Il Chianti Superiore è un vino a DOCG[1] prodotto in Toscana. Si tratta di una menzione aggiuntiva di cui possono fregiarsi vini provenienti da buona parte del territorio del Chianti ottenuti seguendo un disciplinare più rigido.
Perché un Chianti "Superiore"?
Il territorio di produzione dei vini a DOCG Chianti è estremamente vasto; tanto vasto e diverso nei suoi microclimi - e quindi nelle qualità dei suoi vini - che fu a suo tempo suddiviso in diverse zone di produzione, chiamate sottozone. Attualmente le sottozone sono 8 (Classico, Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano, Montespertoli e Rùfina)[2]. Questo sistema di divisione in sottozone ha una sua pregevolezza tecnica; informare il consumatore su che tipo di vino probabilmente incontrerà all'interno della bottiglia che sta per comprare. In questo senso molto tempo prima già il Bordeaux era stato diviso in zone. Tuttavia, specialmente fuori dalla Toscana, pochi consumatori possono dire di conoscere le differenze organolettiche tra le varie sottozone. Questo ha portato ad una certa confusione persino sui ruoli delle sottozone che sono principalmente espressione dei diversi terroir ma che spesso vengono identificate come differenze di livello qualitativo. Una minoranza di produttori, poi, iniziarono negli anni ottanta a contestare il disegno delle sottozone, in particolar modo quelle del Classico e dei Colli Fiorentini, da loro giudicate troppo grandi ed eterogenee nei terreni e microclimi, tanto da non caratterizzare -a loro dire- i propri vini.
Nel 1996 fu approvato un nuovo disciplinare Chianti (in quell'occasione fu anche scorporato il disciplinare della sottozona Classico da quello generale del Chianti) che prevedeva la possibilità della menzione aggiuntiva Superiore. I vini che volevano fregiarsi di tale menzione dovevano essere iscritti all'apposito albo del Chianti Superiore, sottoposti ad un disciplinare più severo e abbandonare il nome della sottozona. In questo modo si voleva venire incontro a quei consumatori che volevano capire dall'etichetta il livello qualitativo del vino, non potendo o volendo conoscere perfettamente la geografia climatica del Chianti.
Essendo la sottozona Classico stata con lo stesso D.M. appena scorporata dal disciplinare generale Chianti (che contiene i disciplinari di tutte le altre sottozone e della menzione aggiuntiva Superiore), i vigneti iscritti alla sottozona Classico non godono della possibilità della menzione aggiuntiva Superiore.
Sono idonei unicamente i vigneti di giacitura collinare ed orientamento adatti, i cui terreni - situati ad un'altitudine non superiore a 700 metri s.l.m., sono costituiti in prevalenza da substrati arenacei, calcareo marnosi, da scisti argillosi, da sabbie e ciottolami.
Sono da considerarsi inadatti i vigneti situati in terreni umidi, su fondi valle e infine i terreni a predominanza di argilla pliocenica e comunque fortemente argillosi.
I nuovi impianti ed i reimpianti dovranno avere una densità non inferiore ai 4 400 ceppi/ettaro.
È vietata ogni forma di allevamento su tetto orizzontale, tipo tendone. Le forme di allevamento tradizionali sono rappresentate dal guyot, da una sua derivazione denominata "archetto toscano" e dal cordone speronato.
Nella vinificazione è ammessa la tradizionale pratica enologica del governo all'uso Toscano, che consiste in una lenta rifermentazione del vino appena svinato con uve dei vitigni autorizzati leggermente appassite.
Tutte le operazioni di vinificazione e imbottigliamento debbono essere effettuate nella zona DOCG, ma sono ammesse deroghe su preventiva autorizzazione.
Richiede un invecchiamento almeno fino al 1º settembre dell'anno successivo alla vendemmia.
Caratteristiche organolettiche
colore: colore: rubino vivace tendente al granato con l'invecchiamento;
odore: intensamente vinoso, talvolta con profumo di mammola e con più pronunziato carattere di finezza nella fase di invecchiamento;
sapore: armonico, sapido, leggermente tannico, che si affina col tempo al morbido vellutato; il prodotto dell'annata che ha subito il «governo» presenta vivezza e rotondità;
Informazioni sulla zona geografica
Il Chianti nasce in un'area geologicamente assai omogenea, situata a sud dell'Appennino e fra le latitudini che ricomprendono Firenze e Siena.
Una fascia inizia a nord, dalla zona del Mugello verso Rufina e Pontassieve, prosegue lungo i monti del Chianti fino ad arrivare a ricomprendere il territorio del Comune di Cetona. L'altra si origina sul Montalbano e si allaccia alla Val di Pesa con direttrici verso San Gimignano e Montalcino. Il nucleo centrale è contornato da propaggini legate ai sistemi collinari dell'Aretino e del Senese, del Pistoiese, del Pisano e del Pratese. Queste fasce estreme e periferiche sono collegate fra loro da briglie trasversali.
