Le brigate partigiane furono formate su base volontaria per lo più da componenti irregolari, a volte organizzate dagli ex soldati operanti nei territori di occupazione italiana. Queste formazioni operarono nel periodo compreso tra l'8 settembre 1943 e la fine delle ostilità (6 maggio 1945).
Storia
L'origine delle formazioni partigiane ebbe due percorsi, intrecciati tra loro: uno politico antifascista e uno militare. All'inizio esistevano delle bande di partigiani, ovvero aggregazioni nate prevalentemente da scelte fatte dagli ex-militari dopo lo scioglimento, avvenuto l'8 settembre 1943, del regio esercito italiano presente nei territori del Centro-Nord Italia e nei territori di occupazione militare italiana, come i territori della zona balcanica. Agli ex-militari sbandati si affiancarono gli antifascisti attivi, gli ex inviati al confino, gli esiliati e gli espatriati all'estero.
Per quanto riguarda l'origine politica delle formazioni, nell'autunno del 1943 la Direzione del PCI dette l'indicazione di costituire unità strutturate; nacquero così i "battaglioni Garibaldi". Questi erano pensati come brigate d'assalto perché i gruppi che si stavano formando non dovevano essere attendisti, ma immediatamente operativi; l'organizzazione si sarebbe forgiata via via nelle difficoltà della iniziativa.
Le componenti
Le prime formazioni si modellarono via via, richiamandosi alle forze politiche nazionali dal novembre 1943 fino agli ultimi giorni dell'aprile 1945.
Una tappa significativa fu il 9 giugno 1944, quando nacque il “Comando generale del Corpo volontari della libertà”, con sede a Milano, dove c'erano i vertici delle principali organizzazioni partigiane.
Secondo i militanti comunisti, la struttura a brigata sottintendeva la volontà di un modello organizzativo di tipo militare tradizionale che prevede una stretta gerarchia:
comando generale, divisione, brigata, battaglione, compagnia, squadra, gruppo di azione patriottica. La novità fu la decisione di prevedere, oltre al comando militare, la presenza di un “commissario politico”, secondo l'esperienza sia della Rivoluzione d'ottobre che delle brigate internazionali nella guerra civile di Spagna.
Questi indirizzi, tesi a superare le formazioni per “bande”, si concretizzeranno solo nell'estate del 1944, quando anche gli altri partiti sposeranno il modello organizzativo di tipo politico-militare, con o senza la presenza di “commissari” in rappresentanza dei partiti di riferimento.
Per quanto riguarda invece le brigate di origine esclusivamente militare, fenomeno che interessò in modo particolare le formazioni all'estero, come nei Balcani, fu determinante la decisione degli ex-soldati e ufficiali, di tutti gli ordini e grado, di non sottostare all'umiliazione di essere fatti prigionieri dagli ex-alleati nazisti.
Secondo il giornale Avvenire, le formazioni di orientamento cattolico si trovarono spesso in contrasto con altre formazioni di diverso orientamento politico. Durante la guerra di liberazione, la necessità di combattere un nemico comune attenuò i contrasti. Sempre secondo Avvenire, i cattolici che parteciparono attivamente alla Resistenza furono tra i 65 000 e gli 80 000, su un totale di circa 200 000 partigiani.[1][2]
Nel corso della lotta di Resistenza, le formazioni si accorparono e si suddivisero, secondo le situazioni presenti nelle varie “aree operative”, con criteri e dimensioni diverse. Per esempio, alcune formazioni "d'assalto garibaldine" avevano una struttura piramidale:
la Squadra, formata indicativamente da 10-20 combattenti, era l'unità minore;
tre Squadre formavano una Compagnia o Distaccamento (30-60 combattenti);
tre Compagnie o Distaccamenti formavano un Battaglione (90-180 combattenti);
tre Battaglioni formavano una Brigata (270-540 combattenti);
tre Brigate formavano una Divisione (810-1620 combattenti).
Le Formazioni autonome militari, monarchiche e badogliane (chiamate anche partigiani azzurri) erano principalmente composte da partigiani di estrazione borghese e di idee liberali o conservatrici, accomunati dalla fedeltà alla monarchia, e militari. Facevano riferimento alla Casa Reale e riconoscevano in Raffaele Cadorna il loro capo militare. Erano nati dai reparti del Regio Esercito che rifiutarono la logica del «tutti a casa», abbracciando la lotta partigiana (molti militari facevano parte anche delle altre formazioni partigiane, anche con ruoli di comando). Avendo conservato la loro struttura gerarchica, i partigiani azzurri poterono apportare alla Resistenza l'esperienza bellica e la consuetudine di rapporti coi militari alleati, essenziale per ricevere rifornimenti e aiuti, tra questi ricordiamo il 1º Gruppo Divisioni Alpine comandato da Enrico Martini.
