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Val di Noto

Val di Noto
Informazioni generali
Nome completoVallo di Noto
Dipendente daRegno di Sicilia
Suddiviso incomarche dal 1583
Amministrazione
Forma amministrativaGiustizierato
Evoluzione storica
InizioXI secolo
Fine1818
Preceduto da Succeduto da
Provincia Siracusana Provincia di Caltanissetta
Provincia di Catania
Provincia di Siracusa
Cartografia

Il Vallo di Noto (o il Val di Noto; spesso impropriamente femminilizzato in “la Val di Noto”)[1][2] fu una circoscrizione amministrativa che si occupò della giustizia, dell'erario e occasionalmente anche delle milizie del Regno di Sicilia dal periodo normanno alla sua abolizione nel 1818. Nel 2002 alcune delle città che furono comprese dal Vallo sono state riconosciute Patrimonio dell'umanità.

Geografia fisica

Lo stesso argomento in dettaglio: Terremoto del Val di Noto del 1693.

L'areale comprendeva l'area sud-orientale siciliana - individuata tra la provincia di Ragusa, di Siracusa e parte delle province di Catania, di Enna e di Caltanissetta - avente talora il fiume Salso e i fiumi Dittaino e Simeto come confini rispettivamente occidentale e settentrionale, talora il fiume Amenano a nord o il Longane. In questa ultima estensione comprendeva anche la città di Catania, solitamente invece pertinente al Val Demone. La città infatti si trovava spesso a breve distanza dalla linea di confine dei due Valli e capitava che fosse inserita nell'uno o l'altro vallo a seconda del tracciato amministrativo relativo alla riforma del momento[3].

L'area è caratterizzata dai principali rilievi costituiti dagli Iblei e parte degli Erei. La presenza di molte fiumare e gole rende l'area piuttosto complessa geograficamente. Geologicamente l'area è formata dal grande tavolato ibleo il quale è costituito da strati sedimentari e affioramenti di lave preistoriche relative ai fenomeni del vulcanismo ibleo. Lungo la linea settentrionale del Vallo è stata identificata la linea di contatto tra le placche euroasiatica e nordafricana. Questa instabilità geologica rende l'area a forte rischio sismico, come dimostrano i terremoti del 1542 e del 1693. La vegetazione, dove non relativa a coltivazioni, appartiene alla tipica macchia mediterranea. Le principali conurbazioni sono distribuite all'interno del territorio, sebbene non manchino grossi centri costieri.

Storia

Etimologia e primi secoli privi di documentazione

L'origine etimologica del termine Vallo è stata ampiamente discussa e non esiste un'ipotesi definitiva. Genericamente si tende a farlo risalire da un termine latino o arabo, a volte identificato nel vocabolo wālī (وَالِ), cioè "governatore" o "viceré". Tuttavia il termine definisce le magistrature preposte alle province e non queste ultime, le quali sono piuttosto chiamate waliya (وَلِيَ)[4]. Per lo studioso e orientalista Michele Amari il femminile vallis sarebbe da interpretarsi come traduzione in lingua latina del termine ʾiqlīm (إقليم) (plurale ʾaqālīm), con significato indistinto nei primi diplomi normanni quale "territorio" e quindi estendibile a qualsiasi città, distretto o provincia[5]; tuttavia resta solo un'ipotesi. L'analisi grammaticale di “vallo” ci dice che questo sostantivo è di genere maschile e che rappresenta una variante del lemma femminile “valle”, termini che derivano dal latino.

Il Vallo di Noto prende il nome dalla città di Noto, sita nell'attuale libero consorzio comunale di Siracusa, ma sconosciuta rimane la sua capitale, in quanto nonostante l'ipotesi dell'Amari che vorrebbe attribuire alla stessa Noto la sede del governatore del Vallo in epoca islamica, in verità non esiste alcuna fonte che risalga al periodo arabo attraversato dalla Sicilia e che possa documentare l'assetto delle città nello specifico, per cui l'ipotesi dello storico arabista siciliano resta del tutto priva di fondamento, e in certi casi contrastata o non condivisa.