In particolare, il territorio del Chianti, dal punto di vista geologico, per la sua vastità, può essere suddiviso in quattro sistemi, in ordine di età di formazione decrescente: dorsali preappenniniche mio-eoceniche, le colline plioceniche, la conca intermontana del Valdarno Superiore con i depositi pleistocenici, ed i depositi alluvionali.
L'altitudine dei terreni collinari coltivati a vite è compresa mediamente fra i 200 ed i 400 m s.l.m. con giacitura ed orientamento adatti. Il disciplinare di produzione prevede comunque una altitudine massima, per i vigneti, di 700 m sul livello del mare.
Il clima dell'area si inserisce nel complesso climatico cosiddetto della collina interna della Toscana.
Il clima del comprensorio può essere definito da "umido" a "subumido", con deficienza idrica in estate. La piovosità media annua è di 867 mm con un minimo di 817 mm ed un massimo di 932 mm. La piovosità massima si registra, di regola, nel mese di novembre con 121 mm e la minima in luglio con 32 mm. Il mese di agosto è quello mediamente più caldo, con temperature medie di oltre 23 °C, mentre il mese più freddo è solitamente gennaio, con temperature medie intorno ai 5 °C.[1]
Storia
Il termine Chianti rappresenta, assieme alle tradizioni culturali secolari, alla storia, alla letteratura, alla gastronomia, alla popolazione ivi residente, non solo un grande vino, ma anche un sistema socioeconomico più complesso.
Il grande sviluppo della viticoltura si è avuto con l'avvento della famiglia dei Medici. Già nella seconda metà del Quattrocento, Lorenzo dei Medici, nel Simposio e nella Canzone diBacco, illustra un clima popolaresco, dove il vino è l'essenza di un teatro di arguzie e banalità, al limite grottesco. Fu dunque, il vino per i Medici, già mercanti e banchieri, un bene ed un dono, fu alimento, merce e simbolo.
Si dice che dai tempi del duro e sagace Cosimo il Vecchio fino allo sfortunato Gian Gastone, il vino preferito a casa Medici fosse quello prodotto nella zona del Chianti. Oltre ai vini di provenienza da tali zone, si beveva, prima a Palazzo di Via Larga, poi a Pitti e sempre nelle Ville medicee del contado, anche vini Schiavo, Vernaccia, Moscatello, Greco, Malvasia, il Ribolla ed il vin cotto. Stretto è il legame che lega la dinastia medicea con la scienza enologica o più semplicemente con il vino. Non a caso, rifacendo nel Cinquecento il duecentesco Palazzo Vecchio, in onore dei Medici, le colonne furono adornate di pampini, tralci ed uve, che ancora, si possono ammirare nel cortile del palazzo.
I Medici furono Signori di Firenze, del contado e, dal Cinquecento, furono Granduchi di Toscana. È naturale dunque che uno dei prodotti più rinomati, della regione, diventasse cura del mondo della politica. Ma, il vino segnò anche l'allegria, il fasto, il desiderio di ebbrezza e di smemoratezza che molti Medici, e Lorenzo fra tutti, coltivarono, non senza una vena segreta di malinconia.
Molte dispute si sono accese per stabilire quanti anni abbia il Chianti. Lamberto Paronetto, in un suo libro, ne menziona l'uso in un atto di donazione del 790 appartenente alla Badia di San Bartolomeo a Ripoli. Dall'atto di donazione si passa, con un salto di molti secoli, ai documenti dell'archivio Datini (1383-1410) di Prato, dove viene anche usato, per la prima volta, il termine "Chianti" per designare un tipo speciale di vino. Comunque, una fra le remote e sicure citazioni della parola "Chianti", riferita al vino, sembra quella apparsa nella sacra rappresentazione di S. Antonio sulla fine del Quattrocento o dei primi anni del Cinquecento.
Tuttavia, nonostante le rare apparizioni quattrocentesche e cinquecentesche della parola, la denominazione corrente di questo vino resterà ancora per parecchio tempo riferita al nome di "vermiglio" o a quello di "vino di Firenze". Solo nel seicento, con l'intensificarsi dello smercio e delle esportazioni, il nome della regione verrà universalmente riconosciuto anche per il celebre prodotto di questa territorio.
Nel settembre del 1716, gli "illustrissimi signori deputati della nuova congregazione sopra il commercio del vino" fissarono i termini del commercio dentro e fuori "li Stati di Sua Altezza Reale", formulando, senza volerlo, il primo vero e proprio disciplinare del "Chianti" e degli altri vini, allora famosi, destinati in futuro a fondersi, nella sua denominazione.
