raccordano terrazze e dislivelli. Il piano di ricostruzione produsse un tessuto urbano coerente e ricco di episodi architettonici. Venne utilizzata la tenera pietra locale, di colore tra il dorato e il rosato, riccamente intagliata.
A differenza di quanto accade di solito nelle costruzioni barocche delle province del Sud Italia, come soprattutto a Lecce e, in Sicilia, a Catania, gli architetti che lavorano a Noto non puntano tutto sui motivi ornamentali, i quali restano sempre ben controllati, senza squilibri rispetto alle architetture nelle quali sono inseriti[14]. Inoltre, gli architetti attivi a Noto, Rosario Gagliardi, Vincenzo Sinatra e Paolo Labisi, si impegnarono anche nella realizzazione di architetture elaborate, con l'impiego di facciate concave (come nella chiesa del Carmine o in quella di San Carlo Borromeo al Corso), convesse (come la chiesa di San Domenico) o addirittura curvilinee, come nella torre campanaria del seminario. Il barocco di Noto pervade l'intera città: gli elementi barocchi non sono isolati all'interno di un contesto urbano caratterizzato da diversi stili, ma sono collegati tra di loro in modo da realizzare quella che è stata definita la "perfetta città barocca"[15].
A tal proposito Ugo Ojetti sostenne: «Noto ai primi del Settecento è una delle nostre città sorte d'un colpo, pel fatto sembra d'una volontà sola, immagine precisa del gusto d'un'epoca. A visitarla, palazzi, chiese, conventi, teatro pare un monumento unico, tutto costruito nello stesso tufo giallo, nello stesso barocco, come dice bene il Fichera, fiammeggiante, con una grandiosità senza pause e una regalità senza avarizia»[16]. Dell'impegno degli architetti netini per la creazione di grandi scenografie, in un'ottica barocca pienamente consapevole e non provinciale, si accorse pure un maestro dell'immagine come Michelangelo Antonioni, il quale in una scena de L'Avventura, girata a Noto, fa dire al protagonista, interpretato da Gabriele Ferzetti, intento ad ammirare la città dalla terrazza del campanile della chiesa di San Carlo al Corso: «Ma guarda che fantasia, che movimento. Si preoccupavano degli effetti scenografici. Che libertà straordinaria!».
Ragusa
Ragusa fu gravemente danneggiata nel 1693. L'abitato è diviso in due parti: Ragusa Ibla, ricostruzione della città vecchia sul suo colle, e Ragusa Superiore che invece fu edificata ex novo dopo il terremoto su un altopiano adiacente. Successivamente Ragusa Superiore si espanse su un ulteriore altopiano, separato dal primo dalla vallata Santa Domenica e ad esso collegato tramite tre ponti costruiti in epoche diverse.
Ragusa Ibla, la città inferiore, vanta un insieme impressionante di manufatti Barocchi, che includono la chiesa di San Giorgio di Rosario Gagliardi, progettata nel 1738. Nel progetto di questa chiesa Gagliardi sfrutta la difficile topografia del sito collinare. La chiesa torreggia in modo impressionante su una imponente scalinata di circa 250 gradini, una caratteristica Barocca frequentemente adottata in Sicilia a causa di centri urbani spesso posizionati su rilievi. La torre sembra esplodere dalla facciata, accentuata da colonne e pilastri rastremati contro le pareti curve. Al di sopra delle aperture di porte e finestre, timpani si svolgono e curvano con un nuovo senso di libertà e di movimento. La cupola neoclassica non fu aggiunta prima del 1820.
Palazzo Zacco è uno dei più notevoli edifici barocchi della città, dotato di colonne corinzie che sostengono balconate di elaborato ferro battuto, mentre sostengono maschere grottesche volte a burlarsi, colpire o divertire i passanti. Il palazzo fu costruito nella seconda metà del XVIII secolo dal barone Melfi di Sant'Antonio. Fu in seguito acquistato dalla famiglia Zacco, da cui il nome. L'edificio ha due facciate sulla strada, ciascuna con sei ampie balconate che portano lo stemma della famiglia Melfi, una cornice di foglie d'acanto contro cui si appoggia un puttino. I balconi, una caratteristica del palazzo, sono notevoli per le mensole aggettanti che li sostengono, che vanno da putti a musicisti a maschere grottesche. Il punto focale della principale facciata sono i tre balconi centrali divisi da colonne con capitelli corinzi. Qui i balconi sono sorretti da immagini di musicisti con facce grottesche.
