Il divisionismo è un fenomeno artistico italiano, nato alla fine dell'800, tecnicamente derivato dal neoimpressionismo e caratterizzato dalla separazione dei colori in singoli punti o linee che interagiscono fra di loro in senso ottico; per tali motivi può essere definito come una variante specifica del puntinismo. Il divisionismo non può essere definito un movimento pittorico perché gli artisti che usarono questa tecnica pittorica non scrissero mai un manifesto artistico. Secondo alcuni studiosi trovò il suo esponente principale in Pellizza da Volpedo, secondo altri in Giovanni Segantini. I principi che ne codificarono le direttive furono delineati da Gaetano Previati, che ne sviluppò le linee influendo sia sul territorio ligure sia su quello lombardo[1].
I maggiori divisionisti (Segantini, Previati, Morbelli, Pellizza e Longoni) erano a contratto della galleria dei fratelli Grubicy; Vittore Grubicy de Dragon era anch'egli primario pittore divisionista e uno dei primi teorici della tecnica, e ne promosse le opere attraverso mostre ed esposizioni nazionali e parigine, attirando altri pittori dalla Lombardia, dal Piemonte, dalla Liguria e dalla Toscana.[2]
Dal punto di vista tecnico, il divisionismo prese spunto dal "Pointillisme" (Puntinismo) francese[4]. Quest'ultimo, derivato dalla corrente impressionista, accostava nella tela attraverso puntini e non pennellate, colori puri senza mescolarli. In Italia l'applicazione alla pittura delle nuove scoperte scientifiche relative al tema del colore non avviene nel modo strettamente ortodosso, fedele alle leggi della mescolanza ottica e ai principi della forma, come in Francia (Georges Seurat). Diversi sono, infatti, i precedenti pittorici e l'ambito culturale: in Francia, l'Impressionismo; in Italia la Scapigliatura e il Decadentismo[5].
Il puntinismo
La tecnica del pointillisme consentiva di ottenere la massima luminosità accostando i colori complementari ma rivelava anche un interesse scientifico: l'artista si prefiggeva di ottenere la scomposizione del colore quale quella che si riteneva essere allora, sulla scorta delle ultime acquisizioni scientifiche, la scomposizione ed acquisizione "naturale" dei colori a livello retinico. La retina dell'osservatore dovrà ricomporre tonalità e sfumature derivate dalla pittura "per punti", come avviene fisiologicamente quando guardiamo un bosco e le mille tonalità di verde delle foglie e delle piante. Queste, infatti, ci appariranno distinte in loro prossimità, mentre tenderanno sempre più ad "unificarsi" per tonalità omogenee non appena le si osserverà di lontano. A tale proposito, tuttavia, va precisato che l'interesse scientifico rivolto al colore ed alla sua percezione prese relativamente meno forza nel divisionismo rispetto al pointillisme. Nel divisionismo, infatti, i puntini diventano filamenti frastagliati che invece di accostarsi spesso si sovrappongono (in tal senso, sono chiari gli spunti che indirizzano verso il dinamismo futurista)[6][7].
Concetti estetici
Il Divisionismo trae dal Simbolismo la rivalutazione dei miti, il misticismo, il rapporto tra musica e pittura propria dell'estetica wagneriana e soprattutto per la corrispondenza tra essi ed il mondo interiore,[8] ma si caratterizza per l'impegno sociale e politico dei suoi aderenti.
La Scapigliatura lombarda di metà dell'Ottocento provoca la perdita l'interesse antiaccademico che contrasta l'arte consacrata dalla tradizione, il contenuto mitologico e storico, le forme classicheggianti o puriste, privilegiando invece il ritratto di introspezione psichica o sentimentale comuni anche al Realismo. Per la tecnica pittorica, caratterizzata da contorni sfumati, colore spumoso, forte contrasto chiaroscurale, la Scapigliatura viene accostata all'Impressionismo, ma se ne diversifica per l'acuta sensibilità e l'intimismo dell'interpretazione.
Verso la fine del secolo, l'aggravarsi dei problemi sociali viene registrato dagli artisti i cui contenuti pittorici si fanno più tragici, la scienza, invece che sanare la triste condizione delle masse, diventa mezzo per accrescerne lo sfruttamento. L'arte è ora interpretata come una via di salvezza, per cui si estende ad ogni aspetto della vita (da notare gli sviluppi nel Regno Unito con i Preraffaelliti).
