«Facemmo sodalizio io e Antonello, che eravamo arrivati ad un giorno di distanza indipendentemente, a firmare lo stesso contratto con la stessa casa discografica, perché al Folkstudio eravamo tutti gelosi uno dell'altro, se uno aveva la possibilità di firmare un contratto non lo diceva all'altro. E quindi con molta sorpresa e con molto sospetto ci incontrammo lì... poi facemmo questo disco in due perché così risparmiavano la metà dei soldi.»
(Francesco De Gregori, Francesco De Gregori: un mito, edizioni Lato Side, Roma, 1980)
L'album venne registrato allo Studio 38 dell'Apollo di Roma e pubblicato dalla It.
Le canzoni sono cantate dai due cantautori separatamente, tranne Dolce signora che bruci e In mezzo alla città, cantate dai due insieme. Venditti canta i brani: Ciao uomo; La cantina; È caduto l'inverno; L'amore è come il tempo; Roma Capoccia e Sora Rosa. De Gregori i brani Signora aquilone; La casa del pazzo; Vocazione 1 e ½ e Little Snoring Willy.
L'unico brano già noto del disco è Sora Rosa, registrata qualche mese prima da Edoardo De Angelis nel suo disco Il paese dove nascono i limoni, inciso insieme a Stelio Gicca Palli.
Nella prima edizione, sulle due etichette, vi sono due fotografie dei cantautori.
Come ha spiegato De Gregori, il titolo dell'album non ha nessun senso, è un nome inventato.[2]
Da questo album la It trasse un 45 giri contenente due brani di Venditti, Ciao uomo e Roma capoccia (sul lato B); Ciao uomo viene anche proposta alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia, vincendo la Gondola d'argento, e il testo racconta la storia di un viaggio spaziale attraverso il dialogo tra il capitano dell'astronave e un astronauta ("Signor capitano qual è la rotta, qual è il destino del nostro viaggio?"), su un accompagnamento di pianoforte in terzine, quasi a evocare l'Adagio della celebre Sonata per pianoforte n. 14 (Beethoven). Sarà però Roma capoccia la canzone che diverrà più nota negli anni seguenti, tanto che l'album sarà ristampato nel 1974 per la collana RCA Lineatre proprio con il titolo della canzone, con copertina rossa raffigurante i due cantautori con Roma sullo sfondo. La canzone di De Gregori più rilevante invece fu Signora aquilone[senza fonte].
«Signora aquilone è la prima vera canzone che ho scritto, la prima incisa su un disco. Non so se sia una buona canzone oppure no, però quando la scrissi rappresentò un punto d’arrivo. Sapevo che le cose che avevo composto fin lì non avevano consistenza, non avevano stile. Erano più che altro una serie di tentativi, esercizi fatti per capire come si fa tecnicamente a far stare in piedi un pezzo: non avevano nessuna pretesa artistica, non nascevano dalla necessità di dire qualcosa di mio. Con Signora aquilone cambiò qualcosa: questa canzone non somigliava a niente. Non c’entrava più De André, che avevo imitato fino all’estenuazione nei miei tentativi precedenti, e non c’entravano le canzoni popolari o quelle politiche che erano un po’ il background nel quale mi muovevo al Folkstudio. Signora Aquilone apparteneva solo a me, l’avevo scritta da solo con un inchiostro tutto mio: sentivo che era una canzone importante e che ci sarei rimasto aggrappato. Prima di Signora Aquilone avrò scritto forse una decina di canzoni o poco più... Non so dire esattamente quando ho cominciato a scrivere, ma credo sia stato negli ultimi anni del liceo. E certo che erano cose molto acerbe, per usare un eufemismo. Qualcuna è tornata fuori sulla rete, qualche vecchia registrazione live messa lì da qualcuno che stava al Folkstudio in quegli anni, ma queste cose non mi emozionano, non ci trovo niente di interessante. Tutto quello che ho fatto prima di incidere il mio primo disco, prima di Signora aquilone, non ha molto senso per me. Non era fatto per essere pubblicato e lo sapevo benissimo.»
L'album riscuote scarso successo, tuttavia tra i pochi compratori dell'album figura un giovanissimo Luciano Ligabue:
«A dodici anni ho capito che c'era qualcuno che poteva fare le canzoni in modo diverso, erano i cantautori. In particolare Theorius Campus di Venditti e De Gregori ha cambiato la mia percezione»
(Luciano Ligabue, in Mi puoi leggere fino a tardi di Francesco De Gregori, 2015, p.63)
^Michelangelo Romano, Paolo Giaccio e Riccardo Piferi (a cura di), Francesco De Gregori: un mito. Intervista a De Gregori, edizioni Lato Side, Roma, 1980, pag. 16)
Michelangelo Romano, Paolo Giaccio, impianto grafico a cura di Luigi Granetto, Francesco De Gregori. Intervista, Anteditore, Verona, 1976, poi incluso in Riccardo Piferi (a cura di), Francesco De Gregori: un mito, edizioni Lato Side, Roma, 1980
Alberto Stabile, Francesco De Gregori, Gammalibri Editore, Milano, 1987