La cattedrale di San Giovanni Battista a Ragusa Superiore fu costruita tra il 1718 e il 1778. La sua facciata principale è puro barocco, contenente fini sculture e bassorilievi. La cattedrale ha un elevato campanile siciliano nello stesso stile. L'adorno interno barocco è diviso in tre navate colonnate. Ragusa Superiore, la parte più danneggiata della città, fu ripianificata intorno alla cattedrale, in seguito al 1693; il disegno dei palazzi qui è tipico di questa città: essi sono lunghi e di solo due piani, con una soglia centrale solo appena sottolineata da un balcone e da un arco che conduce al giardino interno. Questo stile molto Portoghese, probabilmente disegnato per minimizzare i danni in futuri terremoti, è molto diverso da quello dei palazzi di Ragusa Ibla, che sono in vero stile Siciliano. Insolitamente il Barocco indugiò qui fino al primo XIX secolo. L'ultimo palazzo costruito qui era in forma Barocca ma con colonne di ordine Dorico Romano e balconi neoclassici.
Catania
Catania, la seconda città della Sicilia, fu gravemente danneggiata e le strutture più imponenti che rimasero in piedi furono il medievale Castello Ursino e tre navate della cattedrale. Il nuovo piano prevedeva strade più larghe[17] e l'inserimento di ampie piazze che consentissero eventuali aree antisismiche. Il progetto separò la città in due principali quartieri, uno nobile (il cui terreno era venduto più caramente a 20 onze per tumulo) e uno popolano (a 13,10 onze per tumulo, dove si insinuò il nascente Monastero dei Benedettini), distinti dalle attuali vie Vittorio Emanuele II a sud e Santa Maddalena a est[18].
La ricostruzione fu supervisionata dal Vescovo di Catania e inizialmente dall'unico architetto sopravvissuto della città, Alonzo di Benedetto. Costui diresse una squadra di architetti chiamati da Messina, che presto aprirono i cantieri, concentrandosi prima su Piazza del Duomo. I tre palazzi collocati sono: il Palazzo Vescovile e il Seminario dei Chierici a sud, il Palazzo degli Elefanti a nord (che sostituisce l'antica Loggia medioevale) e ad ovest il Palazzo Pardo Sammartino. Gli architetti lavorarono in completa armonia ed è impossibile distinguere il lavoro di Alonzo da quello dei suoi assistenti. Il lavoro è valido ma elementare, con bugnati decorati nello stile siciliano del XVII secolo, ma spesso la decorazione dei piani nobili è superficiale. Questo è tipico del Barocco di questo periodo immediatamente seguente al terremoto. Tuttavia non manca un tentativo del Di Benedetto ad associarsi agli stili più attuali in Europa, così si spiega il Neoclassico che si respira nel Convento dei PP. Gesuiti (dov'egli è capomastro tra il 1701 e il 1720)[19].
Nel 1730 arrivò a Catania Giovanni Battista Vaccarini, principale architetto siciliano della sua generazione, portando un personale amalgama delle idee del Bernini e del Borromini. Egli introdusse all'architettura dell'isola uno stile pieno di dettagli, caratterizzato dal movimento di linee curve, concave e convesse.
Come architetto della città immediatamente impresse sui nuovi lavori lo stile del Barocco Romano. Notevoli lavori di questo periodo furono l'ampliamento di Palazzo Biscari e la Chiesa di Sant'Agata. Per questo edificio Vaccarini chiaramente attinse anche all'"Architettura Civile" di Guarino Guarini. È il suo frequente rifarsi a disegni affermati che rende l'architettura di questo periodo, pur opulenta, dotata di una qualità disciplinata, quasi imbrigliata. Lo stile di Vaccarini era destinato a dominare Catania per decenni.