Non sempre le denominazioni originarie erano strettamente collegate ai partiti di riferimento. Ad esempio, le Brigate Osoppo del Friuli, che erano nate con un grande contributo del PdA, accentuarono la loro dipendenza dalla DC e dal clero friulano. Le Brigate Fiamme Verdi si diversificarono nel territorio: quelle lombarde, nate dagli intellettuali cattolici, si trasformarono in formazioni solo "militari" con orientamento genericamente liberale; quelle reggiane, invece, furono direttamente guidate dalla DC alla quale facevano riferimento anche le Brigate del Popolo. Similmente, le Brigate Mazzini, che in Lombardia facevano riferimento al PRI, in Veneto non avevano il medesimo legame.
Formazioni partigiane di montagna nell'aprile 1945
In Italia
Di seguito vengono elencati i comandi di Divisione e di Brigata delle formazioni partigiane che operarono nelle montagne del Centro Nord dell'Italia nell'aprile del 1945 in funzione delle aree operative (che avevano confini variabili rispetto ai limiti territoriali provinciali) secondo la classificazione data da Roberto Battaglia[4].
Le cinque "Divisioni Garibaldi Osoppo" sono individuate dal Battaglia perché esistettero per un lungo periodo del 1944, su richiesta e sollecitazione degli Alleati, alcuni Comandi militari unificati che comprendevano le formazioni Garibaldi e le formazioni Osoppo.
Altre formazioni partigiane
Di seguito vengono elencate i comandi di Divisione e di Brigata delle formazioni partigiane che operarono nel periodo della Resistenza in funzione dell'area operativa, secondo la bibliografia accertata, non classificate dal Battaglia.
Le Brigate Osoppo furono coordinate, per un periodo del 1944, da Comandi militari unificati di Divisione assieme alle Brigate Garibaldi pur continuando ad avere l'autonomia organizzativa. Un esempio fu l'esperienza unitaria della Repubblica libera della Carnia.
Formazioni partigiane all'estero
Significative furono le formazioni partigiane, costituite dai militari dei reparti delle ex-divisioni del Regio Esercito Italiano, che dopo l'8 settembre 1943 si trovavano fuori degli attuali confini nazionali. I militari decisero, volontariamente, di riorganizzarsi per non essere fatti prigionieri e combattere l'esercito nazista, collaborando con le formazioni locali in Francia, Yugoslavia, Grecia e Albania. Tra le formazioni si segnalano:
^Nelle Brigate Garibaldi militavano anche esponenti del Partito Socialista Italiano e (più raramente) del Partito Repubblicano Italiano.
^Roberto Battaglia, Storia della resistenza italiana, Einaudi, 1964
Bibliografia
(1) Roberto Battaglia- Storia della Resistenza Italiana – Einaudi- Torino, seconda edizione 1964.
(2) Gianni Oliva - Foibe - le stragi negate degli italiani della resistenza delle Venezia Giulia e dell'Istria- Arnoldo Mondadori Editore- Milano- 2002
(3) Luigi Longo- Un popolo alla macchia, Mondadori - Milano-1947.
(4) Pietro Secchia - F. Frassati - La Resistenza e gli alleati - Feltrinelli, Milano - 1962.
(5) Pietro Secchia - Il Partito comunista italiano e la guerra di liberazione 1943-1945: ricordi, documenti inediti e testimonianze - Feltrinelli –Milano - 1971.
(6) Dante Livio Bianco, Le brigate Garibaldi nella Resistenza - Feltrinelli, Milano, 1979.
(7) Irnerio Forni - Alpini garibaldini - Ricordi di un medico nel Montenegro dopo l'8 settembre- Mursia - Milano 1992
(8) Associazione degli ex consiglieri della Regione Veneto- Il Veneto nella Resistenza, contributi per la storia di liberazione nel 50º anniversario della Costituzione - 1997 -Venezia.
(9) Giuseppe Sittoni - Uomini e fatti del Gherlenda - Ed. Croxarie - Strigno (TN) - 2005.