Contro il Positivismo si assiste alla rivalutazione della filosofia di Schopenhauer, anche attraverso il pensiero di Nietzsche, secondo la quale il mondo fenomenico è ritenuto pura apparenza, mentre solo la contemplazione artistica consente il contatto con la verità. Secondo lo Spiritualismo di fine secolo, la natura è percorsa da forze vitali, identificate nella forma artistica della linea curva, serpentina[9].
L'artista si rifugia nell'interiorizzazione del rapporto arte/natura, che interpreta con sottolineature diverse, accentuandone il significato simbolico evocativo, che si concretizza nel divisionismo. In questo senso, se il pointillisme si ricollega al Positivismo, la teoria divisionista ne diventa una sorta di antitesi. Per Previati:
«Compito dell'artista non è quello di copiare letteralmente tutto ciò che si vede, ma è una funzione intellettiva sulle forme e i colori del vero... L'artista deve anzitutto rinunciare alla speranza di ritrovare nel mondo esteriore il quadro già composto. La verità dell'arte è lontana dalla contraffazione del vero.»
Il tratteggio, già adottato nei disegni e nelle incisioni, diventa pennellata direzionale, che spesso si avvolge su se stessa, filamento arabescato, che asseconda le forme, si piega in matasse di luce/colore, dall'andamento spesso circolare, a spirale, a sezione di cerchio, perché la luce è vita. Nell'interpretazione di Previati si ravvisano più esplicitamente, sia nel valore di segno dei soggetti, sia nell'uso della linea curva, i caratteri propri del Simbolismo (Maternità1891; Il sogno1912).
Segantini, in Così penso e sento la pittura per "Cronaca d'arte" di Milano del 1º febbraio 1891, attribuisce all'arte un valore religioso: "Letteratura, musica, pittura, ...formeranno la trinità dello spirito. Un forte sentire, a contatto della natura..." (L'angelo della vita1894; L'amore alla fonte della vita1896)
Le tematiche si differenziano dalla corrente francese puntinista: sebbene in un primo periodo venissero riproposti paesaggi e scenari all'aria aperta, questi lasciarono posto a problematiche sociali e vita quotidiana (sviluppo certamente già presente nei macchiaioli toscani) in particolare nel caso di Pellizza e Plinio Nomellini i cui interessi artistici si intrecciarono all'attivismo socialista. Nel caso di Previati invece profonde riflessioni su temi religiosi.
Alcuni aspetti tipici del Divisionismo possono rintracciarsi secondo alcuni critici in certe opere del milanese Filippo Carcano[19].
Operarono un singolare rinnovamento dell'arte sacra in chiave divisionista i pittori Augusto Mussini, detto fra' Paolo, reggiano, che vagò a lungo tra i conventi delle Marche, tanto da essere chiamato il "frate-pittore" pur non avendo mai preso i voti[20], e don Angelo Rescalli, sacerdote-pittore cremonese che pur non avendo mai trattato temi dichiaratamente sacri, riprodusse nei suoi dipinti numerosissime chiese, inserite sempre in paesaggi silenti[21].
Galleria d'immagini
Giuseppe Pellizza da Volpedo, Il quarto stato 1901
Gaetano Previati, Il carro del sole ca 1900
Filippo Carcano, In pieno inverno o Inverno in Engadina
^Il Puntinismo o Pointillisme, in Veni Vidi Vici, 15 ottobre 2012. URL consultato il 16 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 16 novembre 2017).
^ Enrico Riccardo Spelta, Settemuse ARTE. URL consultato il 16 novembre 2017.
^Voce del dizionario biografico Treccani dedicata a fra Paolo - Augusto Mussini: Augusto Mussini.
^Di Angelo Rescalli non esiste voce nella Treccani; valga allora la seguente fonte: Andrea Foglia, Angelo Rescalli: un "divisionista-poeta", Skira, 2001.
Bibliografia parziale
Previati G., I principi scientifici del divisionismo, la tecnica della pittura, Torino, Bocca, 1929.
Maltese C., Realismo e verismo nella pittura italiana dell’Ottocento, Milano, Fabbri, 1968.
Fiori T., Archivi del divisionismo, Roma, Officina edizioni, 1969.
Belli G., Rella F., L’età del divisionismo, Milano, Electa, 1990.
Scotti Tosini A., Giuseppe Pellizza da Volpedo, Diari torinesi 1891, Torino, Hopefulmonster, 2000.
Onofri M., Il suicidio del socialismo /Inchiesta su Pellizza da Volpedo, Roma, Donzelli Editore, 2009.