Il territorio si estende su 13.717 km² ed è suddiviso in 231 parrocchie, raggruppate in 17 arcipresbiterati a loro volta raggruppati in 4 vicariati.
Storia
L'evangelizzazione e la diffusione del cristianesimo a Cordova e nella sua regione è segnato dalla presenza di numerosi martiri, tra i quali si ricordano i santi Acisclo e Vittoria, ricordati nel martirologio romano al 17 novembre, i santi Fausto, Gennaro e Marziale, ricordati il 13 ottobre, e san Zoilo, celebrato il 27 giugno. Tutti questi santi subirono il martirio durante le persecuzioni dell'epoca di Diocleziano.
La diocesi di Cordova fu eretta presumibilmente nel III secolo, alla fine del quale si trovano i riscontri documentali del primo vescovo noto, sant'Osio, che lottò strenuamente contro l'arianesimo e partecipò al concilio di Nicea (325) e a quello di Sardica (343). Secondo alcuni il Credo niceno fu redatto dal vescovo di Cordova e almeno l'espressione homoúsios, consustanziale, gli si deve attribuire. Dopo Osio, sono noti i vescovi Higino, che lottò contro il priscillianesimo, ma che poi ne fu conquistato e per questo deposto dalla sua sede; e Gregorio che, secondo Strabone, fu elogiato dall'imperatore Teodosio I (379-395). Fin dalla sua fondazione, Cordova a sempre fatto parte della provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Siviglia.
In epoca visigotica, la città episcopale si arricchì di numerosi edifici religiosi. Pérez[1] fa un elenco di ben 65 chiese, documentate con le fonti dell'epoca, tra cui l'antica cattedrale dedicata a San Vincenzo.
Nel 711 Cordova viene sottomessa alla dominazione araba. Entro il 785 non rimase nessuna chiesa cristiana nel centro della città e gli edifici di culto cristiano furono confinati ai margini dell'abitato. La successione episcopale sembra tuttavia che sia mantenuta con continuità almeno fino al X secolo, attestata da una cronaca araba della seconda metà dell'XI secolo. Tuttavia, a Cordova si assistette nel IX secolo ai primi martiri della persecuzione islamica anticristiana: Adolfo, Giovanni, Leocricia, Sancio ed Eulogio. Nell'891 furono martirizzati circa un migliaio di cristiani a Poley e nel secolo successivo si ricordano i martiri Dolce, Pelagio, Argentea e Vulfura.[2]
Nel 1236 Cordova fu riconquistata dai cristiani; la diocesi fu ripristinata dopo tre secoli di sede vacante e contestualmente si ampliò accorpando il territorio dell'antica sede di Egabro e di parte di quelle di Astigi, di Italica e di Elvira. La grande moschea di Cordova, che sorgeva sul luogo dell'antica chiesa visigotica di San Vincenzo, fu trasformata per ospitare la nuova cattedrale diocesana; il capitolo dei canonici fu istituito nel 1238.
Nel 1464 Pedro de Córdoba y Solier fu l'ultimo vescovo eletto dal capitolo.
Nel 1482 fu stabilita l'inquisizione diocesana, che fu molto attiva, con numerosi autodafé documentati fino alla prima metà del Settecento.
Nel 1583, in ottemperanza alle decisioni del concilio di Trento, fu istituito il seminario diocesano, dedicato a san Pelagio. Subito dopo furono eretti gli ospedali di san Giacinto, fondato dal beato Francisco de Posadas, e di Gesù Nazareno, fondato dal religioso Cristóbal de Santa Catalina. La presenza e l'attività di grandi figure di santi spagnoli, come quelle di Giovanni della Croce e di Francisco de Borja, diedero un grande impulso alla riforma tridentina nella diocesi cordubense.
A metà del XIX secolo le soppressioni dei beni degli ordini religiosi e le desamortizaciones colpirono la diocesi, privandola dei mezzi finanziari. Tuttavia il vescovo Joaquín Tarancón y Morón reagì con una linea morbida, mirante alla conciliazione nei rapporti tra Chiesa e Stato.
A seguito del Concordato del 1851 furono aggregati alla diocesi due arcipresbiterati e alcune parrocchie.
Durante il periodo della Seconda repubblica e della Guerra civile furono martirizzati 82 sacerdoti diocesani, mentre altri due morirono in carcere. Inoltre, furono martirizzati un suddiacono, quattro seminaristi, 19 religiosi, la beata Victoria Díez e molti laici appartenenti all'Azione cattolica o al gruppo dell'Adorazione notturna. Lo stesso vescovo Adolfo Pérez Muñoz fu condannato a morte e incarcerato, ma riuscì ad evadere.
La ricostruzione della diocesi dopo la guerra civile si concentrò nella formazione del clero che era stato decimato, nella costruzione di nuove chiese e nella diffusione delle associazioni cattoliche.
Cronotassi dei vescovi
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
^Dopo Gregorio, alcune cronotassi inseriscono il vescovo Isidoro, all'inizio del V secolo; come documenta Enrique Flórez, si tratterebbe di un falso; escluso anche da Gams e da Pérez.
^Non tutti gli autori concordano sull'esistenza di questo vescovo, di cui non esistono date certe e che non è menzionato in nessun concilio dell'epoca visigotica; i Bollandisti lo escludono, mentre Enrique Flórez ne difende l'esistenza. Secondo Pérez non esistono argomenti stringenti per escluderlo completamente. García Moreno lo ammette nella sua prosopografia, poiché sarebbe documentato da una lettera del 612.
^Dopo Honorio, alcune cronotassi inseriscono un vescovo di nome Heleca, che non è documentato da alcun testo antico e menzionato solo in un Chronicon recente; escluso da Enrique Flórez e da altri autori, come Gams, Pérez e García Moreno.
^Leudefredo sarebbe il destinatario di una lettera attribuita a Isidoro di Siviglia, che viene tradizionalmente datata al 630.
^Il 18 ottobre 1838 era stato promosso dal re di Spagna arcivescovo di Granada, senza il consenso del papa.