I pilastri perdono i loro bugnati e sostengono cornicioni del tipo romano e timpani, e trabeazioni o timpani curvilinei, e colonne a tutto tondo a sostegno di balconi. Vaccarini sfruttò anche la locale pietra lavica come elemento decorativo piuttosto che come un generico elemento costruttivo, utilizzandola in alternanza ritmica con altri materiali, e spettacolarmente per la Fontana dell'Elefante, con un obelisco posto sul dorso dell'Elefante, simbolo di Catania, nello stile di Bernini. La facciata principale di Vaccarini per la Cattedrale di Catania, dedicata a Sant'Agata, mostra forti influenze spagnole anche a questo stadio tardo del Barocco Siciliano. In città si trova anche la Chiesa della Collegiata di Stefano Ittar, costruita intorno al 1768 ed esempio di Barocco Siciliano colto nella sua massima semplicità stilistica.
Caratteri del tardo barocco siciliano
L'architettura barocca è generalmente uno stile architettonico drammatico, riccamente adorno di sculture ed altre decorazioni, caratterizzato da chiaroscuri e giochi di luce creati da masse e ombre. Il tardo Barocco Siciliano esalta tali caratteristiche, diventando uno stile riconoscibile che si trova principalmente espresso in edifici sacri e palazzi nobiliari costruiti per la numerosa aristocrazia siciliana.
Alla metà del XVIII secolo, quando questo stile era ormai ben definito rispetto ai caratteri generali del barocco del continente, gli edifici costruiti esibivano almeno alcune delle seguenti caratteristiche specifiche, alcune originali, altre sicuramente in comune con l'architettura tardo-barocca italiana ed europea.
Sia le chiese che i palazzi spesso esibiscono facciate dalla geometria complessa, concave o convesse. Tale caratteristica coinvolge a volte anche ville o palazzi che esibiscono scale esterne ricavate nei recessi creati dalle curve.
Le facciate presentano colonne libere, staccate dalla muratura, anche a supporto di architravi spezzati e aggettanti
Il campanile generalmente non era posizionato a fianco della chiesa in un'autonoma torre campanaria, ma posto in facciata, spesso al centro, a sovrastare il timpano, con una o più campane, ciascuna chiaramente in vista sotto il proprio arco. In tal modo spesso la facciata principale diviene particolarmente alta, di forma piramidale e riccamente modellata, come la Chiesa della Collegiata a Catania. Si tratta di uno dei più duraturi e caratteristici aspetti dell'architettura del Barocco Siciliano.
Le balconate, spesso sono accompagnate da complicate balaustre in ferro battuto. Inferriate panciute si trovano anche a guardia di finestre. In generale la presenza di elementi in ferro battuto caratterizza, soprattutto nella Sicilia orientale dopo il sisma, l'architettura del XVIII secolo.
L'uso diffuso di scale esterne in ville e palazzi extraurbani che spesso erano progettati con un portale nella facciata principale, accessibile alle carrozze, che conduce ad un cortile interno, da dove doppie scale portano fino al piano nobile, costituendo l'ingresso principale alla casa, antistante le sale di ricevimento del primo piano, e le simmetriche fughe di gradini frequentemente cambiano direzione anche quattro volte. Anche le chiese, a causa della topografia del siti, spesso erano munite di scalinate scenografiche, ispirate a modelli romani. Un esempio particolare è la scalinata antistante San Giorgio a Modica che procede per un dislivello di decine di metri con gradini molto ripidi fiancheggiati da giardini pensili.
La presenza di mascheroni e putti, spesso a supporto di balconi o a decorazione delle varie parti orizzontali delle trabeazioni di un edificio; questi volti furiosi o ghignanti sono vestigia del Manierismo.
Gli interni delle chiese sono caratterizzati da profusione di marmi intarsiati nella pavimentazione e nei rivestimenti verticali.
Il bugnato è molto diffuso e spesso variamente decorato. Già in Sebastiano Serlio troviamo il bugnato con conci decorati, ma alla fine del XVI secolo, gli architetti siciliani ornavano i blocchi addirittura con sculture di foglie, squame, perfino con dolci e soprattutto con conchiglie che diventarono il simbolo ornamentale prevalenti dello stile barocco siciliano. A volte il bugnato veniva usato per pilastri anziché pareti, lasciate lisce, con effetti decorativi e chiaroscurali.