Ci si domanda ad esempio perché il Val di Noto avrebbe dovuto comportare un'eccezione rispetto agli altri due Valli conosciuti: Val Demone e Val di Mazara, le cui capitali non corrispondevano alle città dalle quali prendevano i rispettivi nomi: il Val Demone che traeva la sua origine etimologica dalla città bizantina Demenna, aveva la sua capitale a Messina; il Val di Mazara, la cui origine etimologica conduce alla città di Mazara del Vallo, aveva il suo principale centro in Palermo, o per lo meno non è mai stato ipotizzato, né da Amari né da altri noti storici, che come si sostiene per Noto anche Demenna e Mazara potessero rappresentare la capitale del Vallo.[6]

L'unico appiglio, in mancanza totale di fonti, resta il tragico evento storico che portò alla momentanea distruzione di Siracusa, la capitale dell'intera Sicilia fino alla conquista degli Arabi. Per cui l'Amari ipotizza che i nuovi conquistatori si spostassero sui monti Iblei andando a designare la località montana di Noto come nuovo maggiore centro del territorio[7]; in verità proprio i monti, o comunque lo strategico luogo geografico ideale per l'arroccamento e la difesa (a Noto va ricordato trovò rifugio la famiglia dell'ultimo emiro arabo di Sicilia che morì combattendo tra le acque del porto di Siracusa) sembra essere il punto in comune che avevano le tre città dalle quali i valli presero il nome.

Sempre secondo l'Amari si può supporre che il Vallo avesse in seguito in Siracusa la sua sede amministrativa, sebbene poi verso la fine del XIV secolo - per cui diversi secoli dopo la presunta istituzione - la stessa città sarà nominata sede di una Camera Reginale, ovvero uno "Stato dentro lo Stato di Sicilia", avendo autonomia amministrativa su diverse città, tra le quali non figura Noto.

Tuttavia va ricordato che appena il Vallo di Noto cessò di esistere venne istituita la borbonica provincia di Siracusa, non di Noto, in linea quindi con le altre due istituite borboniche province di Messina e Palermo che andarono a sostituire i rispettivi valli. Certamente deve avere influito sul dibattito del periodo privo di fonti il fatto che nell'epoca dell'Amari vi era in atto un'accesa contesa tra Siracusa e Noto in quanto i Borbone nell'ultimo periodo del loro governo (metà del XIX secolo) punirono Siracusa privandola del titolo di capoluogo ed assegnandolo a Noto, per cui venne istituita la provincia di Noto, la quale cesserà definitivamente con l'avvento dell'Unità d'Italia, alimentando quindi quelle ipotesi che assegnavano a Noto un ruolo egemone durante il Medioevo.

Il 1º gennaio 1818 il grande vallo di Noto fu diviso in tre valli minori, amministrate da tre intendenze: Siracusa, Catania e Caltanissetta.[2]

Storia successiva

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della Sicilia islamica e Storia della Sicilia normanna.

Il Vallo di Noto dovette sostituire la precedente Provincia Siracusana, alla quale veniva sottratto il territorio destinato a costituire il nucleo del Val Demone[8]. Il primo riferimento al Vallo si ha piuttosto tardi rispetto al precedente Val Demone, quasi cento anni dopo[9], nel 1172[10]. In realtà si è supposto che la tripartizione dovesse essere preesistente alla fondazione normanna del Regno e quindi che esistesse un iqlīm[11] islamico già dai primi tempi della occupazione aghlabide della Sicilia[12], per questo ne è plausibile l'istituzione sotto Ruggero II al momento della fondazione del Regno già nel 1130.

La funzione amministrativa svolta dal Vallo era principalmente quella del giustizierato della sua parte di Regno. Tale funzione venne fortemente ridotta, come per tutti gli altri valli, dalla riforma di Federico prevista nelle Costituzioni di Melfi, che vide l'istituzione di due Provinciae (che mediarono il titolo dalle analoghe istituzioni romane: Lilibetana e Siracusana) anche se venne mantenuto il titolo di Vallo[13]. Sotto Pietro I viene ripristinata la funzione amministrativa del Vallo, ricalcante orientativamente il confine dell'antica arcidiocesi di Siracusa[14]. Nel ciclo di concessioni di Federico IV avvenuto durante gli anni 1370 dal Val di Noto vennero sottratti i capitanati della contea di Modica e la terra di Ragusa, Caltagirone, Lentini, Siracusa e forse la stessa Noto[15]. Nella riforma voluta da Martino I nelle Constitutiones del 1403 era previsto un ripristino delle funzioni originarie dei tre Valli, tuttavia non vi fu una concreta applicazione del proposito[16].