Il Bando affisso "nei luoghi soliti ed insoliti" di Firenze, regolamentava oltre alla zona originaria del Chianti, anche quella del Carmignano, Pomino, e Valdarno di Sopra. L'editto granducale, tra l'altro, comminava pene severe per tutti i casi di contraffazione e di traffico clandestino, anticipando la disciplina per i luoghi di origine, preludio all'odierna denominazione controllata e garantita. Scrivevano all'epoca gli illustrissimi controllori: "tutti quei vini che non saranno prodotti e fatti nelle regioni confinate, non si possono, né devono, sotto qualsiasi pretesto o questo colore, contrattare per navigare, per vino Chianti, Pomino, Carmignano e Val d'Arno di Sopra, sotto le pene contenute nello enunciato bando".
Il bando parlava chiaro:
"Premendo all'Altezza Reale del Serenissimo Granduca di Toscana, nostro signore che si mantenga l'antico credito di qualsiasi genere di mercanzie che si stacchino dai suoi felicissimi Stati, non solo per il decoro della Nazione quale ha conservato sempre un'illibata fede pubblica, che per cooperare al possibile per il sollievo dei suoi amatissimi sudditi ...."
Fu deciso, quindi, di ordinare la costituzione di un'apposita congregazione, con il compito di vigilare che i vini toscani commessi per navigare, fossero muniti di una garanzia per maggiore sicurezza della qualità loro: " . criminalmente contro i vetturali, i navicellai e altri che maneggiassero detti vini per le frodi fino alla consegna nei magazzini del compratore forestiero o ai bastimenti direttamente e a seconda del danno cagionato riguardante il benefizio pubblico".
Fino poi ad arrivare, all'intuizione del Barone Bettino Ricasoli, con la definizione della base ampelografica del vino Chianti e dell'introduzione di speciali tecniche di vinificazione, quali quella del "governo", utilizzando uve "colorino", preventivamente appassite su stuoie di canne (cannicci). La pratica del "governo", conferisce al vino un più elevato tenore di glicerina e ne risulta una maggiore rotondità di "beva", che lo rende adatto ad accompagnarsi ai piatti tipici toscani, quali salumi, arrosti, carne alla griglia, ecc.
Nel 1870, Ricasoli, scriveva al professor Studiati dell'Università di Pisa: "il vino riceve dal Sangioveto (nome locale del Sangiovese) la dose principale del suo profumo e una certa vigoria di sensazione; dal Canaiolo l'amabilità che tempra la durezza del primo senza togliergli nulla del suo profumo, per esserne pur esso dotato; la Malvasia tende a diluire il prodotto delle prime due uve, ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoprabile all'uso della tavola quotidiana".[1]
La menzione Superiore all'interno della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG) Chianti è stata autorizzata con D.M. del 5 agosto 1996 e successive modificazioni (l'ultima il 26 aprile 2004). Si tratta quindi di una qualità ancora poco diffusa (nel 2004 si contavano appena 16 iscrizioni all'albo del Chianti Superiore su un numero totale di circa 5000 iscritti ai vari albi del Chianti).
Disciplinare
I vini Chianti Superiore possono essere ottenuti solo da uve coltivate nella zona di produzione prevista dal disciplinare del Chianti eccettuati quei vigneti che sono iscritti all'albo della sottozona Classico (che quindi non possono produrre Chianti Superiore). I vini Chianti Superiore provenienti da vigneti iscritti alle altre sottozone (Colli Aretini, Colli Fiorentini, Colli Senesi, Colline Pisane, Montalbano, Montespertoli, e Rùfina) possono invece produrre vini Chianti Superiore, ma non verrà indicata in etichetta la sottozona di appartenenza.
inoltre altre uve a bacca rossa raccomandate o autorizzate per la zona di produzione fino ad un massimo del 20%
colore: rubino vivace tendente al granatocon l'invecchiamento
odore: intensamente vinoso, talvolta con profumo di mammola e con più pronunziato carattere di finezza nella fase di invecchiamento
sapore: armonico, asciutto, sapido, leggermente tannico che si affina col tempo al morbido vellutato.
periodo di invecchiamento di almeno 9 mesi di cui 3 in bottiglia (a decorrere dal 1º gennaio successivo all'annata di raccolta delle uve).
Bottiglie
Per i vini Chianti è consentita l'immissione al consumo soltanto in bottiglie di vetro di tipo bordolese o in fiaschi tradizionali all'uso toscano.
Inoltre deve essere usato esclusivamente il tappo di sughero raso bocca della bottiglia; fanno eccezione i recipienti con tappi a corona o capsule a strappo per le capacità fino a 0,250 litri.
Abbinamenti consigliati
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^La Classico pur rimanendo tecnicamente una sottozona della DOCG Chianti ha, dal 1996, un disciplinare di produzione separato (D.M. del 5 agosto 1996)
Bibliografia
Antonio Saltini Vino, conti e contadini. Cinquant'anni di scontri per le denominazioni del Chianti Firenze, Nuova Terra Antica, 2009, ISBN 978-88-96459-05-8, pp. 124