Molti edifici del Barocco Siciliano, specialmente a Catania e nella Sicilia orientale, sono costruiti con la pietra lavica locale, essendo questa la più facile da reperire. Le sue sfumature di nero e grigio erano spesso usate per creare effetti decorativi cromatici a contrasto.
Persistenza di elementi costruttivi e decorativi dell'architettura del periodo normanno.
L'influenza dell'arte europea e in particolare modo l'architettura spagnola.
Interni
Chiese
Gli interni delle chiese siciliane fin dal primo quarto del XVII secolo, furono decorati con profusione di sculture, stucchi, affreschi e marmi policromi. Particolare risalto per tale aspetto ebbero le chiese affiancate ai collegi gesuitici, prima tra esse la Chiesa del Gesù a Palermo, conosciuta anche come Casa Professa.
Per tutto il Seicento e buona parte del Settecento, prima e dopo il terremoto del 1693, gli interni delle chiese continuarono ad avere una profusione di ornamenti scultorei sugli elementi portanti (anche cornicioni e frontoni), spesso nella forma di putti, elementi floreali e faunistici. Marmi intarsiati su pareti e pavimentazioni con motivi complessi sono una delle più definite caratteristiche del barocco siciliano. L'altare maggiore è solitamente il centro dell'intero apparato; spesso in marmo policromo, decorato con volute dorate e ghirlande, e frequentemente incastonato con altre pietre come lapislazzuli e agata. I gradini che conducono alla pedana dell'altare sono caratteristicamente curvi e in molti casi decorati con marmi policromi intarsiati. Uno degli esempi più belli è Santa Zita a Palermo.
La costruzione delle chiese della Sicilia fu spesso finanziata da singoli ordini religiosi che si avvalevano di progettisti interni all'ordine stesso. Tuttavia non mancarono committenze da famiglie aristocratiche, soprattutto per le cappelle di famiglia.
È stato detto che "il funerale di un aristocratico siciliano era uno dei grandi momenti della sua vita". I funerali divennero impressionanti esibizioni di fasto. Le lapidi che coprivano le tombe oggi forniscono un barometro accurato dello sviluppo del Barocco e delle tecniche di intarsio anno per anno. Per esempio quelle della prima metà del XVII secolo sono di semplice marmo bianco decorato con i simboli araldici e riportanti nome, data e così via. Dal 1650 circa piccole quantità di intarsio in marmo colorato iniziarono ad apparire, formando motivi. Il fenomeno si può seguire nella sua crescita finché, alla fine del secolo, lo stemma e la calligrafia sono costituiti interamente da intarsi in marmo colorato, incorniciati da bordi a motivi decorativi. Negli anni ottanta del 1700, la decorazione barocca era ancora considerata più adeguata al rituale Cattolico del nuovo neoclassicismo di basi pagane.
La Chiesa di San Benedetto a Catania è un bell'esempio di interni in stile Barocco Siciliano, decorata tra il 1726 e il 1762. I soffitti furono affrescati da Giovanni Tuccari. La parte più spettacolare della decorazione della chiesa è il coro delle monache, datato intorno al 1750, progettato in modo che le voci delle sorelle potessero essere udite durante le funzioni religiose ma che le suore stesse fossero comunque ben separate e nascoste dal mondo esterno.
Palazzi
Alcuni palazzi barocchi siciliani presentano una decorazione interna particolarmente sofisticata, altri presentano interni meno elaborati di quelli delle chiese barocche di Sicilia. Alcuni furono costruiti privi di decorazioni barocche elaborate per gli interni; quando queste furono completate il Barocco era passato di moda, e le stanze di rappresentanza furono decorate nel nuovo stile neoclassico. Spesso si può trovare una fusione dei due stili, come nell'ala della sala da ballo del Palazzo Aiutamicristo a Palermo, costruito da Andrea Giganti, dove il soffitto della sala da ballo fu affrescato da Giuseppe Cristadoro con scene allegoriche incorniciate da motivi dorati in gesso; il soffitto era già fuori moda quando fu terminato, e il resto della stanza fu decorato in modo ben più semplice.