Nel 1583 il viceré Marcantonio Colonna riformò l'assetto politico del Regno, ridisegnando i Valli e riportandoli al numero di tre (in età aragonese raggiunsero il loro numero massimo di sette) e il Val di Noto ridiventa una struttura unitaria, così che i suoi confini ricalchino orientativamente gli stessi dell'iklim del periodo islamico, sebbene ridimensionati a settentrione dall'espansione del Val Demone verso sud il quale acquisiva parte del Val di Castrogiovanni, diviso tra i due valli Demone e di Noto[17]. Il Vallo manterrà le sue funzioni fino al 1812, quando verrà diviso nelle circoscrizioni minori, i distretti di Piazza, Terranova, Caltagirone, Modica, Noto e Siracusa[18].

Riconoscimenti

 Bene protetto dall'UNESCO
Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale)
 Patrimonio dell'umanità
Tipoarchitettonico
CriterioC (i) (ii) (iv) (v)
Pericolono
Riconosciuto dal2002
Scheda UNESCO(EN) Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily)
(FR) Scheda
 Bene protetto dall'UNESCO
Siracusa e la Necropoli Rupestre di Pantalica
 Patrimonio dell'umanità
TipoArchitettonico
CriterioC (ii) (iii) (iv) (vi)
PericoloNessuna indicazione
Riconosciuto dal2005
Scheda UNESCO(EN) Syracuse and the Rocky Necropolis of Pantalica
(FR) Scheda
Lo stesso argomento in dettaglio: Città tardo barocche del Val di Noto.

A seguito del sisma del 1693 i maggiori centri urbani del Vallo vennero ridotti in macerie. La successiva ricostruzione dei primi decenni del XVIII secolo vede le città sconvolte dal sisma adottare soluzioni architettoniche e artistiche che caratterizzano l'intero Vallo. Questa vera e propria fioritura del gusto barocco è stata riconosciuta nel 2002 quale patrimonio dell'umanità da parte dell'organizzazione sovranazionale UNESCO sulla base delle quattro motivazioni seguenti[19]:

  1. Le città assegnate al titolo di Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily) costituiscono un'eccezionale testimonianza dell'arte e dell'architettura del tardo Barocco[20];
  2. esse rappresentano il culmine e l'ultima fioritura del Barocco europeo[20];
  3. la qualità di questo patrimonio è risaltata anche dall'omogeneità, causata dalla contemporanea ricostruzione delle città[20];
  4. le otto città sono in permanente rischio a causa dei terremoti e delle eruzioni dell'Etna[20].

In realtà nell'elenco dell'UNESCO appaiono anche altre città che in occasione del terremoto del 1693 e negli anni successivi della ricostruzione non erano comprese nel Vallo di Noto. Di fatto vengono inserite nell'elenco le città ricostruite dopo il sisma detto del Val di Noto poiché l'epicentro venne identificato propriamente nel territorio del Vallo, ma che amministrativamente e fisicamente non vi appartenevano: è il caso di Catania, ma anche della nomina di Acireale, entrambe sconvolte dal sisma, ma situate in quel tempo entro i confini del Val Demone.

La particolarità dell'"identità" comune per le città selezionate deriva soprattutto dalla mirabile ricostruzione avvenuta in seguito al detto evento sismico. Vi sono infatti degli esempi mirabili dell'arte e dell'architettura tardobarocca di cui costituiscono un momento di sintesi, presentando notevoli caratteri di omogeneità urbanistica ed architettonica[21].

A fronte di queste caratteristiche, il circuito delle città del Val di Noto è stato iscritto nel registro dell'UNESCO. Questo importante risultato sta determinando una positiva ricaduta economica nell'intera area, a fronte di un aumento delle presenze turistiche nella zona e per la nascita di molteplici strutture ricettive.