Un'altra ragione per l'assenza di decorazione Barocca, e anche la più comune, è che molte stanze non furono mai destinate ad essere decorate. Molti dei palazzi erano enormi, ed intesi per la vita quotidiana di un grande numero di persone. Nella casa dell'aristocratico siciliano, avevano residenza egli stesso, la moglie e numerosi figli, ma anche parenti più poveri e membri della famiglia estesa, tutti dotati di appartamenti minori nella casa. Poi venivano i dipendenti, spesso incluso un cappellano o confessore privato, maggiordomo, governante, segretario, archivista, contabile, bibliotecario e innumerevoli servi inferiori, più un portiere che suonava una campanella un numero prestabilito di volte proporzionato al rango dell'ospite in arrivo. Spesso le famiglie estese dei servi, specialmente se anziani, vivevano nel palazzo anch'esse. Le molte stanze erano necessarie per alloggiare una simile unità familiare. Questi alloggi quotidiani, anche per il "Maestro e Maestra di Casa" stessi, erano spesso decorati e ammobiliati con semplicità. Ulteriori stanze erano richieste in base alla tradizione siciliana che era un segno di origini plebee il consentire anche a mere conoscenze di sostare nelle locande del posto. Qualunque straniero in visita, specialmente un Inglese, era ritenuto uno speciale trofeo e aumentava il prestigio sociale. Di conseguenza la casa dell'aristocratico siciliano era raramente vuota o tranquilla.
Le stanze più belle più decorate erano quelle del piano nobile, riservato a ospiti e all'intrattenimento. Dotato di accesso formale dalla doppia scala Barocca esterna, questo era un appartamento costituito da grandi e piccoli saloni, con un salone molto ampio a fare spesso da sala da ballo, ed inteso come sala principale della casa. A volte le camere da letto degli ospiti erano collocate qui, ma verso la fine del XVIII secolo essi erano sempre più spesso situate sul piano secondario al di sopra. Se decorate durante l'era Barocca, le stanze erano adornate con profusione. Le pareti erano frequentemente rivestite da specchi, incastonati in cornici dorate nelle pareti, a volte alternate a dipinti, ritratti di famiglia e supportati da ninfe e pastorelle similmente incorniciate. I soffitti erano alti ed affrescati e dal tetto pendevano enormi lampadari di Murano, mentre altra luce proveniva da candelieri a parete che fiancheggiavano gli specchi. Una delle stanze più notevoli in questo stile è la Galleria degli Specchi di Palazzo Gangi a Palermo, scelto dal regista Luchino Visconti per il film "Il Gattopardo". Questa famosa stanza con il suo soffitto affrescato da Gaspare Fumagalli è in ogni caso una delle poche stanze Barocche in questo palazzo Barocco, che fu dal 1750 esteso e trasformato dal suo proprietario Marianna Valguarnera, prevalentemente nel più tardo stile neoclassico.
Il mobilio durante l'era Barocca era in linea con lo stile: adorna, dorata e frequentemente con tavoli dal piano superiore in marmo. Il mobilio era transitorio all'interno della casa, speso spostato da una stanza all'altra in base alle esigenze del momento, lasciando altre stanze vuote. A volte i mobili erano commissionati specificamente per una stanza, per esempio per abbinarsi ad un pannello in seta della parete con cornice dorata. I mobili erano sempre disposti contro le pareti, mai come nel successivo stile informale al centro della stanza, che nel Barocco era sempre lasciato vuoto, per meglio esibire il rivestimento a motivi decorativi del pavimento in marmo, o più spesso in ceramica.
Stucchi
Comune alla decorazione degli interni, sia di chiese che di palazzi, era il lavoro a stucco. Questo è un componente importante del linguaggio barocco, in quanto combina senza soluzione di continuità architettura, scultura e pittura in tre dimensioni. La sua combinazione in soffitti e pareti a trompe l'oeil nella pittura illusionistica Barocca confonde arte e realtà. Mentre nelle chiese lo stucco poteva rappresentare angeli e putti collegati da ghirlande di fiori, in una casa privata poteva rappresentare il cibo o gli strumenti musicali preferiti dei proprietari.