Tuttavia a minacciare l'integrità paesaggistica vi è il tentativo, da parte di una società petrolifera texana, di avviare una serie di progetti per l'estrazione di petrolio dal sottosuolo. Questa richiesta che mal si concilia con le sue aspirazioni turistiche è stata inizialmente appoggiata dalla Regione Siciliana e successivamente bloccata dall'allora assessore Regionale Fabio Granata nel 2003. Ad oggi la società, ancora decisa a portare avanti il suo progetto, ha fatto inizialmente ricorso al TAR della Sicilia, successivamente ha annunciato lo "stop" alle trivellazioni; tuttavia questa decisione viene comunque contestata dagli ambientalisti perché il fermo riguarda una parte del territorio interessato.

Nel 2005 altri due territori del Val di Noto sono stati insigniti del riconoscimento UNESCO: la città di Siracusa e la Necropoli Rupestre di Pantalica, con tali motivazioni:

  1. I siti e i monumenti di Siracusa/Pantalica formano un "Insieme", che costituisce una raccolta unica quale straordinaria testimonianza delle culture del mediterraneo attraverso i secoli e nello stesso spazio.
  2. L'insieme Siracusa/Pantalica offre, attraverso la sua straordinaria diversità culturale, un'eccezionale testimonianza dello sviluppo della civilizzazione di oltre 3 millenni.
  3. Il gruppo di monumenti e siti archeologici situati a Siracusa (tra il centro di Ortigia e le vestigia localizzate in tutta la zona urbana) sono il più grande esempio dell'eccezionale creazione architettonica che raggruppa diversi aspetti culturali (Greco, Romano, Barocco).
  4. L'antica Siracusa era collegata direttamente ad eventi, idee e lavori letterari di eccezionale importanza universale.
 Bene protetto dall'UNESCO
Villa Romana del Casale
 Patrimonio dell'umanità
TipoArchitettonico, artistico
CriterioC (i) (ii) (iii)
PericoloNessuna indicazione
Riconosciuto dal1997
Scheda UNESCO(EN) Villa Romana del Casale
(FR) Scheda

Il primo bene protetto dall'UNESCO all'interno del Vallo è comunque la Villa romana del Casale a Piazza Armerina, riconosciuto nel 1997.

Note

  1. ^ Tommaso Fazello, Della storia di Sicilia deche due del r.p.m. Tommaso Fazello siciliano tradotte in lingua toscana dal p.m. Remigio fiorentino. Volume primo 3-terzo], dalla tipografia di Giuseppe Assenzio, 1817, pp. 547 ss. URL consultato il 2 luglio 2023.
  2. ^ a b Pompilio Petitti, Repertorio amministrativo ossia collezione di leggi, decreti, Volume I, Napoli, 1851, p. 4
  3. ^ Vito Maria Amico, pp. 282-283.
  4. ^ Michele Amari, p. 467 n. 3.
  5. ^ Michele Amari, p. 466 n. 2. e p. 467.
  6. ^ Cfr. Salvatore Chindemi, Siracusa e l'ex-prefetto di polizia di Palermo memoria di, 1848, pp. 15-16.
  7. ^ Michele Amari, p. 465 e n. 1.
  8. ^ Michele Amari, pp. 466-467.
  9. ^ Il primo riferimento ad un valle Deminæ si ha in un diploma che narra gli eventi del 1060: «Hic Christiani in valle Deminæ mantes, sub Saraceni tributarii erant»; Malaterra, Libro II, Capitolo XII; cit. in Michele Amari, pp. 468-70 n. 4.
  10. ^ V. ad es. Henri Bresc, p. 323.
  11. ^ Dal greco-latino "clima".
  12. ^ Michele Amari, pp. 466-468.
  13. ^ Guglielmo Capozzo, p. 567.
  14. ^ Antonino Marrone, p. 18.
  15. ^ Antonino Marrone, pp. 33-36.
  16. ^ Francesco Testa, cap. 51 di re Martino, pp. 164 e seguenti.
  17. ^ Luigi Santagati, p. 46.
  18. ^ Costituzione del regno di Sicilia, Cap. V, p. 10.
  19. ^ (EN) Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily), su unesco.org. URL consultato il 30 ottobre 2010.
  20. ^ a b c d Giustificazione dell'iscrizione - I criteri adottati dall'Unesco per l'iscrizione del Val di Noto nel Patrimonio dell'Umanità, su patrimoniounesco.it. URL consultato il 30 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
  21. ^ Video sulle architetture del Val di Noto

Bibliografia

Voci correlate

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