L'ultimo periodo
Nel penultimo decennio del XVIII secolo lo stile finì con l'essere rimpiazzato dalle nuove mode che proponevano il neoclassicismo.
Come del resto per tutti gli stili architettonici a lungo andare la gente si stancò del Barocco. In alcune parti d'Europa esso si tramutò nel rococò, Sicilia compresa. Non più controllata dall'Austria, la Sicilia (dal 1735 ufficialmente denominata Regno di Sicilia) era governata dal Re di Napoli, Ferdinando IV. A seguito di ciò Palermo fu in assiduo contatto con la capitale maggiore, Napoli, dove aveva luogo una crescente conversione ai più classici stili architettonici. In combinazione con ciò, molti dei nobili siciliani più acculturati svilupparono la moda di una infatuazione per le cose francesi, dalla filosofia alle arti, moda e architettura. Molti di loro visitarono Parigi rincorrendo tali interessi e tornarono con le ultime stampe architettoniche e gli ultimi trattati teoretici. L'architetto francese Léon Dufourny fu in Sicilia tra il 1787 e il 1794 per studiare e analizzare gli antichi templi Greci sull'isola. Così i siciliani riscoprirono il loro antico passato, che con i suoi idiomi classici era adesso al vertice della moda. Il cambiamento dei gusti non avvenne da un giorno all'altro. Il Barocco rimase popolare sull'isola, ma ora i balconi siciliani, stravaganti come non mai, sarebbero stati rimpiazzati da severe colonne classiche. Dufourny iniziò a progettare a Palermo, e il suo "Tempio dell'Ingresso" (1798) del Giardino Botanico fu il primo edificio in Sicilia in uno stile basato sull'ordine Dorico Greco. Si tratta di architettura neoclassica pura, come definita in Inghilterra dal 1760, ed era un segno delle novità da venire.
Era il grande amico e collega architetto di Dufourny Giuseppe Marvuglia che doveva presiedere al graduale declino del Barocco Siciliano. Nel 1784 progettò il Palazzo Riso-Belmonte a Palermo, il più bell'esempio di questo periodo di transizione architettonica, che combinava sia motivi Barocchi che Palladiani, costruito attorno ad un cortile porticato che creava le masse Barocche di luce e ombra, o chiaroscuro. La facciata principale, ospitante enormi pilastri, aveva anche elementi barocchi, ma il profilo era lineare. I pilastri erano privi di decorazione, semplici, d'ordine ionico e sorreggevano una trabeazione disadorna. Al di sopra delle finestre si trovavano lineari frontoni classici. Il Barocco Siciliano stava declinando.
Un'altra ragione per il graduale declino dello sviluppo del Barocco Siciliano e delle costruzioni in genere fu che il denaro stava terminando. Durante il XVII secolo l'aristocrazia viveva principalmente delle proprietà terriere, curandole e migliorandole, e come risultato il loro reddito era prevalentemente speso là. Durante il XVIII secolo la nobiltà migrò gradualmente verso le città, in particolare Palermo, per godere dei piaceri sociali della corte del Viceré e Catania. I loro palazzi di città crebbero in dimensioni e splendore, a tutta spesa delle proprietà abbandonate, alle quali si chiedeva ugualmente di fornire introiti. Gli intendenti lasciati a governare le proprietà nel tempo divennero sempre meno efficienti, o corrotti, spesso entrambi. Come conseguenza i ricavi dell'aristocrazia precipitarono. L'aristocrazia ricorse al credito utilizzando le proprietà come garanzie ipotecarie, finché il valore delle proprietà abbandonate scese al di sotto dell'importo dei prestiti che garantivano. In più la Sicilia diventava ormai politicamente instabile quanto l'aristocrazia lo era economicamente. Controllata da Napoli dal fiacco Ferdinando IV e dalla sua moglie esuberante, la Sicilia aveva intrapreso la via del declino ben prima che le battaglie contro la Francia napoleonica nel 1798 e 1806 costringessero due volte il Re a fuggire da Napoli alla Sicilia. I francesi furono tenuti alla larga dalla Sicilia solo in forza di una spedizione di 17.000 soldati britannici, e in effetti la Sicilia era ormai controllata de facto dal Regno Unito. A quel punto il Re Ferdinando impose le prime nuove tasse, alienandosi di colpo tutta l'aristocrazia.
La tassa fu revocata nel 1812 dai britannici, che a quel punto imposero una forma di governo di stampo britannico sull'isola. Una innovazione legale di particolare gravità per l'aristocrazia fu che i creditori, che in precedenza potevano solo pretendere un pagamento di interessi su un prestito, adesso potevano requisire la proprietà a garanzia. La proprietà cominciò a passare di mano e ad essere suddivisa alle aste, e di conseguenza la borghesia possidente iniziò a fiorire. Rivolte contro i Borboni nel 1821 e nel 1848 divisero la nobiltà, e facevano presagire le fortune del liberalismo. Questi fattori, abbinati all'agitazione sociale e politica del seguente Risorgimento nel XIX secolo, significarono la condanna dell'aristocrazia siciliana. Inoltre per aver trascurato e abbandonato i principi del "noblesse oblige", un elemento essenziale del sistema feudale, la campagna finì presto in mano a briganti e banditi, e le ville di campagna un tempo sontuose decaddero. La mania di edificare della classe dominante terminava definitivamente.
Comunque l'influenza britannica in Sicilia era destinata a fornire al Barocco Siciliano un'ultima vampata di vitalità. Giuseppe Marvuglia, riconoscendo che la nuova moda britannica prendeva sempre più piede, sviluppò lo stile che aveva prima cautamente adottato a Palazzo Riso-Belmonte nel 1784, combinando alcuni dei più lineari e solidi elementi del Barocco con motivi palladiani piuttosto che con progetti palladiani organici. Il tardo Barocco Siciliano somigliava al Barocco popolare nel Regno Unito all'inizio del XVII secolo, reso popolare da Sir John Vanbrugh con un edificio come Blenheim Palace. Un esempio di ciò è la palermitana Chiesa di San Francesco di Sales del Marvuglia, quasi Inglese nella sua interpretazione del Barocco. Comunque, questo fu un ultimo bagliore e il Neoclassico presto predominò del tutto. Pochi aristocratici potevano permettersi di costruire, e il nuovo stile era principalmente utilizzato in edifici pubblici e civili come l'Orto Botanico di Palermo. Gli architetti siciliani, compreso Andrea Giganti, un tempo un architetto Barocco capace, cominciarono a progettare nello stile Neoclassico, ma la versione alla moda adottata dalla Francia. La Villa Galletti di Giganti a Bagheria è chiaramente ispirata al lavoro di Ange-Jacques Gabriel.
Come per i primi giorni del Barocco Siciliano, i primi edifici della nuova era neoclassica furono spesso copie o ibridi dei due stili. Palazzo Ducezio a Noto fu iniziato nel 1746, e il pianterreno con portici che creano un gioco di luce e ombra è puro Barocco. Comunque, quando pochi anni dopo il piano superiore fu aggiunto, l'influenza francese neoclassica si fece pronunciata, sottolineata dall'arcata centrale. Così il Barocco Siciliano veniva gradualmente e lentamente soppiantato dal neoclassicismo francese.
^Francesco Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale: il secolo d'oro, Donzelli Editore, 2002.
^Fino a qualche decennio fa alcuni autori ipotizzavano che fosse stata costruita ed anch'essa distrutta.
^Francesco Abbate, Storia dell'arte nell'Italia meridionale: il secolo d'oro, 2002.
^ Francesco Paolo Campione, La cultura estetica in Sicilia nel Settecento, Palermo, in Annali del Dipartimento di Filosofia Storia e Critica dei Saperi, 2 giugno 2005, ISSN 1824-6966 (WC · ACNP)..
^AA.VV., Sicilia barocca: architettura e città, 1610-1760, 1997.
^Si andava dalle altre di 4 o 6 canne (una canna siciliana equivale a 2,064 metri) alle strade maestre di 8 canne; cfr. G. Dato, G. Pagnano, L'architettura dei Gesuiti a Catania, Corsico (MI) 1991, p. 25.
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